Poland Spring e i fiori che non colse

Quanto vale il “carpe diem” sui social media? Moltissimo, almeno a giudicare quello che è successo soltanto pochissimi giorni fa a Poland Spring, una delle marche di acqua minerale più famose degli Stati Uniti.

Tutto comincia il 13 febbraio, quando Marco Rubio, senatore repubblicano della Florida, risponde in diretta tv al discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato il giorno prima da Barack Obama. Davanti alla telecamera l’emozione del senatore Rubio è palpabile. Nel bel mezzo di una frase, con la salivazione azzerata, Rubio non può resistere dall’agguantare una bottiglietta di acqua e bere in fretta e in furia un sorso. Il tutto dura un paio di secondi: quanto basta per far vedere a tutta l’America che quella bottiglia era proprio di acqua Poland Spring.

Il siparietto di Marco Rubio, carico di involontaria comicità, è diventato subito virale. In Italia ne ha parlato anche il Corriere della Sera, mentre sul web è diventato un meme.

E Poland Spring, che si è trovata con un gigantesco spot del tutto inaspettato? Evidentemente erano andati a letto presto perché la prima reazione arriva soltanto il giorno seguente, con un post su Facebook:

Poland

[Riflettendo sul nostro cameo. Che nottata!]

Benché si tratti di uno status molto simpatico e ben recepito, secondo Sam Laird di Mashable Poland Sping avrebbe comunque agito troppo tardi, perdendo una bella occasione per inserirsi in una conversazione che era già diventata virale e trarre il massimo beneficio da questo improvviso momento di notorietà.

Per fare un paragone con l’Italia, proviamo a pensare a cosa sarebbe successo su Twitter e Facebook se un cantante si fosse messo a bere un sorso di Ferrarelle sul palco di Sanremo durante la propria esibizione canora: un’improvvisa ondata di pubblicità che, però, per essere ben capitalizzata deve essere cavalcata fin dal primo istante, interagendo immediatamente non solo con i propri fan, ma anche con quella parte di pubblico che “passava di lì” per altri motivi.

Come sarebbero andate le cose sulla pagina di Poland Spring se la reazione fosse stata più rapida, purtroppo, non possiamo saperlo. Ma in ogni caso non sarebbe mai potuta andare peggio di quello che, invece, è successo sull’account Twitter di Poland Spring.

Cosa è successo? Assolutamente niente: è questo il punto. Mentre milioni di americani guardavano il senatore Rubio che si scolava una bottiglia di Poland Spring in diretta e centinaia di migliaia di persone commentavano divertiti la cosa su Twitter, in molti hanno avuto l’idea, sensatissima, di dare un’occhiata all’account di Poland Spring per leggere le reazioni del brand ai suoi due secondi di notorietà. E cosa hanno trovato? Questo:

Poland2

Il deserto dei tartari, altro che primavera polacca. L’attività di Poland Spring su Twitter è quantomeno scarsa: l’account è stato aperto nell’estate del 2009, l’ultimo tweet risale al 2010 e nel frattempo sulla pagina ci è cresciuta l’edera. Non è un bello spettacolo per chi arriva, convinto di trovare il social media manager impegnato a fare la ola e invece capita su un account disabitato.

Oltretutto, in moltissimi hanno cominciato a twittare all’indirizzo di Poland Spring, qualcuno ha scattato foto, sono state fatte battute divertenti e ne è nata una conversazione accesissima. Ma ogni cinguettio all’indirizzo di Poland Spring è rimasto desolatamente senza risposta, suggerendo ai propri fan, follower e clienti l’idea che, in fondo, a Poland Spring di interagire con il pubblico via social media non gliene freghi poi un granché.

Non tutti la pensano così: sempre secondo Sam Laird di Mashable, Poland Spring avrà anche perso un’occasione, ma forse non era poi così importante.

Laird argomenta la sua posizione spiegando che Poland Spring, che fa parte del gruppo Nestlé, è un brand leader nel settore delle acque minerali, che le sue bottiglie si trovano nelle case di mezza America e che il successo del brand ha poco a che fare con i social media. Inoltre, l’obiettivo era già stato raggiunto nel momento in cui il senatore Rubio ha agguantato una bottiglia di Poland Spring con gli occhi fuori dalle orbite: il momento di notorietà, continua Laird, sarebbe stato quello, non il conseguente chiacchiericcio su Twitter e Facebook.

Infine, le repliche al discorso sullo Stato dell’Unione non sono il Superbowl, Poland Spring non è Oreo, e non per tutti i brand presenti sui social media valgono le stesse strategie o devono perseguire gli stesso obiettivi. L’analisi di Laird è sicuramente condivisibile ma, allora, se un brand capisce che non ha bisogno di stare su Twitter, perché lasciare aperto un account deserto?

La presenza di un brand su un social media sottintende un qualche tipo di attività costante da parte del brand, sottintende cura e strategia. Un account abbandonato a se stesso da oltre due anni, come un negozio aperto ma senza nessuno dentro, non solo è inutile, ma suggerisce anche l’idea di una social media strategy che segue il principio del “bisogna esserci per forza, anche se non so bene cosa farmene”. No, non bisogna esserci per forza. Ma se dichiari la tua presenza, io vorrei che tu ci fossi veramente.

Lesson Learned: Se ti accorgi che un social media non fa per te, o non riesci a gestirlo, abbandonalo. La politica dello “starci per starci” non solo è inutile ma, quando meno te lo aspetti, può anche metterti in imbarazzo.

 

 

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