Travel blogger: una walled experience tra felicità e sfruttamento

Avete notato che molte località italiane di villeggiatura estiva hanno cominciato già da qualche settimana la loro promozione in stile 2.0 coinvolgendo blogger, soprattutto travel blogger, in blog tour e residenze? Alcune hanno preferito concentrarsi sulla tipicità altre su affiatati blog-gruppi italiani, altre ancora hanno ideato progetti ad hoc, come il BlogVille-EmiliaRomagna organizzato dall’APT che metterà a disposizione di 46 blogger stranieri due appartamenti (a Bologna e Rimini) per due mesi.

L’idea, come ci sintetizza Rudy Bandiera, ospite di uno di questi eventi è:

Mettiamo insieme decine di blogger nello stesso posto, mischiamo il loro egocentrismo con buona compagnia, molto vino e buon cibo ed otterremo un effetto deflagrante sui nuovi media.
 Io sto scrivendo questo articolo che entro domani sarà stato letto da centinaia di persone e tra un mese da migliaia: allo stesso modo la promozione avverrà su Twitter e tutti gli altri canali di comunicazione e come sto facendo io lo stanno facendo in altri 40, circa.

Uno stile decisamente autopromozionale, ma spiega bene lo spirito con cui operatori e blogger interagiscono.

Chi promuove chi in operazioni di questo tipo è il dubbio che mi resta sempre. E anche come sia possibile calcolare qualche tipo di redemption rispetto agli investimenti promozionali. E mi stupisce anche che invitare un gruppo di blogger per un soggiorno sia oggi ancora notiziabile e ne vengano fatti comunicati stampa.

Eppure la realtà dei travel blogger (e di blogger che all’occorrenza possono farsi viaggiatori) così come di blog tour per la promozione turistica è in continua crescita anche in Italia. E non si tratta solo e tanto, sul lato degli operatori – e dei loro consulenti alla comunicazione –, di bisogno di innovazione o di ampliare il media mix del marketing turistico o, sul lato dei blogger, di fare passare l’avere un blog come un mestiere. La complessità di questo rapporto lo troviamo se passiamo dall’ottica dei vantaggi reciproci tra operatori e blogger spesso mal banalizzata nel “tu mi regali una vacanza e io parlo (solitamente bene) di te” ad uno sguardo che colga le dinamiche di sfruttamento e alienazione.

Le spiega bene Giuseppe Trisciuoglio, blogger viaggiatore, nel post in cui dice addio ai blog tour spiegando come siano “solo un modo per ricavare pubblicità a costi bassissimi” e che finiscano per essere dei veri tour de force. Nessun rimborso spese per centinaia di kilometri di viaggio – quando poi non scoprite che alcuni blogger hanno un compenso e altri no che definisce differenze di classe– e fine settimana embedded in una serie di incontri con assessori e sindaci, mini assaggi e pedalate, arrampicate e visita delle cantine locali: tutte! Basta guardare qualche programma online e ve ne renderete conto di persona. A questo va aggiunta la proliferazione delle iniziative in una quantità tale che “ci sono più blogtour che blogger”. Per non parlare poi dei continui concorsi-contest in cui i travel blogger devono sfidarsi a colpi di “votatemi” per assicurarsi la possibilità di essere scelti.

Felici e sfruttati, potremmo dire, per riassumere una condizione in cui il capitale ha ben interiorizzato i linguaggi del digitale e il senso di cosa sia di valore che si produce in quei territori. Essere in un blog tour equivale ad aumentare la propria reputazione online nei confronti dei propri pubblici e dei friend di feed, ad esempio. Il resto è narrazione di un’esperienza coatta che riduce il senso del viaggiare a “fare delle esperienze” progettate affinché siano raccontate. Da una parte quindi sfruttamento del lavoro creativo di comunicazione a fronte della gratuità dell’ospitalità, dall’altra alienazione dall’esperienza di vacanza come momento autonomo di loisir.

