Apprendimento ed emozione nell’economia della conoscenza

Dimmi e io dimentico;
mostrami e io ricordo;
coinvolgimi e io imparo.

(Benjamin Franklin)

Come dice Yuval Noah Harari nel suo libro “Homo Deus. Breve storia del futuro”, «la scienza sta convergendo verso un dogma onnicomprensivo, che sostiene che gli organismi sono algoritmi e la vita è un processo di elaborazioni dati. L’intelligenza si sta affrancando dalla consapevolezza e algoritmi non coscienti e inconsapevoli, ma dotati di grande intelligenza, potranno presto conoscerci meglio di quanto noi conosciamo noi stessi». Quello che dobbiamo allora chiederci, prima che l’homo sapiens perda il controllo, è «se gli organismi sono davvero soltanto algoritmi e la vita è davvero soltanto un’elaborazione di dati? Che cos’è più importante: l’intelligenza o la consapevolezza? Che cosa accadrà alla società, alla politica e alla vita quotidiana quando algoritmi non coscienti ma dotati di grande intelligenza ci conosceranno più a fondo di quanto noi conosciamo noi stessi?».

Ormai sono più di due decenni che l’intera umanità sta cavalcando l’ondata del paradigma dell’informazione e della comunicazione e i beni più preziosi delle imprese moderne, le vere risorse da salvaguardare come se fossero oro, non sono i loro impianti produttivi o l’innovazione prettamente tecnologica che vogliono dominare, ma «sono i cervelli delle persone», per dirla come Jonas Ridderstrale e Kjell Nordström, «i principali mezzi di produzione (che le aziende devono preservare) sono molto piccoli, grigi e pesano circa 1,3 kg».

Le organizzazioni hanno bisogno delle menti dei loro dipendenti, non solo delle loro braccia, servono la conoscenza e il talento, e soprattutto devono continuamente saperli attirare, promuovere, sviluppare e cercare di trattenerli il più possibile.

Siamo passati da una new economy a un’economia della conoscenza in cui, come dice Paul Tudor Jones, imprenditore, investitore e filantropo, «Il capitale intellettuale vincerà sempre sul capitale finanziario». Una considerazione figlia di uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, Benjamin Franklin, che nel suo celebre Almanacco scriveva: «Il rendimento dell’investimento in conoscenza è più alto di quello di ogni altro investimento».

È importante essere consapevoli che non esistono dottrine infallibili e che l’apprendimento non può andar bene per ogni impresa; non ci sono facili ricette di apprendimento organizzativo ed è necessario, a questo riguardo, fare una distinzione tra apprendimento, che denota l’appropriarsi di ciò che è più appariscente di un oggetto, e comprensione, che invece è un processo continuo, rafforzato dalla ripetizione e dall’esercizio, di cui l’apprendimento costituisce solo la prima fase, l’avviamento.

Molte aziende si fermano a questa fase, senza capire che il vero apprendimento per essere concreto non può viaggiare da solo e che gestire strategicamente l’apprendimento è proprio quel fare un passo in più.

Il sociologo Alvin Toffler disse: «Gli analfabeti del XXI secolo non saranno quelli che non sanno leggere e scrivere, ma quelli che non possono imparare, disimparare e imparare di nuovo».

Come apprendere la giusta conoscenza, allora?

Michael Simmons, nel suo articolo «The Secret to Lifelong Success Is Lifelong Learning», propone sei abilità per padroneggiare la nuova economia della conoscenza.

1. Identificare quali conoscenze possono in quel momento essere giuste: il valore della conoscenza non è statico ma cambia in funzione di quanto la gente lo consideri prezioso e raro. Le nuove tecnologie rimodellano continuamente i settori e molto spesso mancano le persone giuste con le competenze giuste al posto giusto.

2. Padroneggiare la nuova conoscenza velocemente. Le opportunità sono fugaci e le persone devono approfittarne subito. Questo significa essere in grado di apprendere rapidamente nuove competenze.

