Se TIM chiama Sir Tim

Certo è una fortunata coincidenza che una Telco si trovi ad avere lo stesso nome dell’inventore del World Wide Web: Tim Berners-Lee. Non è invece una coincidenza, ma frutto di strategia che “quest’uomo che ci ha cambiato la vita”, e che ha una visione etica del Web, accetti di fare da testimonial a un Brand commerciale. Bell’acchiappata, dicono a Roma, per il lancio dell’unificazione dei marchi di telefonia fissa e mobile: Telecom Italia e Tim diventano un solo brand, TIM appunto. Lancio spettacolare quello del 13 gennaio, bella operazione di comunicazione esterna; ma ora la sfida si gioca sul piano della comunicazione interna. Perché…

Quelli che ci hanno cambiato la vita

Se chiedete a Ferdinando (Nando), riconosciuto opinion leader “der bar der Gazometro”, chi e che cosa ci hanno cambiato la vita nell’ultimo quarto di secolo, la risposta di ruspante sinteticità sarà: “Stivve, Marke, quello delle torri e ‘st’artro macellaro de mò”.

Tim Berners-Lee

E, da quello che si legge su giornali, l’umanità sembra condividere quasi totalmente l’opinione dell’influencer del Gazometro: le indicazioni si dividono, infatti, tra i profeti digitali “Steve” (Job) e Mark (Zuckerberg), un bel po’ dietro Bill (Gates), distanziato Bin Laden che fino a non molto tempo fa, anche da morto, era in cima agli incubi notturni di quelli che continuano a veder rovinare le Twin Towers. Ora Bin è ampiamente superato da quel gran marketer dell’orrore terroristico che risponde al nome di Abu Bakr al-Baghdadi. Pochi vi risponderanno Tim Berners-Lee, per gli amici TBL. Certamente non Nando, che a una mia specifica sollecitazione (“Conosci Tim B…..) ha reagito con una romanesca contro-domanda di tipo conoscitivo (“Chi c… è?”). Eppure il W.W.W. l’ha inventato lui, e solo dopo sono arrivati i profeti dei sistemi operativi e dei device mobili che non abbandoniamo mai, con indubbie enormi e decisive influenze sui nostri stili di vita.

Già nel 1999 (in “Weaving the Web”), quando la Rete era ancora 1.0, TBL guardava oltre, molto oltre: “I media dipingono il Web come un meraviglioso luogo interattivo in cui non dobbiamo sorbirci quello che il produttore televisivo ha deciso di propinarci. Tuttavia la mia definizione di interattivo non comprende solo la possibilità di scegliere, ma anche quella di creare. Sul Web dovremmo essere in grado non solo di trovare ogni tipo di documento e di link, ma anche di crearne, e facilmente. Non solo di interagire con gli altri, ma di creare con gli altri. L’ intercreativítà vuol dire fare insieme cose o risolvere insieme problemi. Se l’interattività non significa soltanto stare seduti passivamente davanti a uno schermo, allora l’intercreatività non significa solo starsene seduti di fronte a qualcosa di “interattivo”.

Il canto libero di Tim Berners-Lee spiegato a Nando

Insomma un visionario vero questo londinese, gratificato dalla Regina del titolo di sir e oggi sessantenne, che continua a battersi perché la Rete resti libera e neutrale. Ho condensato il suo pensiero in dieci flash, anche a beneficio di Nando:

  • Ho inventato la Rete, ma non ne ho brevettato il protocollo, perché volevo che nascesse libera e neutrale
  • Tale deve restare l’accesso alla Rete: aperto e gratuito
  • È necessario garantire a ogni cittadino del mondo la possibilità di connettersi: Internet accessibile da chiunque è oggi una condizione per l’uguaglianza
  • Ci sono nel W.W.W. tendenze al monopolio che occupano degli spazi, ma questo non leva ossigeno alle altre mille iniziative che possono nascere, nascono e nasceranno
  • È l’utente che non deve farsi rinchiudere nello spazio offerto da chi gestisce una posizione dominante
  • I giovani devono uscire dall’individualismo dell’utilizzatore compulsivo. Devono unirsi e imparare a programmare. Devono creare e co-creare, non solo utilizzare: è l’antidoto contro l’affermarsi dei monopoli
  • I giochi nel Web non sono mai definitivamente chiusi: perché è un mercato ancora libero, con un numero immenso di player, e il vento cambia all’improvviso
  • La storia della Rete, ancora breve ma intensissima, sembra un succedersi di monopoli. All’inizio fu Netscape, poi arrivò Microsoft, Google. Ci concentrammo su di loro e sul potere dei motori di ricerca. E spuntò Facebook. Vedrete: a breve spunterà un nuovo “presunto” nemico del Web
  • Non vedo un conflitto tra diritto alla privacy e sicurezza: vedo piuttosto un vuoto preoccupante di responsabilità nella raccolta dei nostri dati, come evidenziato dalle rivelazioni di Snowden
  • La sicurezza è, prima di tutto, prevenzione: dobbiamo insegnare ai nostri figli a tutelare la loro privacy sul web    