Le parole di Trisciuoglio a questo proposito sono fulminanti:

Voglio una vita normale. Voglio decidere io dove andare in vacanza e non un tour operator. Voglio essere libero di decidere cosa vedere e cosa provare durante un viaggio.

L’etica del viaggiatore passa dalla condivisione della sua esperienza di viaggio e dalla narrazione del suo vissuto; quella del travel blogger si misura nella distanza che riesce a tenere scrivendo destreggiandosi a spiegare perché quanto sta dicendo non dipende dal fatto che è stato ospitato gratuitamente. Un equilibrio spesso difficile.

E qui sta forse il nodo della questione, il fatto che l’incontro di un’esperienza di viaggio funzionale alla promozione di un luogo non stia tanto nel leggere i contenuti postati dal blogger-testimonial voluto dal territorio come suo promoter, ma che i processi più stabili e duraturi nel creare influenza siano quelli dei viaggiatori che, in un’epoca di stati di connessione online, attribuiscono valore alla loro esperienza sempre di più come condivisione con le reti sociali, cioè come sharing e conversazioni. Basta che guardiate le vostre timeline di Twitter e Facebook nei periodi di preparazione e durante le vacanze per vedere comparire moltissimi contenuti narrativi scritti e visivi che mettono in narrazione i luoghi in cui i friend passano le loro giornate, connotandoli con il senso che l’esperienza vissuta, con tutta la sua carica emotiva, può dare. Mentre, in fondo, il travel blogger crea una re-intermediazione nei processi di comunicazione dell’esperienza dei luoghi a partire molto spesso da una walled experience.

Vale quindi la pena immaginare come anche per gli operatori diventerà sempre più cruciale porre attenzione all’ascolto di chi mette in narrazione i luoghi e le esperienze nei loro territori attivando conversazioni piuttosto che stimolare monologhi postati.

Sono allora d’accordo con Gianluca Diegoli che nel futuro una delle attività degli operatori del turismo sarà quella di content curation di questi flussi dispersi che vengono costruiti nei diversi siti di social network da parte di viaggiatori e turisti. Esiste già una ricchezza di commenti spontanei, di racconti di viaggio, di esperienze vissute nei luoghi che vengono condivise nelle reti di relazioni sociali online senza bisogno che ne vengano prodotte di coatte con i professionisti (amatoriali) del blogging. L’abilità di costruire un meta racconto di un luogo a partire dalla selezione e cura di questi contenuti rappresenta una sfida che vedremo probabilmente presto percorrere. Ma ancora di più gli operatori stimoleranno la produzione di contenuti sviluppando sempre più conversazioni con i propri clienti sfruttando i social network non solo per promuovere i propri servizi ma anche per interagire durante la vacanza. Banalizzo ma immaginate annunciare sulla pagina Facebook un buffet della sera o un cocktail party e magari giocare tra luoghi e esperienze con Fousquare, geolocalizzando il mood della vacanza.

Ma questo, magari, lo vedremo lungo l’estate che ci attende.

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27 COMMENTS

  1. sono d’accordo su tutto, e alcuni punti li condivido come pensiero. che credibilità può avere un post, condito da messaggi sui vari SN, partendo dal presupposto che una azienda ha, come minimo, offerto un soggiorno gratis. e basta fare un veloce giro per scoprire che nel meccanismo del “concorsi-contest in cui i travel blogger devono sfidarsi a colpi di “votatemi” per assicurarsi la possibilità di essere scelti” vincono sempre gli stessi nomi. Come non credere che servano anche quelli solo per pubblicità? le aziende dovrebbero investire in servizi, e capire che la credibilità sui web passa per altri canali. almeno per chi ha capacità logiche.