3. Saper comunicare il valore delle proprie abilità agli altri permette di convincere gli altri che le abilità che si possiedono sono preziose e utili.

4. Convertire le conoscenze in denaro e obiettivi, saper costruire un business di successo intorno alle proprie conoscenze, sapersi vendere come consulente e costruire la propria reputazione.

5. Non smettere mai di investire nell’apprendimento per ottenere il massimo rendimento.

6. Imparare come imparare, aumentare costantemente il tempo che viene dedicato all’apprendimento.

Niente più scuse, quindi, sulla mancanza di tempo da dedicare alla nuova conoscenza, altrimenti è come rinunciare a priori alla possibilità di acquisire nuove abilità o di diventare esperti in un dato settore, tutto ciò, insomma, che può far diventare persone che si realizzano nel proprio campo professionale.

Smettere di imparare è il modo migliore per sabotare la propria carriera. Soprattutto, un leader deve essere proiettato verso uno studio costante, e questa è un’attitudine da coltivare per sé e da ricercare nei collaboratori: una risorsa interessata a rimanere sempre aggiornata è un dipendente «evergreen», capace di adattarsi a ogni cambiamento aziendale.

Oggi è il sapere a determinare l’economia.

Un altro aspetto da considerare è il contratto psicologico che si crea tra l’azienda e la persona. Per «contratto psicologico» intendiamo l’insieme di idee, aspettative e convincimenti circa lo scambio atteso nel rapporto di lavoro. Esso costituisce il legame – spesso implicito – fra individuo e organizzazione, a cui si ispirano comportamenti, aspettative e modi di operare. L’apprendimento messo a disposizione dalle aziende sarà lo strumento per tenersi strette, sviluppandole, le migliori professionalità.

Oggi c’è bisogno, ma ce ne sarà sempre di più in futuro, di uno sviluppo delle organizzazioni lungo le dimensioni dell’apprendimento, della conoscenza e della comunicazione, e le aziende devono porsi nella migliore condizione possibile per poter garantire a questa crescita omogeneità nel tempo.

Per fare in modo che l’apprendimento arrivi allo stadio della comprensione più alta bisognerà agire a livello più intimo e stimolare la più importante attitudine da possedere in azienda: l’attitudine alla decisione. Per saper prendere decisioni corrette l’individuo dovrà imparare ad ascoltare, a elaborare e a decidere; e un’azienda dovrà cercare di sviluppare, attraverso una formazione adeguata e innovativa, le competenze strategiche, mirando a consolidare nelle persone e a trasformare in patrimonio organizzativo l’insieme delle conoscenze, delle esperienze, dei valori indispensabili per competere nel tempo con successo. E solo promuovendo apprendimento e innovazione potrà costituire un valido supporto alla comunicazione e alla realizzazione della propria vision, dei propri obiettivi, della propria cultura e dei propri valori.

Facebook Comments

Previous articleF5 rivela: cresce il rischio digitale legato ai dispositivi IoT.
Next articleQuali le tendenze fashion retail nel 2020?
Roberto Panzarani è docente di Innovation Management. Studioso delle problematiche relative al capitale intellettuale in contesti ad elevata innovazione e autore di svariate pubblicazioni. Da molti anni opera nella formazione in Italia. Esperto di Business Innovation, attualmente si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management delle principali aziende e istituzioni italiane e internazionali. Viaggia continuamente per il mondo, accompagnando le aziende italiane nei principali luoghi dell’innovazione dalla Silicon alla Bangalore Valley, all’Electronic City di Tel Aviv, ai paesi emergenti del Bric e del Civets. L’intento è quello di facilitare cambiamenti interni alle aziende stesse e di creare per loro occasioni di Business nel “nuovo mondo”. L’ultimo suo libro è “Viaggio nell'innovazione. Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale”, Guerini e Associati, 2019.

1 COMMENT

  1. Come si fa a citare un tale Yuval Noah Harari, che si sta occupando del transumanesino e del depopolamento? Sono allibita!

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here