La sicurezza dentro al piatto

In occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare, che anche quest’anno verrà celebrata il 7 giugno, ricordiamo quanto anche in Italia i controlli sugli alimenti che arrivano nelle nostre tavole ci possano far stare tranquilli

Immagine distribuita da Pixabay con licenza CCO

Buono e sicuro. È quanto chiediamo a ogni cibo che mettiamo in tavola. Ma bersagliati come siamo da continui allarmismi alimentari, ora sembra sia il turno del vino, ieri della carne, domani chissà cosa, è normale interrogarsi se nel piatto si nasconda un pericoloso nemico della nostra salute. Se il dubbio riguarda la salubrità degli alimenti possiamo stare tranquilli. Ogni derrata alimentare è sottoposta a un’infinità di controlli prima di giungere sino a noi. Controlli per verificare l’assenza di residui indesiderati, di patogeni, di tossine o di qualunque altro contaminante che possa rappresentare un rischio per la salute del consumatore finale. Controlli che nel caso dei prodotti di origine animale, carne, latte, uova e pesci, sono particolarmente severi in ogni passaggio della filiera produttiva.

Si inizia dalla stalla, dove c’è sempre più digitale e ci sono sempre meno antibiotici. Lì, la presenza di un veterinario va ben oltre la sola garanzia della salute degli animali e il corretto uso dei farmaci. Ogni animale viene iscritto all’Anagrafe Zootecnica gestita dal ministero della Salute e monitorato in ogni passaggio, dall’ingresso all’uscita dall’azienda di produzione. Conoscere con precisione il “percorso” di ogni animale allevato è solo il primo passo di un complesso sistema di controllo e prevenzione che coinvolge animali e uomo, nel solco della strategia One Health, nella consapevolezza della stretta connessione fra la salute dell’uomo e quella degli animali. A questo proposito è opportuno ricordare che in Italia la medicina veterinaria afferisce al ministero della Salute e non a quello dell’Agricoltura, come avviene nella maggior parte degli altri Paesi, ribadendo così la prevalenza degli aspetti sanitari su quelli di carattere economico.

In Italia sono circa trentamila i veterinari in attività, 4500 dei quali sono alle dipendenze dello Stato. Il compito del veterinario non si esaurisce negli allevamenti e nella cura degli animali, ma continua lungo tutto il percorso della filiera dei prodotti di origine animale, anche quando trasformati. A un medico veterinario spetta la responsabilità di verificare l’idoneità delle carni che escono da un macello. Veterinari li incontriamo negli Istituti Zooprofilattici, struttura sanitaria diffusa su tutto il territorio e la cui efficienza è motivo di vanto per il nostro Paese. Ancora veterinari sono impegnati nelle Asl o nei Nas, il nucleo antisofisticazione e sanità dei Carabinieri, come pure nel controllo dei prodotti di importazione.

Come se non bastasse questo costante e continuo controllo svolto in queste sedi, l’Italia è fra i Paesi europei che per primo si è dotato della ricetta elettronica veterinaria. In funzione dal 2019, semplifica le procedure di prescrizione del farmaco veterinario e al contempo consente di monitorare con precisione quali e quanti farmaci vengono utilizzati su ogni singolo animale. Intuibile quanto ciò sia importante per controllare che vi sia un uso oculato e ridotto all’indispensabile di farmaci come gli antibiotici. Al contempo si può controllare che gli eventuali trattamenti siano interrotti in anticipo rispetto al termine del ciclo produttivo, per avere garanzia dell’assenza di residui nei prodotti di origine animale.

Il rispetto di questi tempi di sospensione dei trattamenti è confermato dagli esiti delle analisi condotte nell’ambito del Piano Nazionale Residui. In attesa di conoscere i dati relativi al 2022, che saranno diffusi nei prossimi mesi, va ricordato che nel 2021 a fronte di un ciclopico lavoro di raccolta e analisi dei campioni, si sono riscontrate irregolarità in appena il 4 per mille dei casi, a volte per semplici contaminazioni ambientali. Gli esiti di questi controlli evidenziano inoltre la costante riduzione dell’uso di antibiotici, più che dimezzato negli ultimi dieci anni. Anche a livello europeo i dati raccolti da Efsa (Ente europeo per la sicurezza alimentare) mostrano con chiarezza l’impegno del mondo degli allevamenti nel ridurre il consumo di antibiotici. Nessuna traccia di ormoni, vietati da anni in Italia come nel resto dei Paesi europei.

A questa “monumentale” opera di controllo e verifica, che ha carattere di obbligatorietà, si affianca il crescente numero di allevamenti che aderisce volontariamente a programmi che puntano al raggiungimento di punte di eccellenza sul fronte della sicurezza e della qualità. È il caso di Classyfarm, iniziativa voluta dal ministero della Salute per elevare il livello di sicurezza degli alimenti di origine animale. Obiettivi chiave sono la biosicurezza e l’ottimizzazione dei parametri sanitari e produttivi degli allevamenti, senza dimenticare il capitolo del benessere animale.

A questo proposito va ricordata l’iniziativa “Sistema qualità nazionale benessere animale”, a guida del dicastero agricolo, che certifica le aziende agricole e i loro prodotti quando ottenuti seguendo criteri superiori a quelli obbligatori per legge. Certificazione che fa il paio con un altro progetto, già operativo, che con la definizione di “Sistema qualità nazionale zootecnia” certifica un prodotto di qualità significativamente superiore rispetto a quelle richieste, in particolare nei confronti dell’ambiente. Sarà l’indicazione “prodotto da allevamento sostenibile” che si troverà in etichetta a marcare la differenza con le produzioni “standard”. Che in ogni caso continueranno a garantire indiscutibili condizioni di sicurezza e sostenibilità.

In occasione della Giornata mondiale della sicurezza alimentare, ci sembrava importante ribadire questi concetti, purtroppo sconosciuti ai più. Per raggiungere questi livelli ed implementare le migliaia di controlli attuati ogni giorno nelle stalle italiane, le tecnologie digitali svolgono un ruolo sempre più importante. Come abbiamo spiegato in passato, infatti, la diffusione del digitale e in generale delle più avanzate tecnologie nelle aziende zootecniche italiane porta a molte opportunità di miglioramento, che vanno dal benessere animale a una maggiore efficienza nei processi decisionali, passando per la sostenibilità ambientale, economica e sociale.

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