Politica industriale: mai espressione fu così contrastata e dibattuta. Per alcuni, è il simbolo di uno Stato imprenditore che in modo improprio invade il campo della libera iniziativa privata. Per altri è lo strumento attraverso il quale lo Stato può ovviare alle storture del mercato e ai suoi fallimenti. Indubbiamente, è un tema complesso che deve essere affrontato con grande attenzione: è facile cadere in uno o nell’altro estremo e, conseguentemente, distorcere il senso e il significato di un dibattito essenziale per lo sviluppo del nostro Paese (e dell’Europa nel suo complesso).
Per contribuire a questo dibattito, nei mesi scorsi ho provato ad affrontare il tema della politica industriale da tanti diversi punti di vista attraverso gli articoli che ho pubblicato ne La Bella Terra. In questa sede, vorrei provare a proporre una sintesi di questi pensieri che declini e organizzi l’espressione “politica industriale” lungo quattro principali assi di intervento :
- Qualificazione della domanda pubblica
- Rafforzamento dell’attrattività del Paese
- Focalizzazione degli investimenti pubblici
- Consolidamento di alcune condizioni di sistema
Vorrei applicare queste considerazioni al mondo dell’ICT (Information & Communication Technology), anche se il tema e i commenti qui proposti hanno una valenza di tipo certamente generale.
Qualificazione della domanda pubblica
Una prima area che definisce una moderna politica industriale è quella che concerne la strategia di gestione della domanda pubblica. Lo Stato e tutte le sue articolazioni centrali e locali sono uno dei principali acquirenti di servizi e prodotti dal mercato, in moltissimi settori. È quindi evidente che le modalità e i contenuti che caratterizzano questo processo influenzano in modo rilevante il mercato, il suo sviluppo e il suo orientamento.
Nel settore dell’ICT ciò è particolarmente evidente, sia per ciò che concerne il metodo che il contenuto del processo di procurement.
- Dal punto di vista del metodo, lo Stato e le strutture pubbliche dovrebbero mettere in campo processi di procurement che valorizzinoagilità, innovazione, qualità del capitale umano. Ciò non è solo utile all’acquirente, ma stimola anche la crescita qualitativa del mondo dell’offerta.
- Dal punto di vista dei contenuti, è evidente che una matura e intelligente spesa in ICT stimola lo sviluppo di innovativi servizi, contenuti e ecosistemi anche nel privato. Per esempio, se il pubblico spinge in modo deciso sullo sviluppo di modelli di interoperabilità e di apertura dei dati (open services e open data) o su processi di fatturazione e pagamento elettronici, ciò stimola le imprese private ad adottare architetture e servizi informatici innovativi, in linea con i più moderni trend sviluppatisi negli ultimi anni. In altri termini, una innovazione che parta nel mondo pubblico può essere per osmosi promossa e diffusa anche in quello privato.
Spendere bene i soldi pubblici non serve soltanto a migliorare i processi e i servizi delle amministrazioni pubbliche, ma spinge e aiuta il mercato dell’offerta a crescere, focalizzandosi su qualità e temi/contenuti di interesse strategico rilevanti anche per il mondo delle imprese private.
Rafforzamento dell’attrattività del Paese
Una avveduta politica industriale (per l’ICT, ma non solo) deve preoccuparsi che il Paese sia attrattivo, come discusso in precedenza anche su queste pagine. Promuovere l’attrattività serve per portare nel nostro paese capitali e imprenditori esteri, e per facilitare lo sviluppo e il radicamento sul territorio delle nostre eccellenze che, troppe volte, preferiscono migrare verso altri lidi, caratterizzati o da minori costi o da maggiori opportunità di crescita.
Finanziamenti alla ricerca di medio-lungo periodo
Un primo tema che definisce il livello di attrattività di un territorio è l’offerta di finanziamenti a supporto della ricerca e sviluppo. È indubbio che questo aspetto ci penalizza rispetto ad altre aree della stessa Europa (come per esempio Francia e Germania). È vitale offrire opportunità di sviluppo della ricerca, quella vera, di medio-lungo periodo, rischiosa. Essa non solo crea il know-how che nel tempo potrà essere trasferito in nuovi processi, prodotti e servizi, ma promuove e preserva anche il capitale umano necessario allo sviluppo delle imprese, come discutevo tempo fa sul mio blog parlando del ciclo spezzato tra ricerca ICT, imprese di servizi ICT e imprese utenti.
