Sanità e AI, più opportunità o rischi?

La medicina compie un salto di qualità se, grazie ad AI e big data, diventiamo più abili a leggere la realtà”. La sintesi delle numerose opportunità del digitale che entra in sanità, anche con l’intelligenza delle macchine, è in questa frase contenuta nel libro di Alessandro Longo e Guido Scorza di recente pubblicazione Intelligenza Artificiale, l’impatto sulle nostre vite, diritti e libertà. Un potenziale, quello dell’AI, ormai accertato e non certo sconosciuto, visto che innumerevoli sono le applicazioni già oggi disponibili e che vanno dall’assistenza sanitaria, alla prevenzione, alla biomedica, per contribuire a migliorare l’aspettativa di vita, l’erogazione delle prestazioni necessarie e, di conseguenza, l’ottimizzazione dei costi. “Dobbiamo fornire cure migliori, più veloci e più efficienti in termini di costi, raggiungendo un numero sempre più ampio di persone” riporta il report “Transforming healthcare with AI: The impact on the workforce and organizations”, pubblicato a marzo 2020 da McKinsey.

Diverse, secondo lo studio, le “forze inarrestabili” che cambieranno la sanità e chiederanno l’aiuto del digitale: l’invecchiamento della popolazione, il cambiamento delle aspettative dei pazienti, uno spostamento nelle scelte di stile di vita e tutta l’innovazione disponibile. “Non solo non abbiamo le risorse finanziarie per far fronte a nuove necessità ma, sempre più, troviamo difficoltà nel reperire risorse umane”, si ribadisce nel report. Tanto che l’OMS stima che entro il 2030 mancheranno circa 9,9 milioni di medici, infermieri e ostetriche.

Quali i vantaggi e le applicazioni dell’AI in sanità?

I vantaggi nell’uso dell’AI in sanità sono evidenti, in particolare se guardiamo alla possibilità che oggi hanno i medici di prendere decisioni più consapevoli, e quindi migliori, nella diagnosi, cura e prevenzione, grazie all’ausilio delle macchine” – afferma Alessandro Longo. “In generale si può dire che Big Data, Intelligenza Artificiale e la disponibilità di importanti potenze di calcolo mettono a disposizione del personale sanitario informazioni elaborate a velocità impensabili per un umano e desunte da innumerevoli fonti. Informazioni che possono portare un professionista a decidere in modo migliore per la vita del paziente che ha di fronte. E questo avviene già adesso per esempio nei programmi di screening di massa per la prevenzione delle malattie che costituiscono le principali cause di morte della popolazione, dove l’AI potrebbe individuare i soggetti potenzialmente a rischio di sviluppare la patologia in una fase ancora molto iniziale e permetterne, attraverso controlli accurati, l’individuazione precoce”.

Altro interessante ambito di applicazione quello biomedicale, dove per esempio le macchine analizzano il tracciato elettroencefalografico delle persone per realizzare paradigmi Brain-Computer Interface (BCI) con cui interpretare pattern di attività cerebrale e trattare disabilità mentali e fisiche. O ancora l’AI Watson di IBM che supporta le decisioni in decine di ospedali del mondo, soprattutto in ambito oncologico, suggerendo diagnosi e trattamenti sulla base delle informazioni disponibili, o DeepMind di Google che supporta i medici del Servizio sanitario nazionale britannico a velocizzare i tempi di pianificazione della radioterapia, visto che l’algoritmo è molto più veloce dei medici a distinguere le aree sane da quelle malate nelle scansioni.

Quale il rapporto tra AI, sanità e sostenibilità?

L’introduzione dell’intelligenza artificiale – continua Longo – non solo migliora l’efficienza energetica e quindi ambientale come sanno in molti, ma abilita un modello economico diverso, sostenibile appunto. E questo avviene anche in sanità dove non solo è possibile ottimizzare le risorse investite, ma anche liberare gli operatori del settore da lavori usuranti, ripetitivi e pericolosi. È chiaro che per avere più vantaggi che rischi nell’usare l’AI sono necessarie scelte politiche (anche e soprattutto a livello internazionale) giuste, che possano costruire un nuovo sistema sanitario”.

Un’intelligenza artificiale per medico?

Nonostante le professioni sanitarie, secondo il rapporto McKinsey, siano tra quelle a minor rischio di automazione (solo un 15% delle attuali ore di lavoro saranno automatizzate entro il 2030, rispetto a percentuali molto più elevate di altre professioni), l’AI potrebbe modificare profondamente il modo di approcciare la cura per esempio supportando il personale nel fare diagnosi, nell’individuare terapie, nel creare farmaci o nell’affiancare i chirurghi. Ignorare queste opportunità, come ribadito nel libro di Longo e Scorza, porterebbe con sé il rischio reale “non tanto di essere sostituiti da macchine, ma da altri professionisti (umani) più capaci di usare le armi dell’innovazione”.

Quali i rischi nella introduzione dell’AI?

Come regola occorre “evitare di cadere nell’eccesso di ottimismo, sulla scia delle dichiarazioni di marketing delle aziende – private – che vendono i servizi di AI”, si legge nel libro di Longo e Scorza. Un’inchiesta internazionale di STAT del 2017, infatti, evidenzia come siano ancora limitate per esempio le capacità di Watson, che velocizza il processo decisionale ma non produce ancora nuova conoscenza. Oltre a questo, ci sono da considerare i problemi legati a bias algoritmici, che possono penalizzare o avvantaggiare alcuni soggetti in relazione al sesso, alla razza, all’istruzione, alla religione o all’orientamento politico.

Due sono però i rischi ai quali guardare con maggiore attenzione” – puntualizza Longo. “Il primo è quello riferibile alla raccolta di dati da parte di grandi multinazionali e quindi alla loro analisi finalizzata alla sorveglianza. Il secondo, figlio del primo, è indubbiamente quello della manipolazione delle opinioni, possibile proprio grazie all’analisi di grandi quantità di dati che facilitano azioni di micro marketing. Vero che oggi le persone sono o dovrebbero essere più attrezzate a difendersi da tutto questo, ma il pericolo ancora resta”.

Quali gli impatti dell’intelligenza artificiale sulla privacy? Cosa aspettarci per il futuro?

Difficile dire cosa dobbiamo aspettarci” – risponde Guido Scorza, coautore del libro Intelligenza Artificiale e nominato di recente componente dell’Autorità Garante Privacy. “Più facile dire, anche sulla base di quanto vissuto negli ultimi mesi, cosa è auspicabile non ci si debba aspettare: cittadini posti davanti a un bivio che non trova giustificazione alcuna nella Costituzione tra veder tutelato il proprio diritto alla salute in maniera più efficace – magari domani utilizzando una certa soluzione di intelligenza artificiale – e veder compressa la propria privacy. Più salute meno privacy e viceversa è una prospettazione democraticamente insostenibile che c’è da augurarsi non appartenga al nostro futuro. Le regole, post GDPR ci sono e sono regole che, salvo eccezioni, non vietano ma impongono limiti, vincoli e processi idonei a garantire che il trattamento dei dati personali, anche particolari – o sensibili come si diceva ieri – non comprima oltre la soglia del giuridicamente e democraticamente sostenibile la privacy del singolo”.

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