Giornata mondiale contro la cyber censura: quale ruolo per la Sostenibilità Digitale?

Oggi è la giornata mondiale dedicata alla lotta alla cyber censura. A che punto siamo in Italia a livello legislativo sul tema, e come è possibile contrastarla? Ne parliamo con Osvaldo Gervasi, docente all'Università di Perugia, e Giovanni Battista Gallus, esperto di diritto penale dell'informatica e delle nuove tecnologie

Immagine distribuita da PxHere con licenza CC0

Oggi è la giornata mondiale contro la cyber censura. Proposta nel 2008 da Reporter senza frontiere e Amnesty International, in questo giorno dell’anno si vuole ricordare che internet nasce come una rete libera e aperta, e che per questo collima con la libertà di espressione, che nel XXI secolo le dittature, la propaganda 3.0 e la censura cercano di minare anche negli ambienti digitali.

La cyber censura, infatti, è un’ulteriore forma di controllo da parte di quei governi che allargano le loro azioni di blocco e di repressione delle informazioni e comunicazioni anche alla rete.

Per i cittadini di alcuni paesi, come l’Italia, può sembrare scontato navigare liberamente su internet, avere libero accesso a qualsivoglia contenuto, informazione, poter comunicare con qualcuno dall’altra parte del mondo. Per rendersi conto della difficoltà e capire la gravità della situazione basti pensare che nonostante in Italia sia possibile reperire informazioni sul web o altro, l’anno scorso il nostro paese si è classificato al 58esimo posto nella classifica del World Press Freedom Index – sempre stilata da Report Sans Frontières.

In occasione di questa giornata, abbiamo chiesto a due membri del comitato scientifico e di indirizzo della Fondazione per la Sostenibilità Digitale quando si può parlare di sostenibilità digitale con la cyber censura di mezzo, cosa si può fare per contrastarla e a che punto siamo in Italia a livello legislativo sul tema.

Osvaldo Gervasi, docente all’università di Perugia, nonché promotore dell’Open Source, del digitale e di una cultura aperta e collaborativa, ci ha parlato del rapporto tra open source e cyber censura.

La cultura open source trova la sua forza di esistere e svilupparsi sulla condivisione libera della conoscenza e dei saperi. La cyber censura rappresenta la negazione di tale libertà e di tali principi ed è l’arma preferita da coloro (individui, organizzazioni e governi) che hanno interesse ad occludere la verità ed a veicolare falsi messaggi per consentire l’affermazione della violenza fisica e morale.

Assistiamo da più parti al tentativo di impedire che Internet sia uno spazio libero, fruibile liberamente da ogni uomo e organizzazione, senza privilegiare coloro i quali dalla rete traggono incredibili guadagni e potere. Dobbiamo ad organizzazioni come Reporters sans Frontières (RSF) e Electronic Frontier Foundation (EFF) ed alle loro denunce e lotte se ancora oggi questi tentativi di imbrigliare la rete non hanno avuto ragione.

La cyber censura può avere una accezione positiva e contribuire alla sostenibilità digitale nei casi nei quali consente l’accesso ad informazioni in modo corretto ed appropriato, come nel caso dei minori, in analogia a quanto avviene con altri mezzi di comunicazione. Ad esempio, le scuole e le pubbliche amministrazioni in generale dovrebbero aver attivi dei filtri che in modo proattivo evitino l’accesso a materiale pedopornografico, a scene di violenza o l’accesso a siti che promuovano ideologie razziste e contro l’essere umano e gli animali. L’uso di tecnologie digitali gestite in tale modo permetterebbe la riduzione dell’uso di carta e libri cartacei ed educherebbe le persone ad un uso consapevole delle risorse.

Per contrastare la cyber censura occorre supportare le numerose iniziative che nel mondo difendono la libertà di stampa e della comunicazione in rete, denunciando tutte quelle iniziative che tendono a instaurare le barriere della censura. In questo Internet ha un potenziale enorme, mediante l’uso della crittografia per proteggere la propria riservatezza, l’uso della posta elettronica cifrata, l’uso di Virtual Private Network (VPN) per superare le barriere imposte da taluni governi.

L’uso di software Open Source, che viene studiato e analizzato a fondo dalla Comunità degli utenti, permette di smascherare i tentativi di censura che possono essere stati iniettati nel software, oltre a mettere a disposizione degli utenti dei potenti strumenti di protezione della propria privacy”.

Giovanni Battista Gallus, avvocato che si occupa da oltre un ventennio di diritto penale dell’informatica e delle nuove tecnologie, ci ha spiegato che anche l’Italia ha una serie di strumenti legislativi che consentono di procedere al “filtraggio” di siti e contenuti.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ad esempio, può procedere all’inibizione dei siti di gioco non autorizzato.

Da svariati anni l’AGCOM (Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni) ha il potere di emanare dei provvedimenti nei confronti dei prestatori di servizi, per impedire le violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi, ma soltanto qualora le violazioni medesime risultino manifeste e sussista la minaccia di un pregiudizio imminente e irreparabile per i titolari dei diritti. I poteri di Agcom si sono consolidati anche a seguito del recente D.lgs 177/2021, di recepimento della Direttiva europea 2019/790, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale. L’AGCOM avrà infatti il compito di decidere sulla disabilitazione di opere o materiali caricati dagli utenti nelle piattaforme, per ragioni legate al diritto d’autore. Basta una verifica attraverso Ooni Explorer (una risorsa open data per la “misurazione” della censura nel mondo), per avere la conferma che la stragrande maggioranza dei siti inaccessibili dall’Italia siano proprio legati alle scommesse, o alle violazioni in materia di diritto d’autore.

Ci sono stati, peraltro, anche alcuni procedimenti giudiziali che hanno fatto molto discutere, tra cui, nel 2020, il decreto di sequestro preventivo del Tribunale di Roma (nel contesto di una più vasta operazione di contrasto alle violazioni in tema di diritto d’autore) che aveva colpito il Project Gutenberg, un progetto che addirittura dal 1971 distribuisce e-book di opere in pubblico dominio.

La materia della rimozione dei contenuti dalle piattaforme (e la possibilità di avere procedure di ricorso, e ottenere il risarcimento del danno in caso (anche) di rimozione illecita), è stata recentemente disciplinata dal Regolamento (UE) 2022/2065, sul mercato unico dei servizi digitali (digital services act), il quale prevede l’obbligo di motivazione “chiara e specifica” per le restrizioni alla visibilità delle informazioni, la cessazione dei pagamenti, la sospensione del servizio e dell’account operate dai prestatori di servizi.

Non solo: i fornitori di piattaforme online devono prevedere un sistema di gestione dei reclami contro le decisioni di sospendere o limitare i servizi, e queste decisioni devono essere supervisionate da personale adeguatamente qualificato. I fornitori di piattaforme online di grandi dimensioni (che dovranno essere individuate dalla Commissione europea) avranno poi l’obbligo di effettuare una valutazione dei rischi derivanti dalla progettazione o dal funzionamento del servizio, che tenga conto anche degli effetti negativi che possano incidere sui diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione e d’informazione. Il Regolamento avrà piena applicazione a decorrere dal 17 febbraio 2024, e sarà interessante valutarne gli effetti”.

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