Supporto all’innovazione
L’innovazione è diversa dalla ricerca. Mentre la seconda ha come obiettivo lo sviluppo del know-how e del capitale umano, la prima deve essere orientata alla creazione di prodotti, processi e servizi in grado di aumentare la competitività delle imprese.
Innovare vuol dire portare sul mercato “cose nuove”.
Per farlo, è vitale sostenere i processi di innovazione con strumenti diversi da quelli usati per promuovere la ricerca. Per l’innovazione servono strumenti agili, flessibili e soprattutto veloci, allineati con le dinamiche delle imprese e del mercato nel quale esse operano. Un esempio classico è il credito di imposta per l’innovazione, erogato in modo automatico alle imprese che investono in questi processi.
Sviluppo dell’impresa (non solo startup!)
Un paese attrattivo facilita lo sviluppo delle imprese. Non solo finanzia le startup, ma crea le condizioni perché tutte le imprese possanosvilupparsi, consolidarsi, affermarsi. Deve essere facile e conveniente comprare imprese, condurre operazioni di merge & acquisition, investire in private equity e venture capital. Tutto ciò è vitale perché gli imprenditori si sentano incoraggiati e sostenuti nel fare impresa e creare valore qui, in Italia, nel nostro Paese.
Investimenti infrastrutturali
Un paese moderno non è attrattivo se non dispone di infrastrutture fisiche e immateriali avanzate. In particolare, abbiamo bisogno di banda larga e ultra-larga, ovunque, per promuovere l’attrattività dei territori, sostenerne i processi di internazionalizzazione, favorire il turismo e la valorizzazione del patrimonio culturale e artistico. Le persone e le imprese vanno dove c’è banda larga e dove ci sono infrastrutture adeguate.
Certamente, le reti e le infrastrutture sono sviluppate dalle imprese private. Ma il pubblico può facilitarne e sostenerne la creazione nel caso di fallimenti del mercato, o regolare e promuovere una gestione efficiente nel caso di monopoli naturali.
Raggiungibilita internazionale
Un ultimo punto essenziale e spesso sottovaluto è quello dellaraggiungibilità e dei trasporti intercontinentali. Per fare un esempio, Milano è la capitale delle startup, ma non ha un volo diretto con la California (San Francisco e Los Angeles), con Boston o con tanti poli e centri nevralgici dell’Asia. Come possiamo poi richiedere che ci sia un continuo scambio proprio con questi territori se siamo penalizzati da un sistema di trasporti carente o comunque non all’altezza di quello offerto da altri?
Certamente, il pubblico non deve sostituirsi al mercato nè distorcerlo come purtroppo è successo per molto tempo. Tuttavia, esso può e deve rimuovere ostacoli e creare condizioni affinché gli operatori privati, specialmente a livello internazionale, siano incentivati a investire nel nostro paese. Si pensi per esempio agli investimenti in aeroporti e infrastrutture di collegamento, o alle rotte che Emirates ha aperto a Milano grazie anche al rilascio della cosiddetta “Quinta Libertà” sui voli per New York.
Focalizzazione degli investimenti pubblici
Un tema particolarmente importante è quello della focalizzazione degli investimenti pubblici. Le risorse del Paese non sono infinite (anzi!) e quindi devono essere spese in modo oculato e finalizzato. Tale finalizzazione deve estrinsecarsi in processi decisionali coerenti con alcuni criteri di fondo. Tali criteri devono poi essere applicativi in tutti gli ambiti che caratterizzano l’azione delle strutture pubbliche. Ne ricordo qui alcuni che ritengo essenziali:
- Specializzazioni territoriali e ecosistemi. Ogni zona del paese deve valorizzare le proprie vocazioni. Quanto abbiamo pagato nel passato l’aver voluto imporre modelli di sviluppo incoerenti con la natura e struttura di tanti territori? Rifaremmo oggi Bagnoli? O l’ILVA a Taranto? È quella la vocazione di quei territori? Per quali scopi dovremmo investire risorse in quelle zone? Come sosteniamo i distretti industriali? Con quali infrastruttue e ecosistemi digitali?
