“Vuoi essere su Facebook? Paga”. Ma anche no

Prendi il mondo, dividilo a metà, toglici qualcuno ancora disattento: ecco un’idea della massa di persone che, a oggi, vuole il Social Care realtà. Il 45% della popolazione mondiale dalle aziende si aspetta assistenza via Social. Ma solo il 61% si sente “considerato”, sente che le aziende comunichino, diano aiuto nei fatti.
I Brand non ti si filano insomma, non pongono in opera il circolo virtuoso di comunicazione, engagement, Social Caring: non parlano assistendoti e non ti assistono parlandoti. Un Sentiment tanto più pericoloso perché, ad attendersi una risposta niente meno che in un’ora, sarebbero quasi la metà: il 42% dei clienti. E se questa non arriva, scatta la delusione: la tristezza che si fa rabbia e reagisce “parlando male di te”. “Ora lo dico a tutti come mi hai trattato”: e tanti begli studi sull’importanza del Word of Mouth Marketing finiscono nel cestino.

Social careE dire che 2 su 3 dei nostri amici darebbe un bel valore aggiunto a questa “gentile comprensione” di chi è pagato per servirti: tanto gli basterebbe per capire “perché stiamo insieme”, per comprare ancora da te. Per questo 66% la valorizzazione del Social Caring è fattore strategico dominante per dire con fermezza: “Sì, ho fatto bene a sceglierti e ti sceglierò di nuovo“. Assicurando così all’azienda la riuscita in ciò per cui è nata – vendere, far business, guadagnare e vivere, in una ripartenza del ciclo economico che tenga lontano lo spettro della crisi.
Un giudizio negativo sui Social però ti ammazza: ce ne vogliono 12 per compensarlo. Il “nostro uomo all’Avana” lo sa, ormai l’ha imparato.
E le aziende? Lo sanno?
No.
Non tutte, non sempre.
Per loro d’altronde il Social Care non resta che sposarlo: da lì passa il Social Media Marketing a braccetto con l’assistenza al cliente. Comunico assistendo e assisto comunicando: via Social.
Ma “solo” per un’esigenza fattuale? “Solo” perché il mondo ormai è Social e via Social devo assisterti, anche perché tu ormai ti sei stufato, cliente, e mi tocca darti retta coi modi e tempi che dici tu, ché se no ti perdo e muoio?

Questo è decisivo. Ma come appunto ti “assisto comunicando”, così non posso più permettermi di pensare – io Community Manager di belle speranze, pioneristicamente assunto per creare chissà quali rutilanti campagne di fidelizzazione o nuove acquisizioni – che tu mi ascolti, che tu parli con me e con l’azienda che rappresento, se hai un problema e prima non te lo risolvo. Non posso dialogare con te se non ti aiuto. Specie oggi.
Sì. Perché i Social Network sono in continua evoluzione. E proprio di questi giorni è lo scherzetto che il nostro Facebook – prima indiscutibile àncora di salvataggio dei Brand novelli 2.0, dove “non puoi non esserci” – ha giocato a tutti. Gli addetti ai lavori non fanno che parlarne: ma se ne accorgerà presto anche il barista sotto casa, che nulla sa di social ma, tra un caffè e l’altro, ti racconta quanto è fico Instagram, le chat che si fa su Facebook e WhatsApp, e quanto fosse nero l’altro giorno, col treno che ha fatto ritardo di un’ora e lui è rimasto lì, senza notizie al gelo, nonostante le infinite domande postate sulla Pagina Facebook della compagnia.

Ecco. Presto anche il nostro uomo, andando come ogni sera su Fb, troverà sempre più pubblicità. Notizie, sì. Ma delle aziende che pagano Zuckerberg per esserci, e per essere viste. Più dei concorrenti, più degli altri: anzi, proprio a scapito degli altri. Neanche ci farà caso là per là: ma sempre più Facebook gli propinerà quel che pare a lui. Sempre meno aggiornamenti degli amici, foto coi mille tag della pizza tutti insieme l’altra sera, di gattini e cuoricini, di quei video assurdi ma che lo facevano morir dal ridere. O dei post delle aziende seguite: per passione o critica, per esser aggiornato su “quell’offerta esclusiva, solo per il popolo della Rete”. A meno che questi annunci non siano sponsorizzati. Se proprio vuole, che vada a cercarseli da solo gli altri, il nostro uomo. “Tu caro utente“, dice Facebook, “ti sei iscritto per far parte di “un mondo sempre connesso”: ora però ti dico io cosa è meglio che vedi. Tanto lo so che poi mi dai retta”.

Thumb up like button on the keyboard. Toned Image.È cambiato l’algoritmo, si dice in gergo. Addio EdgeRank. Largo a Promoted Post e Sponsored Stories: largo alla pubblicità.
Lo stesso Facebook l’ha confessato: ha avuto pure questa faccia tosta. Ne parleremo presto, in dettaglio. Per capire intanto basta il commento di AdAge: “The main reason to acquire fans isn’t to build a free distribution channel for content; it’s to make future Facebook ads work better”.
Così l’editore di Calcionapoli24.it si è rivolto persino a Tribunale e Antitrust a causa del crollo delle visite al suo portale: “Cambiano l’algoritmo senza avvisarci”, ha lamentato. “Ci vengono imposti investimenti per non vedere crollare i nostri lettori”. E Germano Milite, dal suo YOUng, ha aperto il fuoco «a tutela dei consumatori» contro Facebook e AgCom, invocando l’Antitrust o chiedendo almeno che, se di «Servizio Premium» deve trattarsi, lo sia a tutti gli effetti, con “abbonamenti fissi mensili da pagare per potersi garantire la giusta visibilità” e – guarda caso – “un servizio di assistenza serio”.
L’azienda che “scende in campo Facebook” lavora così anche per Facebook: e, verosimilmente, altrettanto accadrà presto ovunque. Una rivoluzione per molti, per altri la scoperta dell’acqua calda.
Ma i Social – con Internet – sono “servizio pubblico” col dovere di garantire libertà di accesso e fruibilità a tutti, anche “a chi non paga”? O piuttosto “industrie private”, col pieno diritto di dettar loro le regole del gioco? E che fine fa il Social Media Manager, il Community Manager?
“Non basta più esserci ed esserci nel modo migliore possibile”, sintetizza Martina Pennisi sul Corriere: “adesso è ufficiale”.
Chi è chiamato a comunicare, dialogare col network, inventandosi pirotecniche iniziative, deve far i conti anche col mare impetuoso che c’è tra il dire [di offerte e sconti, concorsi, notizie…] e il fare [pubblicità]. Come competere contro milioni di budget? Come declinare la mia creatività per far sì che i miei post siano visti senza perdersi nel “rumore”?

Largo al dibattito. Ma un dubbio s’insinua. E se la exit strategy stesse [anche] nel Social Care? Se la chiave di una più matura creatività, declinata tra management ed expertise, stesse anche in un Social Caring più “vissuto”, dove il cliente-amico sia “Amico” davvero – di quelli “che se alle 4 di mattina resti fermo in Tangenziale vengo io a prenderti”?…
Un sogno, forse. O una realtà molto vicina. Mettila nei To-Do, intanto: potrebbe tornarti utile.

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