Dalla società liquida alla società superfluida per fare della Scienza strumento di Pace e Sviluppo (sostenibile)

Nella storia umana esistono solo due lingue franche, universali: l’Arte e la Scienza. Solo questi due linguaggi sono in grado di trascendere le differenze etniche, culturali, anagrafiche, religiose e politiche esaltando ciò che gli esseri umani hanno in comune rispetto a ciò che li differenzia, puntando sulla collaborazione più che sulla competizione. In particolare, sia l’attività artistica che scientifica sono sempre più collettive, frutto di una intelligenza distribuita che prende forza dal fatto che ogni persona cerchi di esprimere il suo meglio piuttosto che cercare di essere meglio di qualcun altro. Questo aspetto è fondamentale nella produzione artistica come in quella scientifica.

La mia esperienza diretta di ricercatore mi ha portato a lavorare in grandi collaborazioni scientifiche prima negli Stati Uniti e poi al CERN di Ginevra. Sono sempre stato abituato a relazionarmi con persone di diversa cultura e di età diversa. Quando sono arrivato al CERN nel 2009 ho lavorato insieme a ragazzi molto più giovani di me, persone di talento da cui ho volentieri imparato qualcosa. L’accettazione della diversità in tutte le sue forme (anche anagrafiche appunto) è solo un punto di partenza per la possibile costruzione di una società globale aperta e collettiva in cui però le individualità possano esistere in modo coordinato e non soccombere al numero come nel collettivismo. A questo riguardo la lezione che ci sta impartendo la pandemia di Covid19 non può essere trascurata: il nostro benessere economico, la salute dei più fragili dipendono dai comportamenti collettivi. Il cambiamento dei comportamenti, delle abitudini individuali impatta drammaticamente con quella che Harari definisce la vera religione del nostro millennio: l’Umanesimo.

L’Umanesimo di cui parla Harari non è quello dei letterati: riguarda la convinzione radicata che ciò che sia bene per l’individuo sia anche un bene per la comunità e in definitiva per la società. La pandemia sta sgretolando le fondamenta di questa concezione e non a caso le società asiatiche (che non propongo come modello) stanno rispondendo meglio alla sfida pandemica di quelle occidentali. La prossima sfida del cambiamento climatico porterà un nuovo drammatico colpo alla religione dell’Umanesimo Individuale e probabilmente molti altri scossoni seguiranno, la portata dei quali è difficile prevedere, ma altrettanto difficile sottovalutare. Le società occidentali faticano a cambiare paradigma perché ancora non hanno interiorizzato che la nostra civiltà riposa ormai più che su principi politici o giuridici (che sono intersoggettivi) sul controllo dell’ambiente e delle risorse naturali consentito dalle tecno-scienze.

La pervasività del metodo scientifico, con il suo apparato cognitivo costituito dall’osservazione, formulazioni di ipotesi, induzione, verifica, deduzione e verifica della predizione non è ancora patrimonio culturale diffuso. Di nuovo il dibattito pubblico (anche politico) sull’approccio da utilizzare per combattere la pandemia mette in evidenza come cittadini e decisori politici non capiscano l’essenza epistemologica del progresso scientifico, anche se a onore del vero bisogna ammettere che la voglia di protagonismo di diversi scienziati e medici non ha aiutato.

Tuttavia, il problema rimane: se i fondamenti del metodo scientifico non verranno interiorizzati dai cittadini a lungo andare la stessa democrazia sarà a rischio. Sono rimasto molto colpito dalla definizione di democrazia data da Kamala Harris, la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti. La Harris ha dichiarato che la democrazia non è uno status ma è un atto che va rinnovato volta per volta. Il passo successivo consiste nel capire come agire, ed è ovvio che nel mondo di oggi l’azione deve essere basata su un principio di realtà, di riscontro dell’evidenza, di decodifica della complessità epistemologicamente fondato. Se questi fattori saranno assenti l’anti-scienza, il negazionismo e il complottismo porteranno la nostra società all’involuzione, perché tenteranno di offrire un riparo – anche se posticcio – al cittadino disorientato e incapace di comprendere ciò che accade intorno.

Il superamento dell’Umanesimo Individuale della dicotomia di cui è portatore avverrà quando ognuno di noi si convincerà profondamente di essere parte di un qualcosa che può essere compreso grazie agli strumenti dell’indagine scientifica. Questa comprensione libererà spazio per l’individuo che potrà focalizzare la sua attenzione su qualcosa di più profondo della banalità del qui e ora. Un esempio, che sarebbe sembrato banale prima del Covid, è proprio legato ai comportamenti individuali che tutti siamo chiamati ad osservare se vogliamo limitare la diffusione del virus.

Queste imposizioni contrastano duramente con la visione della felicità personale di cui è portare l’Umanesimo Individuale. Solo capendo perché’ ci viene richiesto di muoverci in un certo modo che ci appare estremamente innaturale possiamo accettarlo e aprirci nuovi spazi materiali e morali in questa realtà cosi diversa da quella cui eravamo abituati. Il processo può essere ripetuto e applicato a diverse scale fino a configurare un cambio di paradigma che, se interiorizzato, potrebbe condurre verso una società diversa che non ingabbi l’individuo ma nemmeno lo deifichi.

Per contrasto con la definizione di Bauman di Società Liquida, bastata sull’Umanesimo Individuale e sul consumo di un eterno presente divorato in modo bulimico, io chiamo questo approccio Società Superfluida, utilizzando una metafora derivata dalla fisica dei materiali. Infatti, un liquido possiede una grande entropia e viscosità e non è in grado di reagire ai cambiamenti in modo coordinato e coerente. Un superfluido è invece in grado di fare cose eccezionali, come superare un ostacolo costituito dalla parete di un recipiente o condurre calore istantaneamente.

Queste caratteristiche saranno condizioni necessarie anche per un nuovo modello di società in grado di reagire in modo coerente alle sollecitazioni, senza sacrificare l’individualità di ognuno e fornendo una base per la costruzione di un modo più pacifico, produttivo e felice, che è – in ultima analisi – l’obiettivo ultimo e più alto della sostenibilità ed il ruolo più nobile delle discipline scientifiche e delle tecnologie necessarie per perseguirla. Quell’obiettivo che dovremmo celebrare oggi in occasione della Giornata Mondiale della Scienza per la Pace e lo Sviluppo.

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