- Industria manifatturiera. Il nostro Paese ha nell’industria manifatturiera uno snodo importantissimo e vitale. È quindi essenziale che i finanziamenti alla ricerca e innovazione, soprattutto nel campo del digitale, siano fortemente orientati a promuovere i processi di sviluppo delle imprese del settore.
- Settori tecnologici a elevata specializzazione. L’Italia è caratterizzata da industrie che operano in settori ad elevata specializzazione, come le biotecnologie o i semiconduttori. Essi sono vitali e distintivi nel contesto competitivo internazionale.
- Turismo, cultura e intrattenimento. Il nostro Paese deve tutelare, preservare e valorizzare gli incommensurabili tesori di cui dispone. È quindi essenziale definire e focalizzare gli investimenti nella ricerca e innovazione affinché siano funzionali e strumentali al perseguimento di questi obiettivi.
- Artigianato, design, agroalimentare e produzioni di qualità. Sono alcuni dei tratti che caratterizzano in modo unico e distintivo il nostro Paese. Ancora una volta, investimenti e interventi pubblici devono essere funzionali a sostenere e promuovere questi settori strategici del Paese.
In generale, dobbiamo fare delle scelte, orientare investimenti, focalizzare i programmi di intervento, declinare le azioni delle strutture pubbliche affinché siano coerenti con una visione chiara e lungimirante di quello che deve essere lo sviluppo complessivo del Paese.
Consolidamento di alcune condizioni di sistema
Un ultimo essenziale asse secondo il quale declinare una moderna politica industriale concerne lo sviluppo delle condizioni di sistema necessarie affinché le imprese (e la società nel suo complesso) siano sostenute e aiutate nel loro percorso di crescita.
Tante sono le azioni che le strutture e amministrazioni pubbliche possono e devono fare (o non fare!).
- Abbiamo bisogno di una amministrazione pubblica amica delle imprese e dei cittadini, che li aiuti nelle loro attività, li accompagni nella gestione delle vertenze tra privati e tra pubblico e privato, risolva i problemi legati alla loro quotidiana attività. Uno Stato che funziona e fa bene il suo mestiere è una delle principali leve per una efficiente e utile politica industriale!
- Dobbiamo riscoprire il valore dell’educazione, bilanciando in modo intelligente e lungimirante bisogni immediati delle imprese e obiettivi educativi di lungo periodo, efficienza del sistema e dinamiche sociali e culturali, libertà educativa per i privati e garanzia del servizio offerto universalmente a tutti i cittadini. Non possiamo considerare scuola e università semplicemente come processi da ottimizzare e finalizzare nell’ottica del mercato, ma in quanto leva essenziale per la costruzione della società del futuro.
- Dobbiamo rendere conveniente investire nel lavoro e ridurre il carico fiscale su imprese e lavoratori.
- Dobbiamo far sì che lo Stato e il pubblico si ritirino da tanti settori economici dove invece va dato spazio alle imprese private.
- Dobbiamo costruire un quadro di regole e azioni coerenti con le strategie europee e, anzi, essere capaci di portare le nostre posizioni in modo forte e autorevole nei consessi dove tali strategie sono concepite, articolate e quindi attuate.
Sono temi discussi da tanti e da tanto tempo. Ma è indubbio che non ci può essere una politica industriale efficace se essi non vengono affrontati una volta per tutte in modo deciso e con perseveranza.
Continuità, certezza e …
Tutto ciò sarebbe inutile in assenza di due condizioni essenziali: la continuità nel tempo delle misure e la certezza del diritto e delle regole.
Come si può investire in innovazione, nelle imprese, nello sviluppo del Paese se le norme e le regole che governano questi processi sono estemporanee, incerte, mutevoli, confuse, contraddittorie?
Abbiamo bisogno di continuità e certezza e, conseguentemente anche di altre caratteristiche essenziali: professionalità, responsabilità, onestà e onestà intellettuale, competenze e, non ultimo, quel senso dello Stato che troppo volte appare deriso o mistificato.
Queste semplici parole, spesso svilite, distorte o mistificate, definiscono le condizioni essenziali per ridare credibilità e vigore all’espressione “politica industriale” e, in ultima analisi, per rinsaldare la capacità di costruire un futuro credibile per i cittadini, le imprese e la società che animano e definiscono la nostra Bella Terra.
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