Sardine, trote ed Europa della sostenibilità

La prima metà del Novecento è stata un’epoca terribile in Europa: ci siamo massacrati per due volte, coinvolgendo il resto del mondo e sganciando le prime bombe atomiche che hanno aperto al rischio dell’escalation nucleare finale! L’Unione europea è stata una risposta efficace: più di 70 anni di pace! Come si fa a non capirlo?!” così parlò Mario, ferroviere in pensione e ora volontario di tante iniziative sociali.

Succedeva a novembre sul Frecciarossa, ero di ritorno dallo IAB Forum di Milano. Oltre a Mario, c’è suo figlio e un nipote: perfetti rappresentanti di tre diverse generazioni. Loro tornano da un matrimonio di famiglia.

Tre generazioni a confronto

Lo capiamo, lo capiamo” lo rassicura il figlio. “Capite ‘na mazza… – replica Mario – e tu, Federì, basta co’ st’Iphone! Hai sentito c’ho detto dell’Europa?” Federico rassicura il nonno senza alzare lo sguardo; anzi dice che, per non scordarselo, “mo me lo scrivo sull’Iphone, così stai tranquillo”. Chissà se lo sa che sta citando Troisi!

Il nonno gli allunga un calcetto affettuoso e poi si rivolge a me, invitandomi a confermare l’importanza di difendere l’Europa perché “Federico è sardina grazie a Dio, ma mio figlio è trota, come il figlio di Bossi, come il felpa… insomma è leghista, sovranista e antieuropeista! Che me doveva capita’…”

Il figlio cerca di contestare, rivendicando di ragionare da cinquantenne lucido, e precisa che “tendenzialmente” è di centro-destra, non leghista; ma è immediatamente sopraffatto dalla coalizione nonno-nipote.

Mario rivendica subito che quelli lucidi sono proprio i vecchi “che sto mondo l’abbiamo fatto migliore di come ce l’avevano consegnato”, anche se quei “due, il teatrante [suppongo Grillo] e l’intellettuale di “sinistra di me stesso” [suppongo Erri De Luca]” vorrebbero togliergli il voto agli anziani, solo per fare scena e buttarla in cacjara”. La sardina, dopo aver adeguatamente “perculato” il padre “che fa il digitale ma non sa usare neanche Face Time e ogni volta mi chiama dopo aver parlato da solo e scattato involontari selfie”, si rivolge al battagliero nonno: “A no’, però sta storia dell’Europa garante della pace non regge più, non tira più; certo che non voglio uscire dall’Europa, ma c’ha più senso per me l’Erasmus o che non pago più il roaming… o un flash mob in tempo reale in tutte le capitali europee contro l’inquinamento, il cambiamento del clima…”.

La sardina Federico ha toccato un punto delicato: occorre aggregare Millennials e generazioni successive intorno a un obiettivo che sappia di presente e di futuro. Federico non lo sa e neanche sapeva chi fosse Luciano Floridi prima che io lo nominassi e che lui lo googlasse; ma il professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford va dicendo, in fondo, cose molte vicine a quelle sostenute dal ragazzo circa la necessità di nuovi valori e nuovi obiettivi per l’Europa.

Le opinioni degli italiani sull’Europa

Nel recentissimo 53° Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, c’è una tabella molto significativa circa lo stato d’animo degli italiani nei riguardi dell’Europa e dell’euro.

Oltre al fatto che una decisa maggioranza vuole restare sia in Europa che nell’euro, quello che colpisce è la quasi totale sovrapponibilità del dato relativo a studenti e pensionati. E che in un certo senso conferma in pieno l’asse Federico-Nonno. Sinceramente sono rimasto sorpreso dalla circostanza e ho provato a fare una verifica, quantomeno per la categoria “studenti” con un gruppo della Sapienza e in una maniera che garantisse l’anonimato delle risposte per non condizionarle: il dato è stato largamente confermato (restare in Europa sale dal 79,4 all’83%).

Ma la cosa più interessante è la reazione a una domanda, a risposta aperta, su un possibile obiettivo comune che, a loro avviso, potrebbe aggregare consenso e rilanciare il perché dell’Europa. Posso sintetizzare così l’ipotesi più condivisa: “Europa protagonista digitale e ambientale”.

Dall’approfondimento che è seguito, è venuto fuori che gli studenti ritengono che nel mondo digitale, e cioè nel mondo che stiamo vivendo, dominato dai grandi player Usa e da quelli orientali (Cina, Corea, Giappone), l’Europa non stia giocando un ruolo da protagonista: un’Europa che dimostrasse di voler prendere in mano il suo futuro digitale per non essere colonizzata e per proporsi come guida mondiale della sostenibilità, sarebbe un obiettivo/valore attuale e capace di ricreare forte aggregazione.

