Solo qualche giorno fa si sono tenuti a Parigi, presso la sede dell’UNESCO, negoziati tra 175 paesi per combattere l’inquinamento da plastica. Si è dato il via, ancora una volta, alla ricerca di azioni istituzionali e di un trattato internazionale giuridicamente vincolante ed efficace per chiudere il ciclo di vita degli imballaggi.
La plastica sostituirà per quantità la fauna ittica, a detta della Ministra degli Esteri francese,
Catherine Colonna, mentre Inger Andersen, a capo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ritiene che l’abuso massiccio di plastica sia dovuto al suo basso costo in termini economici, in realtà altissimo in termini ambientali.
Siamo di fronte a una sfida epocale, per questo la Giornata Mondiale dell’Ambiente è dedicata quest’anno all’inquinamento da plastica, chiamando a raccolta istituzioni, governi, aziende e stakeholder. Prodotta per lo più da fonti fossili, la quantità di plastica che è una costante nella nostra vita quotidiana, è “di più di un problema di gestione di rifiuti”: diventa un problema “di clima, di natura, di salute”, come afferma in un recente tweet il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.
Il bagno di plastica
Secondo i dati OCSE, sono 460 milioni le tonnellate di plastica prodotte nel 2019 nel mondo, mentre la produzione di rifiuti di plastica si è stabilizzata a 353 milioni di tonnellate. Questo vuol dire che solo il 9% di essi viene riciclato, mentre il 19% viene incenerito e circa il 50% finisce in discariche controllate. Il restante 22% è abbandonato in discariche selvagge, bruciato a cielo aperto o gettato nell’ambiente. Dai dati GSMA sappiamo, poi, che la plastica rappresenta almeno l’85% dei rifiuti marini totali, con conseguenze negative di vasta portata: plastiche e microplastiche compromettono ecosistemi complessi, esauriscono le popolazioni ittiche, distruggono le barriere coralline e accelerano il cambiamento climatico.
Come ci viene in soccorso la tecnologia
Se i polimeri riciclati costano di più in termini economici – permettendo però di salvare l’ambiente e la salute dell’ecosistema – allora l’economia a ciclo chiuso e il riciclo adeguato dei rifiuti in plastica, per diventare una prassi, deve affidarsi alla tecnologia: soluzioni basate sulla stampa 3D, ad esempio. Con un adeguato riciclo, quasi ogni tipo di plastica può essere pulita, sminuzzata, asciugata e trasformata in materia prima per stampanti 3D. Non solo i filamenti prodotti da plastica riciclata sono più economici, anche per quel che riguarda l’energia utilizzata per produrli, ma ad oggi conservano quasi tutte le stesse qualità della plastica vergine e consentono di stampare oggetti a un costo mille volte inferiore rispetto all’utilizzo di filamenti polimerici commerciali.
E se la stampa 3D costituisce una soluzione d’avanguardia per via dell’utilizzo di nuove materie prime, la tecnologia mette a disposizione altre applicazioni che sono di supporto a tutto il ciclo di vita degli imballaggi.
Ottimizzazione delle filiere… intelligente
L’intelligenza artificiale può migliorare le operazioni della catena di approvvigionamento per renderla meno dispendiosa. L’analisi predittiva può fornire un quadro migliore dei cambiamenti della domanda, aiutando le aziende a evitare la sovrapproduzione e ad utilizzare solo la quantità di plastica di cui hanno bisogno, generando meno rifiuti. Utile anche nel processo di logistica inversa, l’AI diventa indispensabile nello smaltimento. Gli scienziati hanno recentemente utilizzato l’apprendimento automatico per creare un enzima che impiega meno di 24 ore per rompere la plastica PET nei suoi componenti chimici. Le aziende possono trasformare questi componenti in nuovi materiali, prevenendo gli sprechi. Si tratta di un lavoro di precisione, che solo gli algoritmi predittivi sono in grado di fare, con margini di errore minimi.
L’intelligenza artificiale è in grado poi di esaminare le immagini satellitari e mappare le tonnellate di inquinamento da plastica che minacciano i nostri mari, in tempo reale. Questa tecnica ha già trovato più di 4.000 discariche informali non dichiarate vicino ai fiumi. Importantissimo, dato che solo dieci fiumi contribuiscono a quasi tutta la plastica che entra nei nostri oceani.
