Accessibilmente parlando: intervista su inclusione digitale a Consuelo Battistelli

Consuelo Battistelli lavora dal 2006 in IBM Italia spa nelle attività di business development, Smart planet Team, MWA Team (mobile wireless accessibilità).

Cosa pensa dell’inclusione digitale chi si trova a doverla vivere come esperienza quotidiana per la propria autonomia, per il proprio lavoro, per la propria vita privata? In che modo la società inclusiva per tutti si riverbera tutti i giorni come dimensione concreta con cui prendere le misure delle proprie scelte e dei propri percorsi? TechAbility sceglie di dare la parola a dei “testimonial”, persone che per una condizione funzionale specifica dovuta ad una situazione di disabilità, si trovano a fare i conti con la tecnologia che diventa non solo supporto alle azioni ma, a volte, conditio sine qua non. La pervasività dell’ICT negli ambienti sempre più digitalizzati, on e off line, è esperienza di molti e i vari device tecnologici sono ascesi a strumenti fondamentali della vita di ogni giorno.

Sentire però la tecnologia “vitale” ha una connotazione diversa. Perché quando la tecnologia si fa abilitante, l’accesso agli spazi della vita può cambiare e, solitamente, verso parametri migliori anche se mai solo fatti di tecnica e sostanziati sempre dalla relazione interpersonale. Con alcune interviste alle “techabilities”, un neologismo per significare e indicare le persone che – tramite le tecnologie – giungono ad una possibilità ampliata e talvolta nuova di autonomia, l’auspicio è di calare ancor più nella concretezza le dimensioni che TechAbility@work ha fin qui affrontato parlando di multiaccesso, multicanalità, di e-inclusion, di ampliamento degli spazi di autonomia e partecipazione da parte delle persone con disabilità, di cosa possa significare la personalizzazione degli accessi ai contenuti e alle informazioni, il web accessibile, l’uso di una tecnologia assistiva. Dar voce alla voce di chi è al centro di una “user experience” che vale la pena raccontare poiché marcatamente più forte e direttamente radicata in modo trasversale a vari ambiti della vita.

La prima persona ospitata da TechAbility@work è Consuelo Battistelli: 37 anni, lavora dal 2006 in IBM Italia spa nelle attività di business development, Smart planet Team, MWA Team (mobile wireless accessibilità). Attualmente nella sede IBM di Bologna, per molti anni ha lavorato sempre nella stessa azienda a Milano e a Roma. Di Consuelo è interessante il profilo altamente proattivo, culturalmente e professionalmente oltre che dal punto di vista sportivo, essendo un’atleta che fa canottaggio a livello agonistico. Tutto questo è accanto ad una continua capacità e curiosità di sperimentare le tecnologie più innovative finalizzate sia al lavoro che deve svolgere sia alla volontà di riappropriarsi di tutte le opportunità che l’ICT le consente in luogo di una condizione di cecità subentrata in giovane età. Nell’ambito del suo lavoro è stata fra le persone che ha sperimentato anche nuove applicazioni dell’ICT accessibile progettato in IBM e quotidianamente si misura con una tecnologia che prende la forma delle sue stesse azioni.

E dunque, quale spazio ha la tecnologia nella vita sociale e professionale di Consuelo Battistelli? Qual è la sua user experience?

“Direi che tutto ruota attorno alla tecnologia, non lo dico in maniera soddisfatta e felice però di fatto è così. Lavorativamente mi baso esclusivamente sulla tecnologia e nella vita privata mi baso sulla tecnologia, mentre prima non era così. Pc, telefono e mobile (inteso come smart phone) che ormai mi supplisce talvolta anche al pc grazie al fatto di potervi consultare la posta, Internet, i social network”.

Ci sono problemi di accessibilità con il mobile touch?

