Attenti a quei due…

Il software libero è uno strano tipo di pianta, perché cresce in modo rigoglioso nei luoghi meno frequentati – sui supercomputer, nei data center, nelle infrastrutture di rete, sulle piattaforme cloud, nei sistemi di gestione dei contenuti, … – ma fatica ad attecchire quando esce allo scoperto, sui PC degli utenti.

Qui il software libero trova due grandi nemici: uno dichiarato, le aziende del software proprietario guidate da Microsoft con il sostegno di alleati come SAP e di amici/nemici come IBM e Oracle, e uno subdolo, più difficile da individuare e da combattere, ovvero coloro che hanno la faccia tosta di spacciarsi per amici del software libero ma nella realtà sono solo dei biechi opportunisti che utilizzano il software libero come “buzzword” per la loro strategia commerciale (che non ha nulla di diverso da quella del software proprietario, perché ha l’obiettivo di creare una situazione di lock-in basato sulle licenze o sulla scarsità delle competenze).

Mettere in guardia dai primi è scontato, mettere in guardia dai secondi è un po’ più difficile, anche perché in alcuni casi ci troviamo di fronte a profili costruiti con il tempo, con passaggi ben congegnati all’interno della comunità, per cui è spesso inevitabile cadere nella trappola.

Confesso di essere stato io stesso una vittima di questi individui, quando – nel 2004 – mi sono affacciato per la prima volta alla comunità di OpenOffice, un po’ per inesperienza e un po’ per dabbenaggine, visto che pensavo che l’etica “forte” del software libero non potesse lasciare spazio a doppi giochi e soprattutto al bieco tornaconto personale (perlomeno, nella misura in cui questi individui usano il software libero per questo scopo).

Per un lungo periodo di tempo mi sono addirittura fidato di questi individui, fino a quando essi non si sono schierati apertamente – in occasione di un fork – contro la comunità, e a favore dell’azienda (e non è un caso che l’azienda sia una di quelle da cui guardarsi con attenzione). A quel punto, ho cominciato ad analizzare lo scenario, e ho capito che i nemici più pericolosi del software libero sono i membri “tangenti” alla comunità, e attivi più con la lingua – che hanno lunga e sciolta – che con i fatti.

Purtroppo, non c’è modo di stanarli se non studiando il loro comportamento, e facendo un’attenta verifica dei loro contributi. Quando non c’è nemmeno un email nelle mailing list, quando non c’è nemmeno la segnalazione di un bug, quando non c’è nemmeno una stringa tradotta, allora c’è veramente puzza di bruciato.

Il software libero sul desktop ha bisogno di affermare la sua credibilità, a fronte di un universo degli utenti educato dal software proprietario e quindi poco disposto a comprendere concetti come l’interoperabilità basata sui formati standard, oppure il valore dell’indipendenza da un unico vendor in grado di dettare le scelte all’utente. Non abbiamo bisogno di aggiungere all’equazione quelli che sfruttano il software libero senza contribuire, perché mettono a repentaglio la credibilità di tutti, e in modo particolare di coloro che investono il loro tempo per far crescere la comunità e l’ecosistema.

Quindi, anche nel mondo del software libero vale sempre il vecchio adagio, “dagli amici mi guardi iddio, ché dai nemici mi guardo io”…

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Laureato in Lettere all’Università Statale di Milano, è uno dei fondatori di The Document Foundation, la "casa di LibreOffice", nonchè portavoce del progetto a livello internazionale; è anche fondatore e presidente onorario della neonata Associazione LibreItalia. Ha partecipato ad alcuni tra i principali progetti di migrazione a LibreOffice, sia nella fase iniziale di analisi che in quella di comunicazione orientata alla gestione del cambiamento. Ed è autore dei protocolli per le migrazioni e la formazione, sulla base dei quali vengono certificati i professionisti nelle due discipline. In questa veste è coordinatore della commissione di certificazione. Come esperto di standard dei documenti, ha partecipato alla commissione dell'Agenzia per l'Italia Digitale per il Regolamento Applicativo dell'Articolo 68 del Codice dell'Amministrazione Digitale.

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