Senato Usa: “Apple è una società che elude le tasse”

Apple è riuscita ad evitare il pagamento di miliardi di dollari di tasse negli Stati Uniti e in altri paesi del mondo architettando una struttura grazie alla quale le sue divisioni risultano non residenti in nessun luogo. Secondo quanto riporta la stampa americana, sono queste le conclusioni a cui è giunta la sottocommissione permanente di indagine del Senato americano, che nelle prossime ora discuterà con l’amministratore delegato di Cupertino, Tim Cook, i risultati delle indagini.

Già la settimana scorsa il CEO di Apple aveva dichiarato in modo preventivo che “Apple paga le tasse su tutti i prodotti venduti negli Stati Uniti”. Inoltre, secondo la testimonianza diffusa da Apple, Cook ribadirà alla convocazione al Senato che la società di Cupertino è uno dei maggiori contribuenti americani, avendo pagato in tasse federali sul reddito circa 6 miliardi di dollari nell’esercizio fiscale 2012. Non solo, sembra che il CEO affermerà che la Apple è una storia di successo americana e che Cupertino ha creato o favorito la creazione di almeno 600.000 posti di lavoro negli Stati Uniti.

Apple vede con favore un esame obiettivo delle norme fiscali americane, che non hanno tenuto il passo con l’era digitale e con i rapida cambiamenti dell’economia globale” affermerà Cook alla convocazione prevista per oggi al Senato dei Stati Uniti. I senatori criticano Cupertino per aver sottratto all’Internal Revenue Service (Irs), l’agenzia delle entrate americane, almeno 74 miliardi di dollari fra il 2009 e il 2012. Secondo gli investigatori, Apple ha 102 miliardi di dollari offshore e ha spostato miliardi di dollari di profitti fuori dagli Stati Uniti in diverse filiali, alcune collocate in Irlanda, dove ha negoziato un’aliquota inferiore al 2%. In Irlanda, infatti,le aliquote per le aziende sono al 12% contro il 35% degli Stati Uniti. Alcune delle filiali di Apple non hanno dipendenti e sono gestite da top manager da Cupertino: la normativa irlandese prevede che una società è residente nel paese solo se è gestita e controllata in loco. Ed è per questo – secondo gli investigatori – che Apple è riuscita a risultare “senza stato” e a evitare il pagamento delle tasse. Ma il governo di Dublino si tira sibito fuori dalla vicenda: “Non è una questione che deriva dal sistema fiscale irlandese“, ha detto il vice-premier irlandese Eamon Gilmore. “Sono questioni che nascono dai sistemi fiscali di altre giurisdizioni, spetta prima a loro risolverle“.

Il tutto ha provocato le critiche dei senatori tra cui Carl Levin, secondo cui, ad Apple, non è bastato spostare i profitti verso un paradiso fiscale ma ha cercato il santo Graal dell’elusione fiscale. Si aggiunge alle critiche il senatore John McCain che afferma: “Apple dice di essere uno dei maggiori contribuenti americani ma è anche una società che ha eluso le tasse“.

D’altro lato Cook si difende lanciando un appello in un’intervista al Washington Post, chiedendo al Governo americano una “semplificazione” delle leggi sulla fiscalità delle imprese, oggi troppo penalizzate da tasse troppo elevate e di incoraggiare le imprese made in USA a riportare i propri guadagni in patria e a investire in posti di lavoro, ricerca e sviluppo.

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