“Non voglio calarmi in una pubblicità di marchio, ma con l’I-phone è tutto accessibile, attualmente in commercio è il mobile più accessibile per un non vedente. Ecco, la cosa con cui indubbiamente si fa un po’ più fatica rispetto a prima è che essendo un touch la velocità con cui puoi scrivere un messaggio o un’e-mail non può essere quella di un telefono di una generazione precedente, ma è questione di esercizio. Ho la funzione “detta” ma non la amo particolarmente: quando devo scrivere un messaggio non vedo perché lo devono sentire tutti! Ecco, per me questo è il lato negativo della questione: con il touch si è persa la scrittura per un non vedente; ma con l’esercizio, perché ci vuole tempo e pazienza, ci riesco. La tecnologia per me è pervasiva: a volte mi sembra di esser diventata dipendente, per necessità naturalmente perché preferisco altre cose per la mia vita tipo andare al cinema o fare una passeggiata, ma nei fatti mi serve per tutto: dalla ricerca del film alla fruizione del film stesso, per fare un esempio, perché ci sono app che mi consentono di farlo. Queste cose, e questo mi dispiace, sono però sempre troppo rare perché c’è un film ogni due mesi di cui si può scaricare l’audiodescrizione, ma tutte le volte che vado al cinema, esco emozionata perché questa app mi garantisce una certa autonomia nell’assistere alla proiezione e mando sempre un messaggio all’équipe di Movie Reading e Culturabile per ringraziarli di averla sviluppata. L’autonomia, infatti, è sempre la finalità di una persona con una disabilità e averla anche negli spazi del tempo libero è cosa buona e giusta.

Se dovessi descrivere la tua autonomia, a quali strumenti e percorsi, attitudini, competenze la legheresti?

“Nel corso della mia vita gli strumenti si sono evoluti, sono passata per fare un esempio dal registratore analogico a quello digitale e adesso registro con uno smart phone. Ma il processo di autonomia non è solo legato ad una tecnologia: per me passa attraverso la ricerca di soluzioni, la capacità di trovare soluzioni ai problemi che ti si pongono di volta in volta nel tuo cammino. Io ho un problema di mobilità: c’è chi lo risolve andando col bastone bianco, magari sbattendo ma facendo un certo tipo di percorso; io cerco l’autonomia individuando magari l’associazione, il mezzo, la soluzione che mi permette di arrivare a quell’obiettivo in un altro modo. A Bologna io ho trovato soluzioni di trasporto che altri che stanno lì da una vita non hanno trovato: è proprio il diverso modo di approcciare alle cose; per me l’autonomia è anche ricercare queste soluzioni perché non perdo di vista il mio obiettivo finale. Non mi muovo secondo uno standard di autonomia per una persona cieca: quello che è autonomia per altri, ovvero andare in giro con un bastone bianco, per me non lo è mentre la trovo di più nella possibilità di andare al cinema e fruire del film piuttosto che mettermi a fianco qualcuno che me lo racconti”.

Cerchi dunque l’autonomia in una dimensione relazionale?

“Sì perché comunque cerco sempre il contesto relazionale: è più faticosa raggiungerla così perché quando hai a che fare con le persone è sempre più faticoso; è più semplice avere a che fare con un pc, stare da soli per ore “io e il pc” (talvolta accade ai non vedenti) piuttosto che stare in relazione con il resto del mondo. Una delle cose incomprensibili è che alcune app, tipo quella per i film, molti non vedenti non la conoscono neanche e magari si fissano su altre cose… sarà de gustibus! Ho un diverso concetto di autonomia e per questo sono un po’ fuori dal coro anche se non sempre è un vantaggio”.

Sarebbe possibile per te svolgere il tuo lavoro senza l’apporto del digitale?