  2. Ciao Giovanni,
    a me sembra un “tantino” esagerato il tuo blog post. Io ho partecipato ad un evento di blogger e ti assicuro che non mi sono sentita sfruttata..anzi, è stato un momento ricchissimo dove ho potuto confrontarmi con persone che fanno il mio stesso lavoro, la gente del paese è stata adorabile e NESSUNO mi ha chiesto di scrivere qualcosa a proposito, ma mi sono sentita io di farlo, piena d’entusiasmo x l’esperienza. Sai chi viene sfruttato al giorno d’oggi? Chi lavora 10 ore in grande catene d’abbigliamento, chi fa stage e non viene pagato, chi ha contratti a progetto da una vita..ma per favore, non facciamo passare una gita di blogger per un invio ai lavori forzati, vorrebbe dire davvero avere poca cognizione di causa di che cos’è il lavoro forzato. Un saluto, Laura

    • Ciao Laura,
      ovviamente ogni esperienza è a sé ma mi sembrava di cogliere nel circuito dei travel blogger un malumore che ho sintetizzato attraverso la visione di uno di loro e un mutamento della comunicazione turistica e territoriale che richiede un ripensamento sui blog tour, solo questo.

  3. @Laura se lo sfruttato si sentisse tale non potrebbe essere felice… e non potrebbe chiedere (con convinzione) di continuare ad esserlo. Il trucco è tutto qui.

  4. Sono pienamente d’accordo con Laura. Parlare di sfruttamento è decisamente eccessivo e fuori luogo.
    Detto questo penso che ognuno di noi ha o dovrebbe avere bene a mente quali siano le dinamiche della rete, senza il bisogno di addentrarsi in voli pindarici o tecniche da arrampicatore di specchi unti.

    Come si può giudicare perdente un’esperienza che ha raggiunto l’obiettivo ed è stata indiscutibilmente un successo?
    Un accademico, a questo punto, valuterebbe i numeri che hanno portato ad un risultato, non trasformare il risultato in funzione di un preconcetto o di un interesse.

  5. A me dà fastidio quando mi dicono “cita questo, linka questo” e per ripicca non lo faccio.

    Quando vengo invitata a blogtrip seri, organizzati da persone serie, provo le cose che mi propongono e ne parlo con sincerità. Parlo delle cose che mi sono piaciute e anche di quelle che non mi sono piaciute. O quelle che non mi sono piaciute le tralascio perchè tanto non mi hanno colpito e me ne dimentico…

    E’ vero che in genere funziona tutto, quindi il feedback generale sarà positivo (anche se ci sono anche casi di mala gestione, come quello di Carrara…) però torno a ripetere: se un blogger è onesto è onesto sia quando viene invitato, sia quando fa un viaggio per conto suo.

    Tutto il resto l’ho detto nel post che linko qui, associato al mio nome.

    Grazie a tutti per la discussione 🙂

  6. Ciao Giovanni,
    avendo recentemente partecipato ad una di queste iniziative, mi trovo anch’io d’accordo con Laura e Luca.

    Se possono essere validi i presupposti da cui parte il tuo ragionamento, assolutizzare e generalizzare non porta mai ad un giudizio equilibrato e pertinente. Credo che ci siano iniziative ed iniziative e quindi analisi e giudizi vadano contestualizzati.

    Nel mio caso posso dire che l’evento è stato un successo: per chi l’ha organizzato che ha raggiunto il proprio obiettivo di “visibilità” e per me che ho partecipato avendo l’occasione di conoscere un luogo che non conoscevo (senza tour de force né alcuna pressione per pubblicare alcunché) e di passare due giorni con amici che solitamente “incontro” solo online.

    Parlare di sfruttamento e alienazione è davvero eccessivo e, sinceramente, quasi offensivo nei confronti dei blogger invitati che non cerdo siano (me compreso) tanto sprovveduti da essere ottusamente felici di essere sfruttati senza rendersene conto.

    Altro è il discorso della content curation dei flussi spontanei sui social, una direzione sicuramente interessante e auspicabile. Ma anche in questo caso, quanto siano poi “spontanei” e autentici quei flussi è tutto da vedere (tripadvisor & C. insegnano a dubitare).

