Coronavirus, design thinking e natura

In questo ultimo periodo, si è molto parlato, a ragione, del tema della sostenibilità ambientale in relazione al coronavirus. Non sappiamo ancora l’origine di questo virus, proprio in questi giorni si sta discutendo se è stato uno spillover dal mondo animale a quello umano o una fuga da qualche laboratorio, forse lo scopriremo passata la fase più critica di questa situazione o forse no, non lo sapremo mai. Ma l’unica certezza che abbiamo è che nasce dalla nostra “insostenibilità” come comunità umana e in relazione alla natura che ci circonda.

L’espansione di città enormi su terreni ancora abitati da una fauna naturale e la distruzione di ecosistemi millenari sono sicuramente la causa di questa situazione dove il paradigma di una crescita economica illimitata si scontra con evidenza con la realtà della terra che è limitata con confini e risorse ben definite.

Come dice il grande biologo Edward Osborne Wilson, abbiamo colonizzato la biosfera e l’abbiamo devastata come nessuna specie nella storia della vita, in quello che abbiamo realizzato siamo unici, l’umanità è una conquista magnifica, ma fragile.

La vita dell’uomo non solo si è sviluppata a partire dalla natura ma è da sempre intrecciata ad essa. “Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già inventata” diceva Albert Einstein. La biomimetica è il trasferimento di processi biologici dal mondo naturale a quello artificiale. L’uomo si ispira alla natura e mimandola trova soluzioni ai più svariati problemi.

Possiamo azzardare, che il primo in assoluto a riferirsi alla biomimetica è senza dubbio Leonardo Da Vinci, che nei suoi studi sulle macchine volanti prendeva ad esempio il volo degli uccelli. Tre le prime studiose a parlare di biomimetica è stata Janine Benyus, presidente del Biomimicry Institute e autrice di numerosi libri, che in un suo discorso su TED ha galvanizzato scienziati, architetti, designer e ingegneri, spingendoli ad esplorare nuovi modi in cui i successi della natura possono ispirare l’umanità.

Il tetto del Crystal Palace di Londra fu la prima vera applicazione della biomimetica, a metà del XIX secolo, costruito dall’architetto e botanico Joseph Paxton che si era ispirato alla Victoria Amazonica, una pianta appartenente alla famiglia delle ninfee.

Ma dalla rivoluzione industriale ad oggi, lo scenario è inevitabilmente cambiato perché i progressi maturati nell’ambito delle nuove tecnologie propongono nuove prospettive di relazioni tra design e biologia ed offrono nuovi possibili percorsi di interpretazione della natura.

Buckminister Fuller afferma una verità imprescindibile: “We do not seek to imitate nature, but rather to find the principles she uses”. Non limitarsi dunque a copiare la natura ma a trarne, piuttosto, un’ispirazione orientata a trasferire i principi e le logiche biologiche.

Il design sostenibile deve quindi essere una commistione tra innovazione tecnologica ed evoluzione scientifica e deve lanciare anche un messaggio ai clienti di sensibilizzazione sulle tematiche ambientali, con lo scopo di ottenere un cambiamento radicale, diffuso e profondo.

Tra gli esempi di biomimetismo del passato, troviamo quello del velcro, inventato nel 1941 dall’ingegnere svizzero George de Mestral, ispiratosi ai piccoli fiori che si attaccavano saldamente al pelo del suo cane ogni volta che lo portava a passeggio. Analizzandoli al microscopio, de Mestral notò che ogni petalo presentava alla sommità un microscopico uncino, capace di incastrarsi praticamente ovunque trovasse una appiglio naturale. Fu così che dall’osservazione di questo fenomeno nacquero le strisce di velcro, semplici strisce in nylon combinate, una in tessuto peloso e una munita di tanti piccoli uncini che si attaccano saldamente all’asola, riproponendo il meccanismo di cattura osservato in natura.

Un altro esempio affascinante ce lo offre una vera meraviglia dell’architettura green, l’Eastgate Building Centre di Harare, in Zimbabwe. L’edificio, che ospita uffici ed un immenso centro commerciale, è stato costruito dall’architetto Mick Pearce e a dispetto del clima e del luogo in cui si trova non presenta alcun sistema convenzionale di ventilazione: nel realizzarlo infatti sono stati applicati i principi dell’auto raffreddamento e della ventilazione osservabili nelle tane delle termiti africane. In questo modo l’Eastgate Centre usa almeno il 10% in meno dell’energia che un edificio di quelle dimensioni normalmente consuma, incarnando un affascinante esempio di efficienza energetica ispirata dalla natura.

Di esempi se ne potrebbero fare infiniti e la biomimetica è in continua espansione e tocca diversi settori, dall’ottica alla gemmologia, dall’informatica alla medicina, dall’ingegneria aerospaziale alla moda, dalla matematica alla difesa. Anche Twitter si è avvalso di soluzioni biomimetiche perché, come si legge nel libro Dove nascono le grandi idee di Steven Johnson, per costruire l’applicazione di mappatura che permette di localizzare altri membri del network, ha utilizzato le dozzine di servizi già esistenti, capaci di svolgere precisamente quella stessa funzione, così come nell’habitat paludoso dove vivono i castori possono prosperare anche i picchi che si avvalgono del legno più morbido e malleabile degli alberi in decomposizione che i castori hanno già abbattuto.

Proprio nelle ultime settimane, in seguito al lockdown, la natura si è ripresa i suoi spazi con daini, papere, mucche che passeggiano indisturbate nelle principali strade delle città, cigni tra i canali di Venezia o delfini nei porti. Queste immagini non dovranno solo intenerirci, ma dovranno essere utili per scegliere nuove azioni da intraprendere nel rapporto tecnologia e ambiente.

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Roberto Panzarani è docente di Innovation Management. Studioso delle problematiche relative al capitale intellettuale in contesti ad elevata innovazione e autore di svariate pubblicazioni. Da molti anni opera nella formazione in Italia. Esperto di Business Innovation, attualmente si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management delle principali aziende e istituzioni italiane e internazionali. Viaggia continuamente per il mondo, accompagnando le aziende italiane nei principali luoghi dell’innovazione dalla Silicon alla Bangalore Valley, all’Electronic City di Tel Aviv, ai paesi emergenti del Bric e del Civets. L’intento è quello di facilitare cambiamenti interni alle aziende stesse e di creare per loro occasioni di Business nel “nuovo mondo”. L’ultimo suo libro è “Viaggio nell'innovazione. Dentro gli ecosistemi del cambiamento globale”, Guerini e Associati, 2019.

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