“No perché io ci vivo di digitale. La prima cosa che faccio è accendere l’i-phone al mattino. Per il lavoro che dovrei svolgere è fondamentale proprio per gli obiettivi professionali e non solo per la mia condizione funzionale. L’unica cosa che non vedendo entra in modo pervasivo e differente dagli altri è la voce, la sintesi vocale: utilizzo Jaws sul pc e voice over per il mobile ma per il resto uso gli stessi identici strumenti di un qualsiasi altro collega. L’unica differenza, in effetti, è che il mio computer parla, per il resto è tutto uguale con annesse difficoltà!”

Un sito web o un documento non accessibili incidono sulla tua vita? In che modo?

“Incidono certamente perché non mi permettono di arrivare all’informazione che cerco e a volte la mancata accessibilità mi impedisce di lavorare perché se il documento che gira per me non è accessibile io lì mi fermo. E poi è ovvio è fondamentale l’accessiblità nel web: visto che ormai si cerca tutto su Internet e andiamo solo da un sito all’altro; da una parte è una fortuna perché elimina il carteaceo che non saprei come gestire, ma d’altra parte se non è accessibile non so neanche come gestire il digitale.

Di qui scaturisce anche la difficoltà di gestione dello strumento social: visto che dobbiamo essere tutti social, a volte tutti tutti proprio non lo siamo perché alcune cose ancora non si gestiscono bene che che ne dicano. Devo dire che fanno sempre passi avanti: Facebook va molto bene da mobile, Linkedin lo utilizzo sullo smart phone: dal mobile infatti l’accesso ai social network è di certo più efficace poiché arrivi prima al contenuto. Le app infatti sono costruite in maniera diversa, sono più semplificate, più gestibili, non ci sono da fare molti giri; sui siti dei social le pagine erano di un dinamico tale che ti scappava tutto, la sintesi vocale non gli stava dietro aprendole dal computer. Mentre il voice over sull’i-phone è davvero eccezionale e tramite le app dei social network riesco a navigarli”.

Quali diritti trovi ancora da riconoscere da parte del sistema socio-politico rispetto all’accesso tramite le tecnologie?

“Forse manca ancora l’idea di universalità al sistema socio-politico. Forse non pensano proprio a tutti tutti”

Puoi immaginare una tecnologia del futuro che vorresti venisse inventata e che desidereresti esplorare?

Io voglio una macchina! E la Google Car speriamo si avvicini a tutto questo.

Il mio pensiero va sempre a qualcosa che possa garantirmi ciò che mi manca di più che è la mobilità e quindi alla possibilità di spostarmi quando, dove e come voglio anche se sono consapevole che non sarà così al 100%. Ma questo progetto potrebbe aiutarmi con una buona dose di follia che non ci manca! Ho speranza visto che se ne sta parlando sempre di più! La macchina è ciò che vorrei perché ha il senso di libertà, di movimento…”.

 

 

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Giornalista pubblicista e Dottore di ricerca in Scienze della Comunicazione con un progetto sulla “Cultura accessibile”, dal 2011 al 2013 è stata assegnista di ricerca nel Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale (CoRiS) della Sapienza Università di Roma per un progetto sulla e-Inclusion nel lavoro delle persone con disabilità finanziato dall’Istituto Superiore di Comunicazione e Tecnologie dell’Infromazione (Iscom) del MISE. Da oltre un decennio svolge ricerca sulle opportunità offerte dall’ICT nel promuovere e realizzare l’inclusione e la partecipazione delle persone con disabilità. Ha lavorato nella Fondazione ASPHI Onlus di Bologna occupandosi di integrazione dei disabili tramite assistive technologies. Nel 2013 ha promosso la seconda edizione del seminario “Inclusione digitale. Promotori di accessibilità” realizzato nel Dipartimento CoRiS insieme con IBM Italia. E’ Docente a contratto di Tecnologie Digitali per l'Apprendimento presso l'Università Lumsa di Roma. Ha scritto numerosi articoli e saggi sul tema tra cui “Sciences for Inclusion. Cultural approach to disability towards the Society for all” e “Oltre il senso del limite" di Bonanno Editore.

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