Cloud e Pa italiana: buone iniziative dagli enti ma manca strategia complessiva

Il Cloud Computing è sempre più centrale nelle strategie della Pubblica amministrazione italiana anche se con profonde differenze tra amministrazioni e Sistema paese complessivo e con un ritardo ancora importante sul resto d’Europa. A rivelarlo sono le ultime analisi presentati in questi giorni dall’Osservatorio Cloud per la Pubblica Amministrazione della School of Management del Politecnico di Milano, finalizzato ad approfondire le opportunità del Cloud Computing per la Pubblica Amministrazione italiana.

Lo stato della diffusione della “nuvola” nei singoli enti del settore pubblico italiano appare oggi più maturo rispetto a qualche anno fa: le amministrazioni si stanno muovendo, seguendo percorsi che prevedono l’accentramento dell’erogazione dei servizi, infrastrutturali e applicativi, seguendo spesso un approccio strategico nell’adozione del Cloud, con obiettivi e priorità ben definiti. Ma alla maturità rilevata presso i singoli enti non corrisponde a un percorso altrettanto strategico e condiviso messo in atto dal “Sistema Paese”, che apporterebbe invece maggiori benefici in termini di creazione di nuove opportunità e di nuovi servizi e, in definitiva, di competitività, come dimostrato dai casi internazionali identificati come best practice. Oggi più che mai appare necessaria la definizione di standard, priorità e regole per la accelerare diffusione di questa tecnologia tra gli enti pubblici e coglierne al massimo i potenziali benefici.

La competitività di un Paese non può oggi prescindere dalla sua digitalizzazione, digitalizzazione per la quale il Cloud risulta essere un elemento abilitante fondamentale” ha affermato da Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud per la Pubblica Amministrazione della School of Management del Politecnico di Milano. A sostegno di questa tesi, partendo dalla Digital Agenda Scoreboard, indicatore sviluppato dalla Commissione Europea che analizza il livello di digitalizzazione di un paese, sono stati analizzati i parametri maggiormente influenzati dal Cloud, riclassificati poi in tre macro aree: impatto sui cittadini, impatto sulle imprese e digitalizzazione dei processi della PA. “Dal confronto tra gli indicatori della Digital Agenda Scoreboard e l’attrattività dei Paesi, misurata in particolare con il Doing Business Index – – prosegue Corso -, emerge una chiara correlazione tra digitalizzazione e competitività di un Paese”.

cloud8Da questo confronto emerge, purtroppo, il profondo ritardo del nostro Paese, con prospettive rese ancor più gravi dai vincoli sulla spesa pubblica che rendono sempre più difficile reperire capitale per sostenere i grossi investimenti in digitalizzazione di cui il Paese avrebbe bosogno per recuperare i ritardi, spiega una nota. In questo contesto il Cloud può essere uno strumento di competitività che, se adottato in modo sistematico e coordinato, consentirebbe di accelerare il processo di digitalizzazione senza sostenere ingenti investimenti iniziali, e favorendo la progressiva razionalizzazione dei processi delle Pubbliche Amministrazioni.

L’esempio delle politiche dei Paesi più virtuosi e digitalizzati, mostra come la diffusione di iniziative Cloud (IaaS, PaaS, SaaS) possa essere accelerata e resa più efficace dalla presenza di una strategia unico a livello Paese, di una normativa abilitante, e di una governance di attuazione chiara e definita – rileva Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud per la Pubblica Amministrazione della School of Management del Politecnico di Milano – I Paesi virtuosi hanno seguito percorsi sistematici: alla razionalizzazione e consolidamento del patrimonio infrastrutturale è sempre seguito un ripensamento degli applicativi, in ottica di standardizzazione e di riuso per consentire interoperabilità tra gli enti e quindi migliorare l’interazione con i cittadini e le imprese”.

In Italia, al contrario, con la gara SPC ancora in divenire, e con il recente cambio ai vertici dell’Agenzia per l’Italia Digitale, la situazione sembra essere statica. Sebbene il nostro Paese abbia pubblicato a Dicembre 2013 delle linee guida per la razionalizzazione del patrimonio infrastrutturale della PA, l’iniziativa, culminata con la realizzazione del censimento del parco infrastrutturale, non ha ancora avuto ulteriori sviluppi. “In un quadro che sembrerebbe in stallo, tuttavia – rileva Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Cloud per la Pubblica Amministrazione – il censimento di 90 iniziative della PA Italiana a livello centrale, passando per le Regioni e interessando realtà locali come enti sanitari o comuni, mostra gli enti italiani non siano rimasti a guardare, realizzando iniziative molto interessanti, nei limite delle loro possibilità ed attribuzioni, nonostante la mancanza di una governance centrale che indirizzi la PA verso un obiettivo comune”.
Delle iniziative censite, infatti, il 50% ha svolto progettualità infrastrutturali volte a virtualizzare, consolidare e automatizzare le risorse in ottica IaaS; il 43% degli enti intervistati si è preoccupato di ragionare sul percorso applicativo, permettendo la digitalizzazione di processi, l’interoperabilità tra soluzioni differenti e l’integrazione delle informazioni dell’ente; il 7% infine ha operato una trasformazione relativa alla gestione dei device, abilitando nuove e più efficaci modalità di lavoro.

In conclusione, in Italia il terreno dell’adozione del Cloud nella PA è molto fertile – afferma Mariano Corso – e bisogna riconoscere la proattività dei singoli enti al riguardo; tuttavia, è arrivato il momento storico di creare una governance centralizzata che si faccia carico di individuare obiettivi di lungo termine ai quali tendere in modo congiunto e che apporti maggior valore aggiunto ai processi consentendo agli enti di dialogare tra loro”.
Ciò – aggiunge Stefano Mainetti – può essere possibile solo tramite la definizione di una normativa prescrittiva e abilitante, l’introduzione di un sistema di incentivi per gli investimenti in iniziative Cloud che consentano quindi di promuovere e portare a sistema iniziative di collaborazione tra gli enti, finora realizzate bottom up”.

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