L’Europa e il digitale

Le affermazioni di Federico e le risposte degli studenti mi hanno fatto riflettere su noi europei nella rivoluzione digitale.

Tra i primi ad avere un ruolo fummo proprio noi italiani, con il P 101 dell’Olivetti (programma 101; ma l’apparecchio è più noto come “Perottina” dal nome del suo inventore Luigi Perotto) riconosciuto nel 1965 come il primo personal computer al mondo. Poi, per la mancanza di visione dell’allora governance dell’Olivetti, perdemmo quel formidabile abbrivio a vantaggio degli Usa.

All’inizio degli anni ’80 fu l’olandese Philips a digitalizzare la musica producendo il primo cd musicale (per la cronaca, degli Abba).

Tra il 1989 e il 1991 l’Europa batte un colpo importante, anzi fondamentale: è il londinese Tim Berners Lee, che all’epoca lavorava al Cern di Ginevra diretto da Carlo Rubbia, a inventare nel 1989 il World Wide Web. Nel ’90 pubblica la prima pagina web, nel 1991 l’annuncio ufficiale. Il WWW dà una spinta formidabile alla messa in rete di tutti i computer, iniziata con Arpanet nel 1969 negli Usa e che troverà poi nel 1998 in Google (altro “prodotto” USA) il motore di ricerca per navigare in questo nuovo mondo.

Nel 1993 in Europa (tra Germania e Italia; per non impelagarsi nelle polemiche sulla paternità) nasce il formato mp3, che comprime i file audio rendendoli più leggeri e trasportabili senza incidere in maniera percepibile sulla qualità musicale.

Da allora, non mi pare di ricordare nessun altro protagonismo sostanziale dell’Europa nella rivoluzione permanente digitale: sia come volti, sia come marchi, che come applicazioni. E se l’inglese Tim Berners Lee è sicuramente tra quelli che ci hanno cambiato la vita, tutti gli altri volti e marchi che hanno maggiormente inciso sulla nostra mutazione antropologica vengono da Ovest o da Est: Bill Gates, Steve Jobs, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Larry Page, Steve Brin… Apple, Microsoft, Fuji, Ibm, Google, Samsung, Huawei, Amazon, Alibaba… WhatsApp, Facebook, Messenger, Instagram, Tik Tok, Snapchat, UCbrowser, WeChat… citando alla rinfusa.

Millennials e generazione Z: un’Europa digitale sfocata?

L’Europa dunque non viene percepita dai giovani come una protagonista nei territori digitali della quotidianità. Nei quali ad esempio i videogiochi più usati sono essenzialmente statunitensi o orientali; quando faccio notare che uno dei più diffusi “Minecraft” è di uno sviluppatore svedese, ho la sensazione di aver proposto qualcosa che si è già un bel po’ impolverato rispetto al sempre più invasivo Fortnite (USA).

Molto sentito il tema dell’intelligenza artificiale: soprattutto i Millennials lamentano che sull’intelligenza artificiale Usa e Cina investono molto di più dell’Europa e in questo vedono il più reale pericolo di marginalizzazione del vecchio continente. E questa visione contribuisce ad alimentare la tendenza a una fuga di cervelli non solo dai confini nazionali ma dall’Europa in genere.

Confermo quindi, e per qualcuno sarà una sorpresa, che quantomeno per gli studenti universitari (nei banchi gli ultimi Millenials sono ormai in via di rapida sostituzione con la generazione Z) il tema del rapporto tra mondo digitale e politiche europee non è affatto assente dal loro panorama d’interessi e che, per i valori che sentono propri, hanno già dato prova di essere pronti a riscoprire la piazza. Quella fisica, insieme alle generazioni precedenti.

