Imprese: conoscere il proprio “livello di innovazione” migliora il business

Innovare le imprese, specialmente piccole e medie, per permettere loro di competere su mercati sempre più complessi: l’invito, e l’esortazione, che arriva da più parti spesso di scontra con una realtà. Ovvero che per pianificare il futuro serve conoscere approfonditamente la propria situazione di partenza tale da poter avviare quel processo di trasformazione basato sull’innovazione che serve sempre di più al business.

Da questa considerazione nasce il bando Kaminler (KAM and Innovation Services for SMEs in Lombardia ad Emilia-Romagna), promosso dall’Enterprise Europe Network, iniziativa finanziata nell’ambito del programma Horizon 2020 e volta al miglioramento delle capacità delle micro, piccole e medie imprese di gestire i processi di innovazione. Un progetto, quest’anno alla sua seconda edizione, dedicato alle aziende del territorio dell’Emilia-Romagna e supportato da Aster, che offre la possibilità ai partecipanti di usufruire servizi servizi mirati a creare consapevolezza del livello di innovatività in impresa e a individuare i punti di forza da cui partire. Alla fine del percorso l’azienda può contare su un quadro completo delle proprie capacità di gestione dell’innovazione, definite rispetto a un target specifico di competitor, e un piano d’azione per il miglioramento delle performance.

Quali sono i vantaggi per le imprese che decidono di realizzare questa fase di analisi profonda del proprio “approccio” all’innovazione? Se è vero che il contesto è italiano ma anche europeo, secondo Paolo e Matteo Monticelli di Pollution srl, azienda che ha preso parte all’iniziativa pilota di EEN lo scorso anno, il primo obiettivo è quello di riuscire a dotarsi di un set di conoscenze altrimenti non ottenibili, da cui partire per ragionare sulle strategie future: “l’obiettivo è stato per noi innanzitutto di conoscere i parametri di valutazione che in ambito comunitario vengono utilizzati per la qualità dell’innovazione, e di conseguenza aiutarci nell’autovalutazione di quanto stiamo facendo noi anche in confronto alle medie  del nostro settore.” Da questa necessità è nata la partecipazione a Kaminler con cui “abbiamo colto l’opportunità di  confrontarci, con uno strumento per quanto possibile oggettivo, con altre realtà ugualmente impegnate nel campo dell’innovazione.”

Il perchè è presto detto: spesso le PMI innovative si ritrovano “a sapere tutto del proprio prodotto, ma a non sapere come “aggredire” il mercato globale. Da questo punto di vista lo strumento ci ha fatto riflettere sull’esigenza di migliorare la nostra gestione dell’innovazione.” E molto spesso le stesse PMI non hanno contezza “dell’elevato impatto degli investimenti sulle innovazioni sostanziali rispetto quelle marginali. Una migliore suddivisione di tali investimenti ci avrebbe già potuto aiutare ad avere un migliore time-to-market e ritorno degli investimenti della nostra innovazione. Questi suggerimenti li abbiamo colti e li stiamo meglio applicando per il presente e il futuro.”
L’analisi di benchmark, sottolineano, rappresenta uno strumento estremamente valido in questo senso, soprattutto se supportato da enti e attori che hanno un forte know kow in materia e che vedono nell’innovazione delle imprese un loro obiettivo strategico: “Un’azienda che fa del miglioramento continuo il proprio modus operandi, se ritiene che lo strumento del benchmark la possa aiutare in tal senso, se ha desiderio di mettersi in discussione e se ha voglia di mettersi in gioco” non può perdere le opportunità che vengono da enti e istituzioni pubblici orientati all’innovazione.

Conoscere il proprio tasso di “innovatività” è di certo il primo step di un percorso orientato all’innovazione in cui essa stessa non è solo il fine cui tendere, ma lo strumento con cui guardare ed essere sul mercato. E’ quello che ci insegnano i casi di NewEn e di Systemdesign, aziende che non solo trattano servizi e prodotti innovativi, ma che hanno fatto dell’innovazione una strategia di business orientata nel caso di NewEn all’internazionalizzazione, e nel caso di Systemdesign, alla necessità di non dimenticare mai l’importanza, per realizzare innovazione, del costante dialogo e scambio con il mondo della ricerca.

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