I giovani come veicolo di diffusione per la sostenibilità e per la cultura digitale: intervista a Salvatore Marras

Se i livelli più alti devono guidare l'attenzione verso la sostenibilità all'interno di un'azienda, i giovani hanno un ruolo altrettanto importante nella società: diffondere la consapevolezza dell'importanza della sostenibilità e del digitale, per sfruttare il potenziale delle tecnologie nel raggiungimento di un futuro migliore

Salvatore Marras, Responsabile Area Innovazione Digitale del Formez

Riprende questa settimana, dopo la pausa di Ferragosto, la nostra rubrica Sustainability Talk, dedicata ad approfondire il punto di vista dei C-Level di grandi aziende ed organizzazioni pubbliche e private sul rapporto tra sostenibilità e digitale.

L’ospite di questa settimana è Salvatore Marras, responsabile dell’area innovazione digitale del Formez, l’in-house della Presidenza del Consiglio dei Ministri focalizzata sull’attuazione delle politiche di riforma e sulla definizione delle strategie di promozione dell’innovazione e modernizzazione della PA. Pochi, nella Pubblica Amministrazione italiana, sono quelli che negli anni non hanno avuto a che fare con Salvatore Marras o non hanno partecipato – in qualche modo – a suoi progetti o iniziative, tanto sviluppati all’interno del Formez che promossi nell’ambito della sua attività di attivista sui temi dell’innovazione e dell’openness.

La sostenibilità? Deve partire dai vertici

Finché ci saranno imprese preoccupate solo di produrre a basso costo è evidente che, almeno in termini di effettiva produzione sostenibile, la consapevolezza di una reale sostenibilità in Italia è ancora lontana

Finché ci saranno imprese preoccupate solo di produrre a basso costo è evidente che, almeno in termini di effettiva produzione sostenibile, la consapevolezza di una reale sostenibilità in Italia è ancora lontana”. Di questo è fermamente convinto Salvatore Marras. Una scarsa consapevolezza da parte delle aziende che si riflette poi a livello del management, dove è prevalente “una consapevolezza informativa, a proposito di un tema del quale si sente spesso parlare, ma per il quale manca la coscienza delle implicazioni pratiche che determina sul proprio lavoro quotidiano. Se infatti chi governa le strutture, dalle imprese private alla pubblica amministrazione, non considera adeguatamente l’importanza del tema delle sostenibilità, tende a non considerarlo neanche tra gli elementi di valutazione e di carriera dei propri manager. E questa, a mio parere, è una delle principali criticità”.

Secondo il Responsabile dell’area innovazione digitale di Formez PA, quindi, l’attenzione alla sostenibilità deve partire dai livelli più alti, dall’imprenditore o dal direttore generale, che deve farsene carico e diffonderne i principi all’interno della propria azienda: una consapevolezza reale, però, che abbia concrete conseguenze sulla sostenibilità degli spazi di lavoro, dei processi produttivi, dei prodotti finali. Altrimenti il rischio, per un concetto sempre più al centro degli interessi e del discorso pubblico, “è che alcune iniziative sfocino nel greenwashing, utilizzando la sostenibilità semplicemente come una leva di marketing. È importante smascherare queste realtà, le quali però, quasi paradossalmente, rappresentano anche un importante canale informativo per il pubblico: quando fanno falsa comunicazione sulla sostenibilità dei propri prodotti per agganciare le nicchie di mercato più attente a questi temi, infatti, producono l’effetto di diffondere la consapevolezza ed aumentare la soglia d’attenzione sulla sostenibilità anche in quella fetta di pubblico che a questi temi è meno interessato”.

L’importanza delle dimensioni economica e sociale

Tuttavia, l’attenzione da parte delle imprese nello svolgimento delle proprie attività non può chiaramente limitarsi all’attenzione per il proprio impatto ambientale, ma considerare aspetti strettamente collegati, che riguardano le ricadute a livello sociale ed economico. Aspetti che, secondo Marras, in Italia non sono secondari. Al contrario, afferma, “credo che nel nostro Paese la consapevolezza in merito alle dimensioni sociali ed economiche abbia un potenziale impatto maggiore rispetto alla sola sostenibilità ambientale. Mi spiego meglio: quando accade un evento ambientale, che produce effetti negativi sulla nostra economia o sulla nostra struttura sociale, questo porta ad una riflessione più ampia sull’importanza della sostenibilità. Questo dipende dal fatto che forse sentiamo le dimensioni economiche e sociali come a noi più vicine, e i problemi ambientali invece più lontani, meno immediati. Per cui credo che il percorso per una piena comprensione della dimensione sistemica della sostenibilità sia ancora agli inizi, e che siano, ad oggi, gli impatti economici e sociali a fare da traino in questo percorso”.

