Russia stringe sugli stranieri: tetto del 20% per le quote estere su media locali

Le mani del Cremlino si allungano sempre di più sui media, riducendo anche la proprietà straniera contro l’influsso della “propaganda occidentale”. La Duma, il ramo basso del Parlamento, ha approvato  una legge ispirata dal Cremlino per abbassare dal 50% al 20% il tetto delle quote straniere in tutti i media russi (giornali, periodici, tv e web), inclusi quelli controllati indirettamente attraverso partner domestici. La scadenza è fissata per febbraio 2017, l’anno prima delle prossime presidenziali, ma il parlamento potrebbe anticipare l’entrata in vigore. L’obiettivo dichiarato è quello di “difendere la sicurezza nazionale” e “l’opinione pubblica del Paese” dai condizionamenti stranieri, dopo le accuse ai media occidentali di aver fatto informazione a senso unico nella crisi ucraina. Secondo alcuni analisti, tuttavia, la legge metterà la museruola ai media più scomodi, costringendo gli stranieri a vendere, con ogni probabilità a gruppi vicino al Cremlino.

A fare le spese del provvedimento, in particolare, saranno il quotidiano economico Vedomosti (controllato da tre società straniere, tra cui quella britannica che pubblica il Financial Times e quella statunitense che edita il Wall Street Journal), l’edizione russa di Forbes (edita dalla tedesca Axel Springer), e Radio Eco di Mosca (33,3% dell’americana Em-Holding). In generale sarà una vera stangata per tutte le maggiori aziende editoriali straniere, colossi come Axel Springer, Ctc Media, Burda, Condè Nast, ma anche la Mondadori. Il giro di vite sugli stranieri è solo l’ultimo tassello di una strategia del Cremlino per tenere sotto controllo i media privati, compresi i social network, iniettando parallelamente finanziamenti sempre più ingenti in quelli statali: dall’equiparazione dei blogger, come l’oppositore Alexiei Navalni, ai mass media e ai loro oneri, sino all’obbligo per tutte le società di comunicazione online, comprese quelle straniere come Google con Gmail, Microsoft con Skype, Facebook e Twitter, di tenere i loro server in Russia, a partire da gennaio. Sullo sfondo anche il presunto progetto del Cremlino di disconnettere l’internet russo dalla rete mondiale in caso di conflitti e disordini di massa e di gestire in patria il rilascio dei domini russi, sottraendoli alla giurisdizione Usa.

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