28 aprile, una giornata per la cultura della sicurezza sul lavoro

In occasione della Giornata Mondiale della Sicurezza e della Salute sul Lavoro indetta dall'ILO, vediamo quale può essere il ruolo della tecnologia nella creazione di ambienti di lavoro sani e nel salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori

Immagine distribuita da Pixabay

Partecipazione e dialogo sociale nella creazione di una cultura positiva della sicurezza e della salute sul lavoro. Questo l’intento della Giornata Mondiale che si celebra il 28 aprile indetta nel 1996 dall’ILO (International Labour Organization) che sottolinea come la partecipazione di governi, datori di lavoro, lavoratori, attori della salute pubblica e tutte le parti interessate a livello nazionale e aziendale, sia fondamentale per proteggere gli ambienti di lavoro e salvaguardare salute e sicurezza dei lavoratori. Una priorità, come molte altre, divenuta più stringente dopo la pandemia e sulla quale si possono raggiungere standard soddisfacenti solo grazie alla collaborazione e al dialogo tra lavoratori e management oltre che decisori istituzionali. Dopo l’intento della Giornata mondiale 2021 sull’ “uscire dalla crisi” del Covid che ha visto diventare il luogo di lavoro per molti versi pericoloso, è la volta di una costruzione di una cultura positiva basata sull’inclusione.

Tecnologie per la SSL

Che ruolo ricopre la tecnologia digitale nella salute e sicurezza sul lavoro nell’era post covid? App per il tracciamento dei contatti, termoscanner per la misurazione della temperatura, smartwatch, braccialetti e dispositivi indossabili per la rilevazione del distanziamento sociale, monitoraggio degli ingressi e dei dati. Nell’ultimo anno, solo il personale sanitario si è occupato della nostra sicurezza più della tecnologia. In tutto il mondo, in aziende più o meno grandi, si è messo a punto qualche sistema di protezione e prevenzione dal Covid-19 sul luogo di lavoro. Senza questi sistemi, probabilmente i numeri delle denunce per infortuni sul lavoro causati dal Covid nel 2020, raccolti dall’Inail (circa 138.500), sarebbero stati molti di più.

L’epidemia da coronavirus ha inciso per un terzo sui dati dei decessi, tra i 3 e i 4 al giorno per tutto l’anno. Se in qualche misura si è riusciti in tempi ragionevoli ad attrezzare le imprese per affrontare la pandemia, allora è auspicabile che si riescano a prevenire almeno in parte, nei prossimi anni, le cause che provocano la maggior parte dei decessi sul luogo di lavoro e cioè secondo l’International Labour Organization, altre malattie correlate alle mansioni, le cadute, le cadute di oggetti.

L’Agenzia Europea per la salute e sicurezza del lavoro si occupa di analizzare gli effetti della trasformazione digitale sui lavoratori producendo scenari e prospettive a medio termine soprattutto per quel che riguarda il bilanciamento tra rischi e opportunità. Infatti, a fronte di usi contemporanei del digitale nel mondo del lavoro, come l’analisi delle prestazioni, la valutazione del capitale umano o la misurazione dei tempi di svolgimento di alcune mansioni, che di tanto in tanto provocano scandali a carico di grosse companies, le tecnologie digitali possono essere impiegate in modo virtuoso per la tutela, la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Robotica

Se l’automazione ha sempre terrorizzato il mondo del lavoro, la robotica eleva i dubbi e le paure all’ennesima potenza. L’opinione comune è che, in quanto automazione capace di “pensiero”, si insinui tra le mansioni umane sostituendole. In realtà anche l’idea della robotica “sostitutiva” ha fatto il suo tempo. Abbiamo simpatizzato con i robot fino a programmarli in ottica di collaborazione.

I cobot, infatti, interagiscono con i loro colleghi umani come workmates, imparando dall’uomo. Possono fare il “lavoro sporco”, quello pesante, ripetitivo e di precisione, ridurre il rischio di disattenzioni, errori, affaticamento degli occhi, cadute di oggetti, incidenti relativi a movimenti complessi o che necessitano di forza fisica.

Anche i chatbot con i quali ci sembra ancora assurdo sostenere una conversazione scritta quando abbiamo bisogno di assistenza dal nostro operatore telefonico o da un fornitore, quelli del “non ho capito” e “scegli tra queste opzioni”, sono in realtà molto importanti per ridurre lo stress psicofisico dei lavoratori nei call center, sottoposti a una mole massiccia di richieste e a valutazioni della performance. I chatbot – nome immaginifico per dei profili fatti di intelligenza artificiale – sono in grado di smistare le richieste in attesa e risolvere quelle più semplici o immediate per lasciare al centralinista il tempo e il modo di evadere quelle più complesse.

Dispositivi indossabili

Per molti dipendenti di fabbriche, cantieri edili, centri di estrazione di materie prime, indossare la mascherina non è mai stata una novità. Ma che cosa succederebbe se le loro mascherine – ma anche quelle dei lavoratori di altri settori – diventassero smart? In grado ad esempio di misurare il battito cardiaco, la temperatura, le onde cerebrali, determinare il nostro stato psicofisico, il livello di stanchezza, la qualità dell’aria che respiriamo, la presenza di eventuali emissioni dannose ed eventualmente notificarci uno stato non ottimale di salute? Potrebbero tutelarci da malori improvvisi, errori, incidenti.

La sicurezza sul lavoro è prevenzione. Se lo smartworking potrebbe aver sollevato per certi versi il datore di lavoro da alcune responsabilità in merito all’ergonomia delle postazioni, questo rimane un elemento importante e da monitorare: affaticamento della vista e postura richiederebbero anch’esse un monitoraggio costante tramite oggetti intelligenti.

