Il primo caso di contro-consultazione in Italia

La consultazione sulla riforma della scuola lanciata dal Miur ha avuto un ottimo riscontro. Il Ministero dichiara un milione e 350mila contatti sul sito, nella sezione dedicata a spiegare la riforma. Di questi, 200mila sono quelli attivi, ossia persone che hanno risposto al questionario o hanno proposto modifiche e miglioramenti al tema. È stato battuto il record della consultazione sulla spending review condotta dal Governo Monti, che si fermò a poco più di 150mila contributi. Ed è stato confermato un modello operativo per la gestione delle consultazioni pubbliche in formato digitale.

ScuolaÈ certamente un modello meno approssimativo di quelli lanciati dall’esecutivo del 2012/2013 (del resto quelli erano i primi esperimenti del genere). Ed è anche un modello ben strutturato nella raccolta dei dati, oltre che molto attento ai profili mediatici. Più di così era difficile fare. Qui si ferma il lavoro dei tecnici che curano la consultazione, e subentra il ruolo della politica. Solamente il Ministro, e il Governo, possono decidere quali dei contenuti della consultazione meritano di essere accolti nella riforma, e quali invece non lo saranno. Certo, le priorità del Presidente del Consiglio e il cambiamento di scenario politico che ha reso meno rilevante il ruolo di Scelta Civica (di cui il Ministro Giannini è espressione) complica le cose. Questo, tuttavia, non può escludere che i partecipanti alla consultazione vedranno soddisfatte in tutto, o in parte, le loro richieste.

Il dato più interessante però è un altro. Per la prima volta una consultazione indetta da un Ministero sollecita una consultazione autonoma – e parallela – della società civile. In questo caso, peraltro, una consultazione volutamente “reale”, cioè fatta di firme raccolte nelle scuole di tutta Italia, per opporsi alla natura “virtuale” della consultazione ministeriale. Non solo: una consultazione in aperta opposizione all’impostazione voluta dal MIUR. Basata cioè sull’opposizione ai tagli in organico e di spesa previsti per la pubblica istruzione in Italia.

Avere due consultazioni sullo stesso tema, e in opposizione l’una rispetto all’altra, crea uno scenario del tutto inedito. Anzitutto, c’è lo scontro tra il popolo della rete e quello delle piazze. In particolare la seconda consultazione (indetta dai sindacati di categoria) sostiene di aver raccolto le firme tra gli insegnanti. Sarà interessante sapere quale quota di docenti ha invece partecipato alla consultazione virtuale. Si avverte poi una strumentalizzazione inedita del fenomeno consultazioni. Finora, infatti, a strumentalizzarne l’uso erano stati i governi, utilizzando queste forme di partecipazione democratica per attrarre consenso, o allentare la pressione su una decisione. Ora la strumentalizzazione è della società civile, cioè dei sindacati, che prende a pretesto una consultazione pubblica per far parlare dei problemi della scuola.

Terzo e ultimo elemento di novità riguarda proprio il MIUR. Non è tanto l’opposizione della consultazione sindacale che dovrebbe preoccupare i tecnici del Ministero (anzi, probabilmente quella ha aiutato a far conoscere la consultazione digitale). Il fatto è che, inevitabilmente, verranno fatti confronti sui numeri, la partecipazione, e soprattutto il peso riconosciuto alle opinioni espresse. Da questo punto di vista il sindacato non ha nulla da perdere, il Ministero sì. E poiché dopo la consultazione la proposta di riforma la devi andare a fare veramente, senza tweet o like su Facebook, gli “abitanti” di Viale Trastevere dovranno dimostrare di avere capacità di sintesi, oltre che di ascolto.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here