    Buon week-end

    • Ciao Enrico, il mio non credo sia un attacco generalizzato ai travel blogger (non considerandolo io un mestiere, come spiego) ma ai blog tour come genere promozionale: la critica è quindi più sul lato del format. Sui ritorni in termini di visibilità credo sia interessante vedere le metriche usate: articoli di giornale? Post? Se sono riusciti a fare TT di una località.? Aumento del turismo correlato al blog tour? Parliamone

  7. Premesso che per me il mio blog è solo un hobby, vi porto la mia esperienza personale, frutto di partecipazione a blog tour e di viaggi stampa (unico blogger partecipante insieme a giornalisti).

    Alcuni blog tour assomigliano molto ai viaggi stampa, ovvero ci sono ritmi tranquilli, possibilità di visitare anche da soli le località e c’è un’assistenza completa da parte di chi gli organizza.

    Ci sono però anche dei blog tour organizzati male, dove devi correre dalla mattina alla sera.

    Essendo online dal 2008 ricevo molte proposte di partecipazione a blog tour e accetto solo quelle che sono organizzate bene ed hanno un programma dettagliato e che coincide con quello che cerco io in un viaggio, altrimenti, gentilmente declino l’invito.

    Capisco però anche chi è un travel blogger da qualche mese che accetta qualunque blog tour pur di viaggiare gratis (però non capisco le motivazioni che spingono chi organizza ad invitare chi ha un blog da pochi mesi.)

    Personalmente considero un blog tour non solo un momento dove fare tweet o link ma anche un momento di confronto sincero con gli organizzatori e con i gestori delle strutture che mi ospitano al fine di offrire un servizio sempre migliore ai loro ospiti.

    • Mi sembra che esista ormai una modalità etica acquisita e diffusa e, come dici, oggi troviamo però un po’ di tutto sue due lati (organizzazione/blogger): il problema non sarà l’esaurimento del format?

  8. Tutto quello scritto è sacrosanto e ragionevole. giuro. Ma c’è un dato che ometti, ovvero la credibilità.
    I blogger o tutti quelli che con i social media ci lavorano, campano della loro credibilità, campano di quello che viene definito personal branding.
    Se io fossi stato male a Cesenatico, fossi stato trattato male o non mi fossi divertito, credi che avrei preferito sputtanare la mia credibilità dicendo che comunque sono stato bene oppure che avrei detto che sono stato male (ovvero la verità) mantenendo intatto il mio personal branding?
    Io ti assicuro che lo fatto che paghino tutto non cambia come sei stato in un posto e siccome della credibilità viviamo tutti, non vedo il perchè doverla perdere per “difendere” qualcuno.

    Sono stato bene, l’ho scritto. Fossi stato male, l’avrei scritto.

  9. Non voglio essere ripetitivo su ciò che hanno scritto Rudy, Luca e Enrico prima di me, che condivido appieno. Sono sempre stato un tipo serio, onesto e assolutamente ‘non mi vendo’: se mi fossi trovato male anche un solo minuto, l’avrei segnalato nelle mie recensioni, tweet, messaggi e qualunque altra attività.

  10. Inclito Professore,
    credo che in questo post lei abbia preso degli autentici abbagli e commesso qualche leggerezza interpretativa, forse lei è caduto come tanti in una errata interpretazione del post del Signor Triscuglio. Ritengo anche che non abbia piena coscienza del rapporto che esiste tra i blogger del Pisa Blog Tour e gli organizzatori, ché se lo conoscesse non avrebbe inserito nel suo post il logo dell’evento. La invito a partecipare al Pisa Blog Tour così da poterlo criticare in tutti i suoi errori in un post post. Ne faremo sicuramente tesoro. P.S. il rimborso non è previsto, anzi le chiediamo un contributo economico per l’evento benefico previsto dal programma che spero, lei prima di inserire il logo, abbia attentamente letto e valutato. Devo ammeterlo, avevo più stima di lei prima di questo pot. Buon lavoro… l’aspetto a Pisa. E anche all’Isola d’Elba come ho scritto su Facebook.