Per chi invece svolge mansioni in presenza, ripetitive e che richiedono sforzi fisici, sono già in uso da parecchi anni gli esoscheletri che alleggeriscono dallo sforzo le parti del corpo interessate dal movimento. Gli scheletri bionici indossabili permettono di sollevare pesi e aumentare la produttività secondo gli studi delle imprese fornitrici, ma – aspetto ancor più prioritario – sono potenti fautori di inclusione delle categorie più deboli e cioè lavoratori diversamente abili mentre, proteggendo chi li indossa da disturbi muscoloscheletrici, aprono la possibilità di impiego a fasce di età molto più alte anche nell’ambito di mestieri pesanti e fisicamente impegnativi.

Tra i vantaggi delle tecnologie digitali, quindi, l’inclusività e l’abbattimento di barriere.

IIoT e intelligenza artificiale

Gli stessi sensori che per un anno in diverse aziende hanno misurato la distanza interpersonale, potrebbero essere programmati per misurare la distanza da pericolosi macchinari in azione e provvedere automaticamente a un alert e allo spegnimento nel caso di vicinanza pericolosa, evitando incidenti drammatici e fin troppo frequenti di fronte ai quali rimaniamo attoniti e impotenti.

Oltre che per la sicurezza dei lavoratori i sensori sono particolarmente importanti per la sicurezza degli ambienti, soprattutto in termini di previsione e prevenzione. Possono monitorare emissioni, sostanze contenute nell’aria, temperature estreme e altre minacce ambientali.

Formazione per fronteggiare i rischi tramite visori e realtà aumentata, utilizzo dei droni nel settore edile (dove in condizioni normali prepandemiche avveniva la maggior parte degli incidenti sul lavoro) per il monitoraggio e la manutenzione sono solo alcuni degli accorgimenti della Safety 4.0 che cresce insieme a questa quarta rivoluzione industriale in corso.

Prevenzione e Big Data

Probabilmente alle nostre latitudini un ambiente di lavoro dotato di tutta questa tecnologia sembrerebbe fantascientifico: di fatto però, anche quando non si vedono, tali risorse esistono e vengono utilizzate. Il 40% dei dipartimenti delle risorse umane nelle aziende internazionali utilizza applicazioni di intelligenza artificiale e il 70% le ritiene davvero prioritarie per l’organizzazione del lavoro. Si tratta quindi di adattarne l’uso: da una misurazione e monitoraggio delle prestazioni e della produttività, alla prevenzione per la salute e sicurezza sul lavoro.

L’Inail risponde allo scetticismo sull’adozione di sistemi preventivi per la SSL, molto spesso dovuto ai costi, con un dato molto semplice estratto proprio da un software, Co&Si: gli investimenti in prevenzione e protezione determinano un risparmio di costi pari mediamente al 18% dell’intera spesa destinata alla sicurezza.

Sulla prevenzione imperano i big data, che se analizzati possono predire scenari sulla base della registrazione dell’esistente. Quali categorie di lavoratori sono più esposti a quali rischi? Quali malattie colpiscono determinati settori? A quali categorie di aziende applicare determinati sistemi di tutela e prevenzione? È opportuno costruire schemi e modelli che classifichino aziende e settori per diversificare le normative?

L’impatto della data analysis è tale da alimentare studi e ricerche che mirano ottimisticamente a una previsione quanto più precisa e scientifica del rischio.

È in questo senso che le macchine possono prendere decisioni rispetto ai lavoratori, non banalmente in termini di sostituzione delle prestazioni.

Tecnopatie e rischi della trasformazione digitale

Come tutti i cambiamenti, la transizione digitale comporta anche dei rischi legati alla salute, soprattutto in fase di assestamento. Primo fra tutti la collisione cobot/uomo come già accennato, l’idea dell’imposizione di una tecnologia nemica come corpo estraneo, la people analytics e cioè la selezione e il rating dei lavoratori sulla base delle prestazioni, il bias degli algoritmi e il rischio di analisi pregiudizievoli; le vulnerabilità delle macchine, nel momento in cui diventano molte, connesse in rete, di conseguenza facilmente attaccabili. Per non parlare di quei rischi che abbiamo imparato a conoscere in un anno di lavoro da remoto, fatto di piccoli o grandi disturbi psicosociali: presenzialismo, fomo, phubbing…

Infine, non per ultimo, il tema della responsabilità. Cosa succede se il collega sbaglia e il collega è un robot affidato al nostro controllo ma programmato dall’azienda o da un fornitore? Chi risponde delle responsabilità dell’automazione intelligente? Che succede se il robot si scontra con l’uomo?

Sono problemi complessi, come i sistemi a cui si applicano, che necessitano preventivamente di normative ben strutturate ma soprattutto di preparazione. Secondo le ricerche EU-OSHA è lì dove i lavoratori non hanno ricevuto adeguata formazione sull’utilizzo della tecnologia e dove non si è costruito un appropriato dialogo uomo-macchina che si registra l’aumento di paure e ansie legate alla perdita del posto di lavoro.

In fondo la tecnologia cura sé stessa, a patto di costruire un adeguato equilibrio e un bilanciamento vita-lavoro sostenibile e condiviso. L’ansia e il malessere provocati dalla convinzione che le macchine possano sostituirci potrebbero diventare l’ultima delle preoccupazioni: soprattutto quando servono a proteggerci, le macchine hanno bisogno di noi.

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