OFCOM: i pirati digitali spendono di più in consumi culturali

Il rapporto tra pirateria, copyright e industrie digitali è più complesso di quanto appare e stavolta ad affermarlo è una fonte autorevole come OFCOM, l’autorità indipendente per le comunicazioni del Regno Unito. L’OFCOM riscontra in modo inequivocabile che l’utilizzo di sistemi di download illegali non riduce la spesa in contenuti legali dei singoli utenti. Questo ovviamente non vuol dire che la pirateria non danneggi economicamente le industrie culturali, ma getta una nuova luce sul fenomeno.

La pirateria è, in ogni caso, molto diffusa nel paese; circa un cittadino digitale su sei ha utilizzato sistemi illegali (16% almeno un contenuto), ma solo un quarto di questi ha dichiarato di consumare soltanto contenuti digitali illegali. Ciò significa che circa il 12% della popolazione Internet del Regno Unito è un ‘ibrido’, ovvero reperisce contenuti in rete sia legalmente sia tramite sistemi di file-sharing.

Proprio questo gruppo di consumatori risulta essere quello che spende di più in consumi culturali, addirittura circa 3 volte di più di chi non utilizza nessun sistema illegale.

Il report considera la spesa in un ampio ventaglio di consumi culturali e canali (film, TV, musica, box-office ticket, concerti, DVD, CD, merchandise, etc.), nell’arco di tre mesi, riscontrando che il gruppo degli ‘hybrid pirate’ è quello che spende di più in tutte le tipologie di contenuti, con differenze davevro elevate rispetto a chi non utilizza sistemi illegali. I pirati puri, quelli che non acquistano contenuti digitali, risultano essere un  gruppo molto ridotto (4% della popolazione) e che spende complessivamente di meno.

Il report offre, inoltre, almeno altri due importanti spunti di discussione. L’OFCOM riscontra che chi utilizza sistemi illegali è, almeno potenzialmente, disposto a pagare di più per i contenuti legali. Gli hybrid pirate ritengono, ad esempio, che una singola traccia musicale valga 76 penny e il download di un film 4.92 sterline; contro i 72 penny e le 3.74 sterline di chi utilizza solo i sistemi legali.

L’aspetto più interessante dello studio riguarda, però, la conferma delle motivazioni alla base del download illegale e i fattori che potrebbero favorirne un minore utilizzo. Tra le motivazioni d’uso ovviamente troviamo la gratuità (54%) e la convenienza (48%), ma è elevato l’utilizzo dovuto alla rapidità dei sistemi illegali (44%) e alla possibilità di provare i contenuti prima di acquistarli (26%). I fattori che potrebbero favorire il non ulteriore utilizzo dei sistemi pirati risultano essere: sistemi legali più economici (39%), la disponibilità legale di tutti i contenuti desiderati (32%), e informazioni più chiare su cosa sia legale e cosa no (26%). Il 44% degli intervistati ha, infatti, dichiarato di non essere “particolarmente sicuro” o “per niente sicuro” di quali siano i contenuti legali e non.

I dati complessivamente invitano a ripensare le strategie di contrasto alla pirateria, senza negare i potenziali danni economici della pratica. Quanto avrebbero speso i pirati puri se non fossero esistiti i contenuti illegali? Gli hybrid pirate avrebbero speso ugualmente, oppure più o di meno?

Nonostante ciò la spesa maggiore degli hybrid pirate, e l’utilizzo dei sistemi illegali per provare i prodotti prima di acquistarli, suggeriscono una forte integrazione dei vari canali, legali e non, e una sostanziale funzione di marketing dei contenuti piratati. Mentre le motivazioni di utilizzo e non ulteriore utilizzo più citate suggeriscono la centralità dell’adeguamento dei prezzi dei contenuti al nuovo contesto, e del miglioramento dei servizi di distribuzione legale. La rapidità, citata come motivazione di utilizzo per i sistemi illegali, e una maggiore completezza del catalogo, come fattore in grado di limitarne l’uso, sembrano infatti indicare una maggiore efficacia e completezza dei sistemi pirati rispetto a quelli legali.

La poca sicurezza rispetto ai confini tra legale ed illegale suggerisce, poi, che l’approccio urlato adottato per contrastare la pirateria forse dovrebbe lasciare un po’ di spazio ad uno maggiormente informativo. E contemporaneamente illustra una realtà in cui la diffusione dei contenuti illegali è tale da essere difficilmente separabile dalla realtà ‘normale’ della rete e da dover essere integrata nelle strategie stese di distribuzione legale.

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