  11. Io sono della convinzione che un travel blogger debba essere tale per passione.
    Se viene invitato in viaggi organizzati da tour operator, secondo me è già limitato alle regole che chi ha organizzato il viaggio ha posto.

    Poi ci saranno sicuramente blog tour organizzati bene ed altri organizzati malissimo. Ma rimango comunque dell’idea che chi viaggia per passione in luoghi scelti da lui, è più vero nel suo racconto rispetto a chi, invece, partecipa a blog tuor organizzati da altri.

    Non sono una travel blogger, ma il mio pensiero è questo. 🙂

  12. Non entro nel merito dell’aspetto etico, che lascio al giudizio partecipato di singolo e collettività, come avviene di solito.
    Preferisco invece soffermarmi sugli aspetti che oggi e domani possono creare valore attraverso le esperienze condivise sui s/n, come appunto lo storytelling, la trasparenza e la content curation, come nelle riflessioni che facevo anch’io in questi giorni. http://www.myweb20.it/2012/06/perche-il-problema-di-tripadvisor-non-sono-le-recensioni/

  13. Da Travel blogger posso dire che è giusto trovare una sorta di equilibrio tra domanda e offerta.
    Essere coinvolti in momenti di promozione è sempre una gran cosa e il “peso” del risultato di queste iniziative sta molto nella mente e nelle mani di chi poi scriverà.
    Ogni avvenimento che viviamo dovrebbe essere un’esperienza da raccontare.
    Sta a noi poi capirne la prospettiva.
    Davanti a me, pensando a blog tour o cose simili, vedo opportunità e non sfruttamento.

  14. Guardate che non c’è bisogno di una difesa di “classe” dei travel blogger, né si accusa un evento particolare di qualcosa. Dico solo che 1. forse gli operatori dovrebbero impegnarsi nella curati in delle esperienze e non solo crearne per le PR, 2. il post citato parla di un disagio da blog tour che mette in luce alienazione da esperienza di viaggio.

    Tutti i distinguo e racconti personali sono i benvenuti. Ammetterete però anche che, come sempre, da alcuni post auto celebrativi un po’ la reputazione viene messa in gioco.

  15. Inutile ribadire quando detto sopra da “colleghi” (magari) più credibili ed importanti di me.
    Mi piace precisare una piccola cosetta per chi ha partecipato ad un blogtour di recente ma li osserva da un po’ di tempo.

    È vero che andrebbero organizzati bene, che piacerebbe a tutti essere pagati per farlo, ma se tu mi paghi io devo garantirti risultati. E questi risultati cosa sarebbero? 2/3 post? Condivisione ai follower di Twitter? E per quanto tempo? Solo la durata del blogtour? Vorrei capire.

    Chi si lamenta dell’essere sfruttato è perché vuole esserlo e programma tutto il suo tempo libero in funzione dei blogtour. Ogni tanto si potrebbe usare il sempre-valido “no grazie, questa volta no”. Anche perché osservo che in tanti blogtour partecipano sempre gli stessi blogger che, seppure bravissimi, validissimi e simpaticissimi (per davvero, li conosco!) hanno sempre lo stesso audience nei loro blog e profili social. Cambiare è bello e non c’è da aver paura qualche volta a dire di no e lasciare spazio ad altri.