I giovani hanno un ruolo fondamentale. Innanzitutto, perché sono più aperti, più attenti verso questi temi, e possono quindi rappresentare un veicolo di diffusione all’interno delle proprie famiglie

Un percorso non facile di diffusione di consapevolezza, su un argomento complesso e delicato, per affrontare il quale un buon punto di partenza è un maggiore coinvolgimento dei più giovani, che “hanno un ruolo fondamentale. Innanzitutto, perché sono più aperti, più attenti verso questi temi, e possono quindi rappresentare un veicolo di diffusione all’interno delle proprie famiglie. Questa loro maggiore sensibilità è data dal fatto che se la sopravvivenza del pianeta è l’obiettivo, loro sono quelli ad avere il maggiore interesse affinché questo obiettivo venga raggiunto. Mi è capitato spesso di sentire dei ragazzi fare questo tipo di ragionamento, e credo quindi che sia importante renderli importanti co-attori di questo processo”.

Per la sostenibilità digitale è necessario sfruttare al meglio il potenziale della tecnologia

Non bisogna dimenticare che siamo un Paese con uno dei più alti tassi di analfabetismo funzionale nel mondo occidentale, per cui è evidente la difficoltà nel diffondere una cultura sul digitale. Per questo motivo c’è bisogno di mediatori.

Ma i giovani non sono importanti soltanto per sostenere il processo di diffusione della consapevolezza rispetto l’importanza della sostenibilità, ma anche per aumentare quella “percezione astratta” che c’è, secondo Salvatore Marras, quando si parla dell’utilità delle tecnologie digitali in funzione della sostenibilità stessa. “Qui, infatti, entra in gioco il tema delle competenze: non bisogna dimenticare che siamo un Paese con uno dei più alti tassi di analfabetismo funzionale nel mondo occidentale, per cui è evidente la difficoltà nel diffondere una cultura sul digitale. Per questo motivo c’è bisogno di mediatori. In questo senso, c’è la bellissima iniziativa del Servizio Civile Digitale, nella quale mille giovani avranno il ruolo di sostenere i cittadini che non hanno mai usato o hanno bisogno di aiuto nell’utilizzo delle tecnologie”.

È quindi fondamentale estendere le competenze, vista la sempre maggiore pervasività del digitale, per avvicinare la popolazione ad un uso consapevole delle nuove tecnologie. Questa, d’altra parte, è anche la base dalla quale partire per comprendere quali applicazioni e quali vantaggi possano derivare dall’utilizzo delle stesse tecnologie per la sostenibilità. “Il loro ruolo, in quest’ambito, è molteplice: tutte le forme dell’innovazione digitale possono dare un contributo, dalle possibilità derivanti dalla raccolta e gestione dei dati alla possibilità di efficientare i processi. Ma non solo, è importante coinvolgere tutti i cittadini sui temi della sostenibilità, e questi strumenti sono in grado di facilitare processi di informazione e di partecipazione attiva in maniera diffusa.

Parlando di sharing economy, occorre chiedersi entro quali confini la sharing economy possa considerarsi realmente sostenibile

La tecnologia ha quindi il potenziale per l’attivazione di modelli più sostenibili, così come per abilitare l’impegno e la partecipazione individuale su questi temi, che rappresenta un aspetto decisivo per la sostenibilità. Nonostante ciò, sottolinea Salvatore Marras, tutto dipende dal modo in cui questi modelli, facilitati dal digitale, vengono sfruttati dai loro utilizzatori, che ne determina la loro effettiva sostenibilità. “Pensiamo alla sharing economy. Airbnb, ad esempio: nato come un sistema per favorire la possibilità di ognuno di mettere a disposizione una stanza, un appartamento, una casa sottoutilizzata e guadagnare qualcosa, nel tempo è diventato un mercato nel quale la gente compra le case per poi affittarle. Ma tutti questi acquisti, che effetto hanno prodotto? Quello di aumentare i costi delle case. Quindi, anche parlando di sharing economy, occorre chiedersi entro quali confini la sharing economy possa considerarsi realmente sostenibile. La tecnologia, infatti, in alcuni casi può produrre indubbi vantaggi abilitando questi modelli: favorisce le transazioni, evita gli sprechi, stabilisce quindi dei canali in grado di creare un’economia di condivisione realmente sostenibile. In altri casi rischia invece di diventare semplicemente un business. E lì, secondo me, la sharing economy perde molto del suo potenziale.

Vincere la sfida della sostenibilità digitale, quindi, non richiede soltanto un’adeguata conoscenza dell’importanza dei due elementi, e del modo in cui sono fra loro collegati, ma anche il saper sfruttare adeguatamente le possibilità offerte dalle tecnologie, declinandole per la creazione di un futuro più sostenibile.

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