4 tecnologie digitali contro il cambiamento climatico

Gli oggetti intelligenti rivoluzioneranno la terra?” si chiedeva Neil Gershenfeld nel 1999. Oggi, nel 2020, i fatti sembrano dare alla sua domanda ragione di essere. E guardando al futuro dalla prospettiva degli obiettivi di Agenda 2030 anche sulla risposta sembrano non esserci molti più dubbi.

Pensando al goal 13, ad esempio, è evidente come gli alleati contro la lotta al cambiamento climatico siano gli strumenti digitali. Tra essi in particolare quattro tecnologie, integrate ed interconnesse tra loro in veri e propri ecosistemi tecnologici interdipendenti.

Iot

Oggetti in grado di misurare in tempo reale il verificarsi di alcuni eventi, o di monitorare emissioni di rumori o sostanze inquinanti contribuiscono non solo a rendere gli oggetti “smart”, ma anche a intervenire per migliorare la vivibilità di una città. Le città monitorate con dispositivi Iot raccolgono i parametri riferiti alla qualità dell’aria, al rumore registrato o al livello di traffico. La piattaforma operativa EuNetAir utilizza, ad esempio, dispositivi hi-tech portatili e reti wireless di sensori low cost per rilevare l’inquinamento atmosferico urbano. Quando parliamo di inquinamento, però, non dobbiamo solo pensare a ciò che c’è “fuori”, ma anche alle sostanze nocive con cui entriamo in contatto dentro le nostre case. L’inquinamento domestico è il principale responsabile di patologie croniche dell’apparato respiratorio, della cute e delle mucose. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’uomo inala dai 10.000 ai 20.000 litri d’aria al giorno, la maggior parte proviene da ambienti chiusi. Inoltre, in Europa la popolazione trascorre fino al 90% del tempo negli ambienti indoor e l’inquinamento ambientale è responsabile del 4,6% delle morti e del 31% delle inabilità nei bambini da 0 a 4 anni. E’ maturata così una crescente sensibilità sull’importanza delle problematiche di salute e comfort dell’aria, e l’efficienza energetica – per ridurre emissioni di CO2 e contribuire alla decarbonizzazione – si lega alla necessità di garantire un’adeguata qualità dell’aria anche negli ambienti chiusi. L’italiana Enerbrain ha messo a punto, a tal proposito, una soluzione basata sull’utilizzo di sensori per temperatura, umidità, pressione atmosferica, che rilevano dati al fine di analizzarli e rielaborarli per intervenire sugli impianti così da adeguarne la funzione. Anche la Nuvap è ricorsa all’ IoT per monitorare gli inquinanti indoor, attraverso la piattaforma ProSystem che conta anche su una gamma di dispositivi multi-sensori per il monitoraggio continuo di 26 parametri ambientali, accessibili in tempo reale, via web e via app.

Big data e Intelligenza artificiale

La raccolta di grandi quantità di dati anche attraverso sensoristica IoT, e la loro analisi che alimenta sistemi di intelligenza artificiale, già oggi è impiegata nel contrasto al cambiamento climatico.

Se ci trovassimo in alcune città come Amsterdam, Houston, Londra o Copenaghen, potremmo vedere muoversi per le strade alcune vetture dotate di fotocamere a 360 gradi e sensori capaci di misurare l’ossido di azoto e altre sostanze inquinanti. Il progetto si deve a Google, che ha lanciato una nuova funzione di Street view: le autovetture recepiscono la qualità dell’aria attraverso un monitoraggio dinamico e in tempo reale, così da individuare la presenza di smog in determinate aree. Di conseguenza, si possono individuare le fasce di popolazione più a rischio e valutare eventuali correlazioni con danni alla salute. Ma la stessa attività contribuisce allo sviluppo di logiche orientate al perseguimento di obiettivi zero carbon: i big data ambientali, infatti, incrociati con quelli rilevati dalle tradizionali postazioni di monitoraggio, consentono di stimare e mappare le emissioni di gas serra delle città e contribuire alla decarbonizzazione, come nel caso di Environmental Insights Explorer.