  16. gentile professore lieto di conoscerla e grazie per aver dato un pò di “visibilità” al logo di pisa blog tour a proposito le piace ? Ci ho lavorato molto di notte dopo il mio lavoro da albergatore che svolgo con passione da almeno 20 anni.
    Voglio avere la piccola presunzione di aver organizzato, con l’aiuto di molti “AMICI” ledizione scorsa #pisablog11 e credo di aver fatto ancora meglio con la prossima edizione (Modesto eh ? 🙂 )
    Non ho mai pensato di sfruttare nessuno ma ho sempre chiesto per gentilezza se i singoli blogger avrebbero avuto il piacere di partecipare a questa iniiziativa, che le preciso non gode di nessun contributo pubblico, ma nasce solo dalla volontà di formazione in ambito Social media ( Vedi formazione EBTT) e da un carattere ( il mio) molto SOCIAL posso assicurarglielo.
    I partecipanti dello scorso anno potranno testimoniare se ho chiesto una sola volta di scrivere qualcosa di particolare…MAI successo, concordo invece sull’evento stremante siamo stati a tavola ad ogni momento a mangiare bere e ridere…tanto che qualcuno ha ribattezzato l’evento Pisa food tour ! Ribadisco il mio intento, cioè invitare amici vecchi e nuovi e organizzare per kloro visite speciali nella mia terra; cme dicevo faccio l’albergatore e crednedo nei nuovi media ne sono appassionato e provo a sfruttarli ma senza mai costringere nessuno non avrebbe senso…
    Come detto da Roby, mi farebbe piacere se volesse venire a Pisa in occasione del tour cosi poi magari scrive un post con un feedback sull’evento. Credo che la sfida di legare il blog tour ad un evento benefico sia una delle prime se non la prima e dato che adoro le sfide…beh non vorrei fare figure anche perchè il progetto che andiamo a finanziare è meritevole di tutto ciò; conosce la stella maris ? dia un’occhiata su internet per vedere che tipo di lavoro fanno tutti i giorni per i bambini gravemente malati! per me PISA è anche questa e non ci vedo assolutamente niente di male nell’informare i blogger/amici di tutto questo, se poi riterranno opportuno parlarne nei loro blog bene altrimenti non succede niente amici come prima e con qualche bel ricordo in più dei giorni trascorsi a Pisa tra arte, cultura, mare, benessere enogastronimia e “Sociale”
    Saluto cordialmente . Andrea

  17. Gentile Andrea, mi sfugge la sua autodifesa del blog tour di Pisa di cui nel post non si parla. È stato usato solo come esempio visivo di logo di blog tour, come le altre immagini. Mi spiace se ha avuto la sensazione che se ne parlasse male perché non mi sono espresso né su quello né su altri. Parlo solo dell’esperienza vista da dentro di chi ne fa molti e di come gli operatori gestiranno nel futuro probabilmente una curati in diversa.

  18. Solo una postilla. Per quanti lamentano l’uso di termini forti quali sfruttamento, consiglio di leggere il libro “Felici e sfruttati” di Formenti ( ed. Egea).

  19. Mi sembra che si dimentichi qualcosa di importante: il lettore non è così stupido.
    I travel blogger, a differenza di altri blogger, quando si trovano all’interno di iniziative pagate da associazioni, città e via dicendo, lo dichiarano apertamente.
    Non “inseriscono il prodotto nella ricetta” o “il rossetto nel video” senza affermare che sono sponsorizzati, come fanno alcuni (alcuni, eh, non tutti) foodblogger o make up blogger (che le categorie non si offendano, sono le prime che mi sono venute in mente).
    Nel caso dei travel blogger o di chi viene invitato a iniziative travel, la prima cosa che di solito si fa è dire da chi è stato organizzato (e quindi pagato) che equivale quasi affermare che si tratta di un post sponsorizzato.
    Perché quasi?
    Perché potevano comprare un post sponsorizzato e non l’hanno fatto, hanno invece scelto di coinvolgere gli influencer del sistema in un’esperienza di consumo, in modo da poter fare da vera testimonianza e non una semplice “marchetta”.
    Decisamente un passo avanti dal marketing tradizionale.
    Il sistema comincia ad essere un po’ saturo? Certo.
    Ma anche la pubblicità in tv e i banner sui siti web.
    L’unica pecca di Cesenatico Bella Vita è che la scelta dei blogger poteva essere un po’ più variegata: chi seguiva tutti i blogger presenti si è ritrovato una timeline intasata da foto di cibo e di spiagge (E che invidia! Dopo questa affermazione Rudy ed Enrico mi leveranno il saluto).

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