Così come on e off line, gli stessi studenti si pongono domande e riflessioni di questo tipo:

  • BIG PLAYER ed EU. Come può pensare l’Europa di riuscire a imporsi ai grandi player del digitale (Google, Amazon, Facebook…), per esempio dal punto di vista della politica fiscale, quando tutti i dati dei cittadini globali, frequentatori di social e utilizzatori di app, ma anche i Big Data di molte pubbliche amministrazioni e di alcune Istituzioni sono spesso su server di proprietà di quei player?
  • POTERE DI CONDIZIONAMENTO. Che potere di condizionamento, per non usare una parola più forte, determina questo stato di cose?
  • SIAMO TROPPO SOLI NELLA GIUNGLA DIGITALE. Le iniziative per difendere il web dai rischi d’imbarbarimento e tutelarne le infinite potenzialità deve contare, certo, sulla responsabilizzazione e sull’auto alfabetizzazione dei singoli, ma l’Europa e i Governi nazionali non dovrebbero svolgere un ruolo di maggior garanzia dei cittadini digitali?
  • ETICA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE. Nell’ottica della tutela, buona cosa le linee guida della UE per lo sviluppo di sistemi di Intelligenza artificiale leciti, etici e affidabili, ispirati a una logica “umano centrica”; ma occorre ora che vengano recepite nelle normative nazionali in maniera uniforme e rapidamente. Due avverbi che i singoli Stati membri declinano sempre con grande difficoltà.
  • TECNOLOGIA E SOSTENIBILITÀ. Se l’Europa riuscirà a individuare obiettivi che coniughino costantemente entrambe, darà nuova linfa all’ orgoglio e al senso di appartenenza europei.

I fermenti nei territori complementari di Tim e Greta

Federico è un significativo rappresentante della generazione Z: ha diciassette anni, sa tutto di Greta Thumberg. Sta preparando con due suoi amici una “Thumberg Dance” per Tik Tok: una sorta di balletto-mantra che mima e ripete ossessivamente: “How Dare You?”

Non sapeva nulla di Tim Berners Lee invece, nulla. Ma “tanto c’è Google”. Legge e mi guarda perplesso: “ma come, ha inventato Internet e non è tra i primi dieci miliardari al mondo?!”

Preciso che ha inventato il World Wide Web, non Internet, e che quella di non arricchirsi non è stata una svista ma una consapevole scelta: voleva che il Web fosse patrimonio dell’Umanità. Di recente ha lanciato una road map con l’hashtag #ContractFortheWeb perché Governi e cittadini contribuiscano a evitarne la deriva fatta di disuguaglianze, truffe, violenze e abusi online:

“… il Web ha creato opportunità, dato voce agli emarginati, semplificato la nostra vita, ma ha creato anche occasioni per i truffatori, dato voce a chi diffonde odio e semplificato ogni sorta di azione criminosa… È comprensibile che molti si spaventino e non siano certi che il Web sia una forza positiva. Ma se il Web è così peggiorato in 30 anni, bisognerebbe essere disfattisti per pensare che sia impossibile cambiarlo in meglio nell’arco dei prossimi 30. … Il Contratto non è una lista di soluzioni, bensì un modo di intendere il nostro rapporto con la comunità online. È il nostro percorso dall’adolescenza digitale a un futuro più maturo, responsabile e inclusivo“.

Un gesto importante quello di Tim che è coerente con le aspirazioni del movimento intergenerazionale delle sardine che ha rilanciato “la gentilezza” come valore: alla manifestazione di Roma, a dicembre, ho visto un signore con i capelli bianchi sfoggiare una T-shirt con il verbo di Luciano Bianciardi “La gentilezza è rivoluzionaria”.

In tutti i Paesi si moltiplicano i fermenti tesi a riaffermare due priorità:

  • la necessità di un’ecologia sociale che rimuova le scorie delle fake news, degli scontri al veleno tra bolle contrapposte, del degrado dei linguaggi della politica on e off line
  • e, in scia al fenomeno Thumberg, l’esigenza non più differibile della sostenibilità ambientale di ogni nostro comportamento.

Che si condividano o meno le modalità della denuncia di Greta, è indubbio che il suo successo, prima in Svezia, poi in Europa, poi a ogni latitudine è la prova che c’è un sentimento diffuso d’insoddisfazione per una governance mondiale incapace di pensare in termini di futuro e una forte richiesta di politiche sostenibili.

Il mercato se n’è già accorto e le imprese stanno adattando sia la comunicazione, velocemente, sia i prodotti e i servizi, più lentamente, al verbo della sostenibilità. I Governi di tutto il mondo stentano molto di più a trovare la rotta.

Dappertutto spuntano iniziative per conciliare progresso e sostenibilità: una sorta di mosaico, del quale il Manifesto per la Sostenibilità Digitale del DTI è una tessera, alla ricerca di una ricomposizione organica per il passaggio, come spera Berners-Lee e noi con lui, dall’adolescenza alla maturità digitale: quando trote e sardine potranno tornare a essere solo pesci e gli umani utilizzeranno la tecnologia per conservare il pianeta che li ospita. O almeno, hoc est in votis!

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