Google: Schmidt, appello ai Governi “Internet resti libero”

Erick Schmidt ieri si è confrontato, nell’incontro organizzato a Roma dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, con cinquecento studenti del progetto “Il quotidiano in classe“.  Al centro dell’intervento romano un pacchetto di istruzioni per l’uso su una serie di temi intorno ai quali ruota il business di Google. E sui quali BigG, di fatto, detta legge al pianeta. Dall’affidabilità dei contenuti del web al destino dell’informazione online passando per la privacy, il rapporto dei new media col potere dei governi mondiali.

Oggi l’informazione passa fondamentalmente attraverso i video: “se i governi dovessero regolamentare YouTube sarebbe un disastro – ha detto Erick Schmidt – il mio messaggio alle autorità è: non fate gli stessi passi con la Rete come avete fatto con le televisioni. Internet sta benissimo senza regole. Cina, Pakistan, Turchia, Thailandia vi dicono niente? Pessima soluzione chiudere tutto per pochi video che non piacciono”.

Il numero uno di Google ha spiegato il futuro della rete “nei prossimi cinque anni due o tre miliardi di persone, da paesi poveri e non democratici entreranno in internet. Potranno vedere video e leggere informazioni e questo metterà in difficoltà i loro governi e favorirà la democrazia“.

Parlando del futuro del giornalismo Schmidt, rivolgendo ai giovani in sala, ha detto “la coscienza critica e l’attenzione verso l’informazione sono fattori fondamentali per il mondo, immagino che voi studenti che siete qui siate più avanti rispetto a me. Pensate sempre a quello che fate. Fate sempre verifiche, non usate mai una sola fonte, non credete a tutto quello che vedete e leggete. Questo il principale consiglio che vi do“.

Durante l’evento il chariman di Google ha anche parlato della credibilità delle notizie sul web. “È la somma delle voci che porta alla verità purtroppo ci sono tante persone che sono credulone. Il primo che dice una cosa riesce a controllare le vostre menti ed è per questo che i politici parlano molto. Noi siamo portati a credere alla prima cosa che sentiamo, ma il buon giornalismo è un altro, è quello che verifica. Purtroppo in America c’è la corsa a dare per prima la notizia, ma poi capita che è tutto falso“.

Un accenno anche al Datagate e al tema della privacy. “Noi diamo molta importanza alla riservatezza cerchiamo di collaborare soltanto per il necessario con il governo americano”.

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