Sharing Economy, a Beautiful Mindset

Una serie importante di studi della teoria dei giochi si basa su un concetto semplice: le persone sono portate ad adottare comportamenti non vantaggiosi perché non si fidano reciprocamente. Un esempio è il dilemma del prigioniero.
Due prigionieri vengono accusati di aver commesso un reato. Gli investigatori li arrestano e gli impediscono di comunicare tra loro, dando a ciascuno la scelta di confessare o meno l’accaduto. Viene inoltre spiegato loro che:

  1. se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena, ma il complice avrà una pena detentiva di 7 anni;
  2. se entrambi confessano, verranno condannati a 6 anni ciascuno;
  3. se nessuno dei due confessa, entrambi verranno condannati a 1 anno (per altri reati minori commessi).

La scelta strategicamente migliore per entrambi sarebbe di non confessare, perché non tradendosi vicendevolmente, eviterebbero un lungo periodo di detenzione, ma è una scelta che li espone al rischio della pena più severa qualora il complice dovesse comportarsi in modo diverso.

Su questa base, l’equilibrio di Nash ci dimostra che – pur avendo concordato tra loro di non confessare – entrambi confesseranno. Quindi, il loro comportamento gli avrà causato una pena pari a 6 volte quella che sarebbe stata comminata se nessuno avesse confessato.

Beautiful mindCosa c’entra il dilemma del prigioniero con la Sharing Economy? Sembrano appartenere a due domini separati, eppure proviamo a verificare l’esistenza di un nesso.

Immaginiamo una persona che – pur disponendo di un rilevante patrimonio di beni – abbia necessità di un utensile o di un attrezzo sportivo. La soluzione oggettivamente, economicamente e razionalmente ottimale per questa persona sarebbe di poter utilizzare temporaneamente i beni di un altro soggetto, senza condividere nulla di proprio. E’ tuttavia evidente che l’adozione di questo comportamento da parte di tutti i soggetti della collettività implicherebbe l’impossibilità di reperire in condivisione ciò che serve al singolo. Viceversa, se tutti i soggetti del contesto superassero le proprie resistenze alla condivisione, ognuno potrebbe facilmente trovare ciò di cui necessita di volta in volta.

Nel dilemma del prigioniero, ci sono due elementi che ostacolano la scelta unanime del comportamento tecnicamente più vantaggioso (cioè quello che porterebbe loro la pena minore) e sono:

  • un elemento sistemico, ovvero l’incompletezza dell’informazione disponibile (ciascun prigioniero non può sapere cosa farà l’altro);
  • un elemento relazionale, ovvero la tendenza a non fidarsi dell’altro.

Questi stessi elementi stanno ostacolando il pieno dispiegarsi della potenza dell’ economia collaborativa come modello di consumo più efficiente e sostenibile. La resistenza all’adozione di modelli improntati alla fruizione, piuttosto che al possesso, deriva in primo luogo dagli automatismi cognitivi che legano la soddisfazione di un bisogno ad un processo di acquisto.
Sono automatismi cognitivi alimentati dalla quantità di informazioni, non esclusivamente commerciali ma anche educative, che si sedimentano lungo il percorso di maturazione della persona come individuo.
In ultima analisi, i modelli di business tradizionali vantano un’asimmetria informativa che può essere colmata solo attraverso la coesione interna degli operatori della sharing economy e con il contributo dell’assetto istituzionale, secondo quanto descritto nell’articolo Istituzioni e Sharing Economy: “Inconsueto possibile”.

Il secondo limite informativo è implicito nelle singole iniziative, in quanto qualsiasi processo di condivisione si basa su un bulk di informazioni – relativo all’oggetto e al soggetto della condivisione – oggettivamente maggiore di quello previsto nel caso dei processi d’acquisto.

Esemplificativamente, lo sharing di una macchina fotografica richiede lo scambio di informazioni – relativamente a caratteristiche estato d’uso dell’oggetto, sulle persone coinvolte e sulla logistica – più ampie di quelle caratterizzanti l’atto d’acquisto presso un negozio fisico o virtuale.
Relativamente all’esistenza dell’elemento relazionale, i processi di condivisione si basano su due componenti che enfatizzano la dimensione sociale dei comportamenti di consumo, ovvero:

  • la disponibilità ad entrare in relazione con l’altro, in un percorso diverso dalla mera transazione commerciale con il commesso di un negozio,
  • l’affidamento fiduciario ad un soggetto non conosciuto, soprattutto nelle fasi embrionali in cui i rating e i feedback supportano solo parzialmente le decisioni.

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Nella teoria dei giochi, il dilemma del prigioniero evidenzia come il perseguimento della massimizzazione del proprio benessere generi esiti negativi per se stessi e per il complesso degli attori in gioco.
Si pone sostanzialmente in antitesi con la tesi di Adamo Smith, secondo cui il perseguimento individuale del benessere avrebbe generato un benessere collettivo.

Chi della Sharing Economy si occupa professionalmente non può rinnegare le premesse fondanti dell’equilibrio di Nash, ovvero che le strategie di massimizzazione del profitto individuale non sono ottimizzanti, ma – proprio in base a questo presupposto – deve intervenire per eliminare le asimmetrie informative e per creare le indispensabili condizioni di coesione sociale.

Gli interventi possibili passano attraverso una costante disponibilità ad illustrare i perché dell’economia circolare. Un lavoro complesso, di lunga durata e con ritorni non immediatamente misurabili, ma ineludibile.
A livello di singole iniziative appare importante massimizzare il ruolo della tecnologia e del web come strumento di selezione delle informazioni rilevanti e come mezzo di certificazione diffusa dell’affidabilità delle informazioni.
Questo processo opera anche come importante strumento di avvio delle relazioni fiduciarie tra individui, elemento sociale la cui percezione va sovvertita in opportunità, come intangibile benefit dei processi di condivisione, non ipotizzabile assolutamente negli ordinari processi di acquisto.

Attraverso questo sforzo, gli operatori della Sharing Economy consentiranno una virtuale stretta di mano tra Adam Smith e John Nash, in una Società Aperta dove il benessere individuale diviene compatibile con quello collettivo, grazie alla disponibilità di informazioni e fiducia reciproca.

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