Mirella Liuzzi (M5S): l’agenda digitale che vogliamo

Mirella Liuzzi
Mirella Luzzi è Deputato del Movimento 5 Stelle.

L’Agenda digitale italiana soffre di ritardi cronici che mettono a rischio il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall’Europa. E la politica degli ultimi anni è stata chiamata costantemente in causa per sanare una situazione sbilanciata che pone cittadini e imprese in una condizione di svantaggio, in termini di servizi e di competitività, rispetto a molti altri paesi europei.
Questo è il primo di una serie di appuntamenti che vedranno gli attori della politica chiamati in causa sul tema dell’Agenda digitale e, più in generale, sull’innovazione in Italia. Iniziamo con l’Onorevole Mirella Liuzzi, deputata in forza al Movimento 5 Stelle, portavoce dello stesso movimento alla Camera.

Onorevole Liuzzi, prima di approfondire alcuni temi sull’Agenda Digitale ci può dare la sua vision. Come sa il tema ha molte sfaccettature e tocca tecnologie, processi e politica. Cosa è per lei l’Agenda Digitale?

L’agenda Digitale promossa a livello europeo è certamente un monito verso l’innovazione, la cultura digitale, lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la promozione della ricerca e dello sviluppo tecnologico.
Tutte bellissime parole che porterebbero la nostra generazione ad essere più dinamica e propositiva, con una visione del futuro più stimolante. In pratica la società delle reti potrebbe portare un progresso della società e dell’umanità. Così come la rivoluzione del motore a scoppio, le nuove tecnologie ed internet hanno cambiato totalmente la nostra visione di vita. Ora questo enorme patrimonio deve essere a disposizione di quante più persone possibili.
L’Agenda Digitale si pone obiettivi che vanno in questo senso, ma io credo che attuarla significa soprattutto progredire superando anche il paradigma capitalistico ed accentratore imperate nell’ultimo secolo. Per esempio condivido molto ciò che afferma Rifkin, ovvero che stiamo entrando in un nuova fase del capitalismo legato al concetto di accesso. L’era dell’accesso è appunto questo cambiamento che prevede il passaggio da un’economia dominata dal mercato e dai concetti di bene e proprietà, verso un’economia dominata da valori come la cultura, l’informazione e le relazioni.

Lei fa parte dell’Intergruppo Innovazione creato, fra tanti altri obiettivi, per facilitare lo scambio tra senatori deputati sui temi del digitale. Però ha anche altri e più ambiziosi obiettivi: “…affrontare con incisività il nostro ritardo, eliminare i digital divide, sviluppare la cultura digitale con l’obiettivo di conquistare la leadership nello sviluppo ed applicazione delle potenzialità di Internet e delle tecnologie più in generale…”
Ci può chiarire come può effettivamente incidere sui temi indicati nel Manifesto visto che poi in effetti le decisioni sono molte volte prese fuori dal parlamento?

Sono entrata da pochissimo nellIintergruppo Innovazione, ma per ogni cosa è fondamentale la volontà (politica in questo caso) e la condivisione. Da quello che ho visto fino ad ora, l’Iintergruppo serve proprio a questo, a condividere alcune iniziativa che altrimenti si farebbero in solitaria con il proprio gruppo parlamentare oppure ad organizzare seminari di approfondimento con esperti del settore.
Il problema principale, come più volte ho evidenziato in aula ed in commissione, è che l’Agenda Digitale è un progetto che potrebbe fruttare occupazione e beneficio economico per l’Italia, ma che nella pratica non decolla! Sia Letta che Renzi, hanno fatto della digitalizzazione del nostro Paese un cavallo di battaglia nel loro programma, ma l’insufficienza dei finanziamenti, il costante “cambio di comando” e l’approssimazione dei provvedimenti, hanno riconfermato il ritardo italiano nell’attuazione dell’Agenda Digitale.

Mi permetta ora di entrare su temi un po’ più tecnici, ma che hanno un risvolto politico, lei sa che il precedente governo aveva fondato l’impianto dell’agenda digitale su tre temi: Fatturazione Elettronica, Anagrafica della Popolazione residente (ANPR) ed e-Identity (SPID), i nuovo governo ha mantenuto queste impostazioni, la momento con poche significative varianti. Secondo lei si poteva fare di più, se si, su cosa?

La priorità assoluta è l’infrastruttura. Se è insufficiente, se solo il 21% dei cittadini italiani accede alla banda larga sopra i 30 mbps in confronto ad una media europea del 62%, manca lo strumento principale per attuare le tre direttrici dell’Agenzia. In secondo luogo è fondamentale una cultura digitale, un utilizzo consapevole ed informato di internet e delle nuove tecnologie. Si dovrebbero impiegare più energie e più provvedimenti seguendo questi due aspetti.

Lei è la prima firmataria dell’interpellanza urgente presentata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione sui temi dell’Agenda Digitale. Ci può dire quali risposte avete ricevuto?

La Commissione europea ha ultimamente reso noti i dati relativi al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale a livello europeo e nei singoli Paesi membri. Proprio da questi dati è partita l’interpellanza urgente del M5S al Ministro Madia. I dati riferiti all’Italia sono sconfortanti in relazione alla maggior parte degli indicatori considerati: dal mercato della banda larga all’utilizzo di internet, dalle competenze digitali allo sviluppo del commercio elettronico per finire agli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore ICT.

I dati certificano il fallimento delle politiche fin ad ora perseguite sul tema dai vari governi che si sono succeduti. Il Ministro purtroppo ha incentrato la sua risposta proprio sulla riforma e digitalizzazione della PA portando come esempi di vittoria del Governo la fatturazione elettronica ed altre cose che sapevamo già, ignorando i ritardi strutturali e di alfabetizzazione digitale, sottolineando come al momento, l’Agenda Digitale per il Governo sia legata esclusivamente alla Pubblica Amministrazione.

Prima ancora dell’interpellanza suddetta, proprio il dipartimento dei trasporti, lo scorso marzo aveva già evidenziato attraverso il suo servizio studi quanti ritardi ci siano stati sull’Agenda Digitale, e cioè dei 55 adempimenti previsti, ne sono stati assolti appena 17. Dei 38 non realizzati, il 55% aveva una scadenza precisa (45 o 60 giorni) che non è stata rispettata. Mi permetta la provocazione: ma a cosa serve fare studi, interpellanze urgenti, quando niente cambia, neanche quando la competenza è proprio del parlamento?

La provocazione è sacrosanta, me lo sono chiesto tante volte anch’io, a maggior ragione che sono nell’opposizione. Ho prodotto moltissime interrogazioni ed interventi sui ritardi dell’Agenda Digitale e pressato il Governo a fare qualcosa, ad intervenire e a cambiare rotta. Purtroppo la caduta del Governo Letta e l’inizio del Governo Renzi ha cambiato nuovamente le carte in gioco, nominando nuovi esperti e nuovi dirigenti.
Non è possibile stare soltanto a guardare ed aspettare che la maggioranza e il Governo agisca, per questo l’attività di ispezione e l’azione pressante è importantissima. Noi abbiamo anche avanzato una proposta tramite mozione su Telecom. La mozione presentata alla Camera propone di separare l’infrastruttura in rame e in fibra dalla compagnia telefonica italiana e creare un’azienda delle reti a maggioranza pubblica, per garantire lo sviluppo di Internet veloce e dare un grosso contributo alla ripresa del Pil.

Speriamo di poterla calendarizzare in aula quanto prima.

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