Prevedibile ma sincero e sintomatico, e quindi da riportare letteralmente, il commento di Nando a questa sorta di decalogo: “Me cojoni!”.

TBL, british che più british non si può, ha accettato di fare da testimonial all’operazione del Brand Tim. Vedremo come aver scelto un testimonial così etico ponga una bella sfida a tutto il management dell’azienda, a cominciare proprio dal Presidente Recchi e dall’AD Patuano che, sotto l’egida dello slogan, un po’ tautologico, “Comunicare è libertà. Libertà di comunicare”, si sono prodigati molto nell’annunciare, se non proprio la rivoluzione, un cambio di paradigma “epocale”.

Il nuovo logo unico TIM: la storia, il futuro, le reazioni

Da un logo ci si attende innanzitutto l’espressività incisiva e simbolica delle caratteristiche del brand e la facilità di memorizzazione. “A me finora, me pare che è rimasto sempre  er marchio della Sippe (Sip; ndr), striscia più striscia meno!” sostiene l’opinion leader del Gazometro. E ancora una volta Nando non è distante dal vero. Difficile e rarissimo, infatti, che il logo di una grande marca cambi completamente e di colpo; e, quando succede, può essere un ritorno al passato (vedi il caso Fiat).

Più frequentemente il logo evolve per continuare a comunicare valori e scopo della marca, cercando di conservare sempre una sensazione di familiarità, vicinanza, efficienza. E questo anche, e soprattutto, in caso di rebranding: Telecom e Tim vogliono far convergere infatti tutte le offerte commerciali dei loro segmenti di mercato verso TIM, costruendo una brand experience capace di unire la solidità della presenza diffusa di Telecom Italia con la dinamicità dei servizi di telefonia mobile; proponendo una nuova unica icona che coniughi tradizione e futuro.

Questa l’evoluzione dei due loghi negli ultimi venti anni, o poco più.

Loghi tim

Ed ecco il nuovo logo, che mantiene i tre colori tradizionali blu, rosso e bianco ma liberato dalla cornice, liberato da ogni geometria chiusa: una metafora dei più ampi spazi di azione e di conquista. Un’unica icona che presidierà tutte le offerte commerciali Tim e Telecom.

 TIM

Così lo ha commentato Marco Patuano nella conferenza stampa del 13 gennaio:

“ …Un’operazione di sintesi che riflette un fenomeno concreto: la convergenza fisso-mobile abilitata da Internet, dai nuovi device, dalla tecnologia e dalle piattaforme digitali. Saremo il meglio di TIM e di Telecom Italia, da oggi con un nuovo logo che segna anche un importante cambiamento nella ridefinizione del nostro ruolo, da puro operatore telefonico a player industriale e tecnologico in grado di offrire prodotti e servizi innovativi mediante lo sviluppo di piattaforme abilitanti: dalle reti ultrabroadband fisse e mobili, al cloud computing fino all’information technology di nuova generazione“.

Invio il nuovo logo a Nando e gli chiedo che ne pensa. “Che gli orientali se so’ comprati Tim!”. Scandito e conseguenziale il guru dell’Ostiense. E in effetti…

In effetti lo stesso Patuano ha ammesso che si sono resi conto “dopo” che il pittogramma scelto corrispondeva a un ideogramma: Gèn, il trigramma della Montagna, uno degli otto alla base del sistema di divinazione dei Ching. Indubbiamente il nuovo logo appare solido… come una montagna appunto: va bene per il valore della solidità, ma con la dinamicità come la mettiamo?

