La finanza locale e le smart city

Il recente rapporto sulla Finanza Locale, elaborato dalla Cassa Depositi e Prestiti (CdP), approfondisce in maniera analitica lo stato economico-finanziario degli enti locali italiani. In particolare il report effettua una ricognizione approfondita sugli enti locali rispetto ai seguenti temi:

  • l’efficienza della spesa corrente,
  • virtuosità degli Amministratori locali nella gestione finanziaria degli enti,
  • la spesa in conto capitale e, in particolare, di quella per investimenti dei Comuni,
  • finanziamento degli investimenti tramite ricorso all’indebitamento.

Il report traccia, in maniera indiretta, quanto sia spesso inadeguato parlare di investimenti ICT, smart city, IoT in un sistema degli enti locali che fa molta fatica a finanziare ed erogare persino i servizi fondamentali al cittadino. La meticolosa analisi di CdP racconta infatti che lo Stato Centrale, soprattutto dal 2008 ad oggi, a causa della difficile situazione economica globale e della necessità di ridurre il peso ed il perimetro dell’intervento pubblico, ha:

  • innalzato i vincoli di bilancio delle Amministrazioni locali (Patto di Stabilità interno),
  • indotto il contenimento della spesa in conto capitale aumentando l’inasprimento dei tetti sull’indebitamento
  • introdotto la razionalizzazione della spesa corrente (spending review).

Ciò ha indotto gli amministratori, ad esempio, ha stabilizzare e consolidare la propria spesa corrente non efficientando e perseguendo l’obiettivo della razionalizzazione delle risorse né migliorando l’efficienza gestionale (recuperabili circa 10 miliardi da centralizzazione acquisti, aumento velocità dei pagamenti, ridefinizione fabbisogni standard), quanto assecondando meccanismi assimilabili a tagli lineari.

CDP

Inoltre non è secondario considerare che la compressione della capacità di finanziamento degli enti locali, unita al rispetto dei vincoli del Patto di Stabilità Interno, si sia tradotta in una sostanziale diminuzione della spesa in conto capitale, a fronte di una difficoltà o in alcuni casi volontà, di ridurre la spesa corrente (dalle caratteristiche e dal rendimento più “elettorale”). Tra il 2006 e il 2013, infatti, la spesa in conto capitale delle Amministrazioni locali ha registrato, in termini cumulati, una variazione negativa del 27%, mentre la spesa di parte corrente ha manifestato un aumento del 7%.
Ciò ha finito per influire negativamente anche sulla capacità di investimento dei Comuni Italiani diminuita nel biennio 2011-2012 a livello aggregato, dell’1,8% in media all’anno. Anche l’accensione di nuovi mutui e prestiti finalizzati a realizzazione di investimenti, nel periodo 2009-2012, si sono ridotte da 4,3 miliardi di euro a 1,4 miliardi.

In questo quadro le amministrazioni territoriali hanno saputo più di tutte, tra il 2009 e il 2013, abbassare il debito di circa il 6% (sceso a circa 100 miliardi su un totale di oltre 2 mila miliardi), a fronte di un aumento del debito delle Amministrazioni centrali pari a quasi il 20%.

In questo scenario di debolezza e restrizione, unito allo scenario di stagnazione di lungo periodo che interessa la produttività dell’economia italiana ed alla depressione della domanda interna, le comunità fanno fatica a realizzare investimenti smart e hanno visto deteriorarsi ulteriormente la qualità della propria dotazione infrastrutturale. Anche gli amministratori locali sembra non siano in grado di attivare processi di governance e/o policy in grado di generare risorse addizionali e raggiungere livelli di efficienza gestionali più elevati.

Non sarebbe utile quindi che i nostri ragionamenti su comunità intelligenti e dintorni, partissero dalle reali possibilità di investimento delle amministrazioni e non da improbabili ragionamenti sulle tecnologie ?

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