E se partissimo dalla domanda?

Scrivo queste righe da un aereo, di ritorno da “GoOnFVG”: quasi dodici ore di full immersion in quella “cosa” meravigliosa uscita dal cranio del mio amico Riccardo Luna e dal coraggio della Presidente Debora Serracchiani. Un dispiegamento imponente di futuro concreto: oltre cento eventi in tutta la Regione, ciascuno caratterizzato dal “si può fare domani, basta volerlo”.
Nessun futuro remoto, nessuna chiacchiera intorno a luci e ombre, nemmeno un “dobbiamo riflettere seriamente sul tema”. Tutto è stato caratterizzato dal “si può fare anche adesso, basta premere il tasto ON e crederci”.
E vedevi le facce delle persone, e capivi che davvero ci siamo sbagliati tutti quanti per anni: abbiamo ingrassato compagnie aeree, hotel, società di catering, organizzatori e moderatori di convegni e fiere pensando che fosse indispensabile dibattere, spremersi meningi, studiare.
Poi, a un certo punto, arriva Riccardo (dalla Luna?) e ci dimostra che le chiacchiere stanno a zero: è tutto clamorosamente più semplice di quanto pensassimo. Perché in realtà, è tutto pronto. Basta premere ON.

tasto onDa ricercatore più o meno “esperto” di amministrazione e sanità digitale, confesso di aver avuto un attimo di panico, quando ormai più di sei mesi fa feci click su una mail mandata a Riccardo. Offrivo gratuitamente a “GoOnItalia” la mia collaborazione e quella di tutta Netics, con l’obiettivo di supportare le attività di misurazione in progress dei risultati delle iniziative messe in campo a partire dal Friuli Venezia Giulia. Facendolo, mi rendevo conto che stavo – a mia volta – premendo un tasto ON, sposando un nuovo modo di veicolare l’innovazione tecnologica.

In qualche modo, mi sembrava di tornare indietro di quattordici anni: quando, facendo parte di una squadra che si accingeva a scrivere il piano regionale di e-government per il Piemonte e a collaborare alla stesura del “Piano Nazionale” dell’allora ministro Stanca, cominciai a farmi venire voglia di “partire dalla domanda”.
Succedeva questo: c’erano un bel po’ di soldi (i fondi UMTS, quasi un migliaio di miliardi delle vecchie lire), c’era un ministro intenzionato a cofinanziare un’azione straordinaria di digitalizzazione della PA, c’era una dovizie di offerta tecnologica disponibile. Cominciavano a spuntare da ogni dove elenchi di “cose da comprare o da sviluppare”, ciascuna amministrazione produceva piani, diagrammi di Gantt, liste della spesa.
Evidentemente condizionato dal mio essere – prima di tutto – un uomo di marketing, vivevo questa situazione con qualche preoccupazione. Tutto mi sembrava clamorosamente autoreferenziale.
Ricordo ancora una cena a Roma: ricordo chi c’era, ricordo chi (Lanfranco Marasso, Gianluca Momoli e Claudio Forghieri) condivideva questa mia preoccupazione.
Decisi quindi di far lavorare un piccolo gruppo di ricercatori ai quali chiesi di andare a tastare il polso della domanda: quei mitici “cittadini e imprese” destinatari dei servizi di e-government che nessuno, prima, aveva mai pensato di ascoltare.
Inutile dire che i risultati di questa ricerca furono utilissimi per capire come orientare l’offerta di servizi online, soprattutto quelli rivolti al mondo delle imprese. Capimmo, soprattutto, la centralità delle azioni di generazione della domanda.

Sto riesumando tutti questi ricordi per chiudere il cerchio con Trieste e con la centralità della domanda.
Perché noi potremo avere o non avere il Digital Champion e tutta la squadra che verrà messa in campo dal Presidente del Consiglio a giugno, ma se non facciamo a livello nazionale quello che “GoOnFVG” ha fatto e continua a fare in Friuli Venezia Giulia non andiamo da nessuna parte.
Centralità domandaÈ sicuramente vero che la PA deve in qualche modo completare la sua transizione digitale dando finalmente attuazione alle fin troppe norme e linee guida, ma è altrettanto vero che in assenza di domanda rischiamo di replicare i troppi errori commessi in passato.
Dobbiamo partire da qui: dalle scuole, dagli anziani, dal far capire all’artigiano del cuoio che forse con l’e-commerce può aprirsi nuovi mercati senza neppure un Euro di investimento, e via di seguito.
GoOn, col suo camper e coi suoi cento eventi in giro per città e paesini, non fa altro che “copiare” quello che negli anni ’50 fecero i venditori di lavatrici quando si misero a battere palmo a palmo tutti gli USA andando di casa in casa a far vedere quanto era meno faticoso lavare a macchina piuttosto che a mano.
E se proprio vogliamo tornare ancora più indietro nel tempo e alzare il livello della similitudine, possiamo parlare del ruolo degli evangelisti prima e dei missionari poi.
Proprio di questo ho parlato lunedì a Trieste, in una bella e interessante tavola rotonda: perché non partiamo da un migliaio di digital evangelist, magari finanziati dal Fondo Sociale Europeo (al posto di farci finanziare l’ennesimo corso di formazione per manicure o per maestri di Zumba)?
Ragazzi da mandare nelle aziende (piccole a piacere) non tanto a “raccontare il digitale” quanto piuttosto a “metterlo in pratica”.
Parallelamente, si riattivano (coi fondi strutturali 2014-20) i voucher e/o i finanziamenti per l’acquisizione di tecnologie digitali (il primo che dice ancora “nuove” tecnologie, lo banno per sempre) e si tenta di fare bingo mettendo insieme le due cose: tecnologia e consapevolezza.
Anche perché, se continuiamo a studiarcela e a raccontarcela tra noi addetti ai lavori, rischiamo di continuare a volare da un capo all’altro dello stivale e a ingozzarci di finger food più o meno ottimo.
Ma non credo che si possano recuperare punti di PIL a botte di miglia e salatini.

Allora: lo schiacciamo, questo benedetto tasto ON?

 

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