Soluzioni come queste ragionano in un’ottica di sostenibilità e integrazione tra le diverse tecnologie e a cui possono guardare anche le aziende per ottimizzare il ciclo produttivo. Se, ad esempio, venisse associata ad ogni fase della filiera un’applicazione capace di gestirla e monitorarla, si potrebbero ridurre gli sprechi ed ottimizzare i profitti. Per far ciò si possono utilizzare algoritmi di machine learning che permettono di scoprire il potenziale tecnologico di un’impresa e di esplorare le applicazioni più coerenti con la tipologia di azienda, consentendo di tenere sotto controllo le fasi della filiera: dalla produzione alla vendita alla logistica, ottimizzando le emissioni. L’intelligenza artificiale analizza i dati acquisiti dal mondo reale e li fa convergere verso modelli virtuali per sperimentare scenari e variazioni senza dover necessariamente agire sugli impianti di produzione “reali”. È il modello del Digital Twin, ossia un vero e proprio gemello digitale che riproduce struttura, processi e funzioni di impianti reali e consente di simulare azioni su di essi, valutandone gli impatti sulla produzione senza con ciò intervenire sulla loro dimensione “fisica”. Ciò permette, ad esempio, di evitare una sovrapproduzione d’energia, oppure di implementare modelli di produzione simulando i processi alla ricerca delle soluzioni a minor impatto ambientale.

Blockchain

Decentralizzazione, trasparenza e tracciabilità rendono blockchain una tecnologia promettente per tendere a un futuro zero carbon e per i target del goal 13 di Agenda 2030. La potenzialità dell’utilizzo di tale tecnologia è tale da ridefinire il senso di interi mercati, e di crearne di nuovi, come quello basato sullo scambio di energia rinnovabile. È quanto fatto, ad esempio, dalla start up Ibm, che con Energy Blockchain Labs ha creato una piattaforma blockchain che consente alle organizzazioni ad alte emissioni di monitorare la propria impronta di carbonio e acquistare i crediti che servono a bilanciare le emissioni in ottica zero carbon. Similmente, l’americana Nori è in procinto di lanciare una piattaforma aperta basata sulla blockchain per compensare le emissioni di CO2 e contribuire al processo di decarbonizzazione. Come funziona? Le aziende potranno azzerare la loro impronta di carbonio acquistando crediti di compensazione delle emissioni usando una criptovaluta: a ogni tonnellata di CO2 rimossa verrà assegnato una sorta di bitcoin destinato ad aumentare di valore nel mercato futuro del carbonio in base alla domanda-offerta di certificati. Secondo un rapporto del 2017 del Carbon Disclosure Project (CDP), dal 1988 a oggi sono solo 100 aziende ad essere responsabili del 71% delle emissioni industriali globali di gas serra in atmosfera: maggiore è il problema, maggiore è l’urgenza che si ha per la ricerca di una soluzione.

La tracciabilità è utilizzata anche per prevenire la deforestazione. Gain Forest, per esempio, analizzando i dati dei satelliti, riesce a determinare se le foreste siano preservate, ricompensando i custodi attraverso il sistema degli smart contract, in modo automatizzato. La peruviana Wood Tracking Protocol, infine, se ne serve per rendere tracciabile l’industria del legno in Sud America, seguendo il legname in ogni sua fase precedente e successiva alla vendita.

Singole tecnologie o combinazioni di tecnologie?

Come avviene sempre quando si parla di tecnologie digitali, è determinante la dimensione di “ecosistema”, che ricomprende non solo la tecnologia ma anche un cambiamento di stili di vita e mentalità, una buona governance delle politiche nazionali ed internazionali e un’azione concreta da parte di aziende ed imprese. Cambiare non è così semplice, ma solo uno sforzo collettivo supportato dal digitale consentirà il raggiungimento dei target previsti per l’Obiettivo 13: uno degli obiettivi più sfidanti di Agenda 2030.

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