Valutando ex-post lo strumento di revisione della spesa utilizzato recentemente dal Governo Monti per tenere sotto controllo il debito pubblico italiano, si può affermare che esso non ha portato modifiche sostanziali qualitative alle modalità di spesa dello Stato, ma ha piuttosto portato variazioni quantitative su determinate voci di spesa. Noterete senza difficoltà, leggendo il testo del D.L. n. 95/2012 “Spending Review”, che la maggioranza degli articoli sanciscono una “riduzione della spesa”, mentre una ragguardevole eccezione è l’articolo 6 che intitola: “Rafforzamento della funzione statistica e del monitoraggio dei conti pubblici”. Lo scopo dell’articolo 6 è quello di consolidare il controllo del Governo sui conti della PA, in ottica di una pianificazione finanziaria (centralizzata) più efficiente.
Da questo punto di vista sembra che lo Stato Italiano abbia problemi di “governance” sulla spesa e che questi corra ai ripari inasprendo i controlli (e quindi la burocrazia) e normando ancora più dettagliatamente le singole voci. D’altro canto questo strumento legislativo avrà sicuramente impatti sui servizi erogati ai cittadini, nonostante quanto “debitamente” dichiarato nel titolo del decreto: “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”.
La Spending Review così formulata, per quanto necessaria, sembra altresì ben poco legata ai concetti di efficienza nella spesa e allineamento strategico degli investimenti sul lungo termine. Che cosa manca agli attuali strumenti legislativi per essere veramente efficaci nel contenimento dei costi a parità di servizi erogati? Pur non avendo risposte certe su un argomento di tale complessità, formulo due proposte per il prossimo governo, basandomi sulla mia esperienza nel settore privato. La prima è fornire gli strumenti al Presidente del Consiglio per migliorare la sua governance sulla spesa dei Ministeri e delle Regioni, mentre la seconda è provvedere a una maggiore trasparenza sulla spesa (con dati di qualità) non solo all’interno della PA, ma verso i principali “stakeholders”: i cittadini italiani.
In primis analizziamo il problema di governance. Purtroppo non esiste nella nostra legislazione un ente a supporto della politica del Presidente del Consiglio con il compito di aiutarlo nella pianificazione strategica degli investimenti pubblici, come invece avviene negli Stati Uniti d’America. Nell’ordinamento americano questo compito è assolto da un ufficio governativo dedicato: il Management and Budget Office (OMB), che fa capo all’Executive Office of the President (EOP). Il compito dell’OMB è principalmente quello di supportare il Presidente degli Stati Uniti nella stesura del budget annuale e nella verifica dell’efficacia dei programmi, politiche e procedure delle agenzie federali e il loro allineamento strategico con la sua visione politica.
Per il prossimo anno fiscale (FY2013) ad esempio, l’OMB ha proposto tagli agli investimenti federali per circa 8,504 milioni di dollari, dettagliati per singoli programmi delle diverse agenzie e raccolti in un documento chiamato “FY2013. Cuts, Consolidations, and Savings. Budget of the U.S. Government”.
E per quanto riguarda le “best practices” in termini di trasparenza della spesa pubblica? Oltre ad analizzare i dati di spesa (attuali e non a fini statistici), l’OMB ha avuto mandato, all’insediamento del Presidente Barack Obama, di coordinare nell’ambito dell’Open Government Directive, la pubblicazione dei dati di spesa delle agenzie federali americane in due siti pubblici: USASpending.gov e ITDashboard.gov. Quest’ultimo è stato lanciato da Vivek Kundra, nominato Chief Information Officer del governo federale americano (CIO, proprio quello che servirebbe per attuare l’Agenda Digitale Italiana). Il risparmio da questi ottenuto, ottimizzando il portfolio degli investimenti IT, è stato di circa 3 bilioni di dollari annuali su un totale gestito di 80 bilioni di dollari di investimenti, tagliando “rami secchi”, obsoleti o ad alto rischio. Kundra ha inoltre inaugurato il primo portale di dati aperti governativi, Data.gov, precursore anche del nostro portale, Dati.gov.it.
In effetti il Governo Monti si è prodigato sul tema trasparenza facendo i primi passi verso l’Open Government “Made in Italy”: ad esempio, grazie al Decreto Sviluppo 2012 Art.18 “Amministrazione Aperta”, la pubblicazione su internet delle fatture quietanziate a soggetti privati o società, è obbligatoria per tutti gli Enti Pubblici a partire da Gennaio 2013. Quello che però manca nell’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri è un ministero che sia garante della qualità dei dati di spesa, coordinando centralmente il lavoro di produzione dei dati degli Enti Pubblici con precise linee guida. Il neonato ministero dovrebbe inoltre avere un forte “mandato” perché ottenga trasparenza trasversalmente su tutti i ministeri e regioni. Nel caso non si volesse o potesse creare un ministero dedicato, la neonata Agenzia per l’Agenda Digitale potrebbe prendersi carico delle medesime attività. Luca Cordero di Montezemolo nel suo intervento del 17 Novembre alla convention “Verso la Terza Repubblica”, ha indicato la necessità di creare una “Agenzia delle Spese” (oggetto di commento del leader della Lega Nord Maroni: “Altra burocrazia e altri costi. Non male come inizio”).
Nel mio intervento ho chiesto la ri-costituzione di un “Ministero per il Bilancio e la Pianificazione Strategica degli Investimenti dello Stato” sul modello dell’OMB americano, la informatizzazione entro il 2016 di almeno l’80% degli appalti pubblici come indicato in “Una strategia per gli appalti elettronici” dalla Commissione Europea e l’abolizione dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture a copertura degli extra costi per un nuovo ministero con portafoglio.
Chiamamo la nuova “agenzia” come vogliamo, ma facciamo pressione sui partiti perché entri nell’agenda del prossimo governo e perché sia poi “forte” abbastanza da combattere le plausibili resistenze conservatrici (come quella di Maroni), retaggio della Seconda Repubblica e rovina della nostra amata Italia.
I bilanci di accountability o orientati servono a questo. Ad esempio, un tipo di bilancio orientato è il “Bilancio di genere” (gender budgeting) che “consiste nell’adottare una valutazione d’impatto sul genere delle politiche di bilancio, integrando la prospettiva di genere a tutti i livelli delle procedure di bilancio e ristrutturando le entrate e le uscite al fine di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne”. Analoghi scopi di comunicazione pubblica dei dati economico finanziari + informazioni sugli interventi realizzati sono richiesti per altri tipi di bilanci di acccountability: sociale, ambientale, ecc.. Lo Stato italiano deve renderli obbligatori per ogni ente pubblico. Sono uno strumento di pianificazione economia e di civic engagement.