Analisi e osservazioni di questo tipo possono essere utili anche a tecnologie e soluzioni meccaniche come quelle di Ocean CleanUp, che da anni raccoglie la plastica in mare proponendosi lo scopo di rimuovere il 90% dei rifiuti in plastica degli oceani entro il 2040, ma non potrebbe farlo senza accurate osservazioni satellitari.
Blockchain e trasparenza ad alti standard: il caso vechain
Ma anche le iniziative di raccolta dei rifiuti, pulizia delle acque, riciclo e smaltimento vanno monitorate: per farlo serve rispettare standard internazionali, comuni e trasparenti.
La tracciabilità dei rifiuti nelle filiere è un tema molto sentito in Italia: un sondaggio Ipsos svoltosi alla fine del 2021, con domande ai cittadini sulla regolamentazione del ciclo di vita della plastica, vede gli italiani nella top ten. Siamo al sesto posto con una percentuale del 94% degli intervistati a favore del trattato globale su una gestione trasparente dei rifiuti.
Entra in gioco così la tecnologia madre della trasparenza, la blockchain. Per vechain, la piattaforma blockchain ad alta efficienza energetica e dedicata alla sostenibilità, tecnologie come la blockchain possono supportare la creazione di sistemi di incentivazione per produttori e consumatori. A confermarlo è Renato Grottola, Chief Business Development Officer di vechain:
“Le tecnologie esponenziali ed in particolare la blockchain possono contribuire a ridurre l’inquinamento da plastica in vari modi. Ad esempio, è possibile sviluppare soluzioni di trasparenza e tracciabilità che consentano il monitoraggio dell’origine delle materie prime allo scopo di accertare il reale utilizzo di materiali riciclati e il rispetto di pratiche di sostenibilità valorizzando di conseguenza i produttori virtuosi e consentendo ai consumatori di compiere scelte consapevoli e più garantite”.
vechain, attraverso la blockchain ha tracciato e validato i risultati del progetto ReSea, un’iniziativa danese che ha riportato all’eliminazione di 305 tonnellate di rifiuti di plastica dall’oceano realizzando così un esempio concreto di quelli che Renato Grottola definisce “sistemi di incentivazione che utilizzano token che possono essere scambiati all’interno di specifici contesti”. Ma in che modo?
“Nel progetto ReSea, realizzato attraverso la collaborazione tra vechain e un Ente di Certificazione indipendente, la blockchain è stata utilizzata per tracciare e validare le quantità di plastica raccolte dai pescatori nei fiumi, allo scopo di generare incentivi legati all’effettivo impatto prodotto da queste azioni di recupero. Tutti questi sistemi, infatti, sono fondati su un presupposto di fiducia, che richiede il coinvolgimento di attori terzi, come gli Enti di Certificazione e di azioni di controllo che incidono significativamente in termini di costo, al punto da rendere a volte queste iniziative antieconomiche”.
La piattaforma ToolChain di vechain ha tracciato il processo di pulizia, monitorando i rifiuti di plastica dal punto di estrazione fino alla consegna a una banca dei rifiuti locale.
La piattaforma registra e protegge i dati in tempo reale, rendendo immutabili tutti i passaggi del processo, risolvendo così – conclude Grottola – il tema della “certificazione della fiducia”, impattando sulla produzione e sul consumo: “La blockchain può aiutare a ridurre sensibilmente il costo della fiducia necessaria alla creazione di questi meccanismi di incentivazione, favorendone un utilizzo più diffuso. I meccanismi di incentivazione basati su blockchain possono essere un utile strumento per coinvolgere i consumatori nelle azioni di recupero della plastica degli imballaggi, stimolando cambi di comportamento, promuovendo un orientamento al consumo più consapevole e riducendo in ultimo la domanda di nuova plastica”.
Con queste applicazioni, vechain ha svolto un ruolo di primo piano negli ultimi anni grazie all’impegno di integrare la tecnologia blockchain nella gestione della catena di approvvigionamento e nella valutazione dell’impatto ambientale, con soluzioni che potrebbero risolvere le questioni di trasparenza e policy internazionali sulla gestione dei rifiuti.
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