Appena svelato il nuovo logo, anche la Rete si scatenava. E la sensazione di Nando trovava puntuale riscontro in rete. Ovviamente veniva colta al volo, la possibilità di togliersi qualche sassolino dalla scarpa: Praticamente il #TIMNewBrand significa che due volte su tre che parli al telefono s’interrompe la linea” (@Sergunny).

Proponevo una lettura più costruttiva delle tre onde, nello spirito di Tim (quello in carne e ossa): Una volta puoi anche parlare solo tu, le altre due fate un po’ per uno! Insomma, la comunicazione è anche e soprattutto ascolto. Ma la Rete era già occupata da consolidati esperti dell’ultima ora di Ching cinesi, di graffiti degli aborigeni australiani e dei test di Rorschach.

Mika: umano da palcoscenico

Il 13 gennaio è stata una giornata di grandi effetti speciali.

Video rutilanti, conferenza stampa ricca di personaggi tra cui i tre testimonial dei nuovi spot che partiranno a breve: Tim Berners-Lee appunto, Fabio Fazio un po’ ingessato e Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif. A seguire, la presentazione del progetto architettonico e di riqualificazione urbanistica per il nuovo quartier generale dell’azienda all’Eur nelle ex Torri della Finanza: l’architetta ha un cognome maschile, Bruno, e un singolare nome di battesimo: Ombra. Scarna, sintetica e convincente nell’esposizione, le esprimo tutta la mia solidarietà per le infinite battute che, grazie al suo nome, sicuramente costellano le sue giornate (Nando è d’accordo e frena il suo sarcasmo popolare). Un’installazione artistica di Matteo Cibic è e sarà presente per tutto il periodo di cantiere: bella e viva di giorno, suggestiva di notte, sarebbe consigliabile di renderla in qualche modo fruibile anche dopo.

fascione

Trascinante il concerto di chiusura, al Pala Lottomatica, di Mika, che arriva sul palco immediatamente dopo il filmato che illustra il passaggio dai loghi precedenti alla nuova icona unica TIM. Mika è artista vero e totale e quindi intergenerazionale, al quale i video sul web non rendono giustizia: bisogna sentirlo e vederlo senza la mediazione di uno schermo. Non è un animale da palcoscenico: è piuttosto un caso rarissimo di umano da palcoscenico.  Ha un’energia non definibile in termini coerenti: è trascinante e intimista insieme, una capacità di accendere la relazione del pubblico, di dialogare nello stesso tempo con tutti e con ciascuno. Una sola stilla di questa energia comunicativa potrebbe bastare a ogni rappresentante di Tim per fare bene il suo mestiere.

Insomma chi ha curato gli eventi ha fatto un gran lavoro, anche per il #TimParty serale.

Le vere sfide: comunicazione interna e strategie operative

Frastornati da tutti questi stimoli, pochi hanno saputo o si sono accorti del video-messaggio di Berners-Lee al personale dell’azienda. Breve e incisivo tocca quattro punti fondamentali:

  • Quando ho progettato il web il mio primo obiettivo era che le persone lavorassero insieme
  • Il ruolo delle nuove tecnologie è questo: creare una vera condivisione e generare un grande scambio di energia mettendo insieme le idee di milioni di persone, facendoci sentire parte di qualcosa di molto più grande di noi stessi
  • Voi in particolare avete una grande opportunità: vivere questo processo dall’interno di un’azienda leader della connettività
  • E voi avete anche una grande responsabilità: rendere possibile il diffondersi delle idee, sviluppando tecnologie che ci rendano più aperti, più generosi, più ispirati, più umani

Sir Tim ha colto il nocciolo del problema: un’azienda comunica all’esterno attraverso ciascuno dei suoi lavoratori che sono “portavoce di fatto”, nella quotidianità, delle strategie e dei valori aziendali. Rivolgendosi direttamente a loro ha voluto sottolineare questo aspetto determinante, lanciando un chiaro messaggio al management:

  • se ciascun lavoratore non è consapevole di quanto sia importante per la reputazione complessiva aziendale;
  • se nella quotidianità l’utente non riscontra quella qualità che è stata promessa con la comunicazione istituzionale e quella pubblicitaria;

la migliore delle strategie innovative rischia di arenarsi sulla battigia dei comportamenti concreti.

Ma come si muoverà, sotto tutti i profili, il management perché gli operatori (anche “i dannati” dei call center esternalizzati; sì, anche loro) abbiano la dignità e la consapevolezza di essere una tessera del mosaico reputazionale del nuovo marchio unico? E quali politiche saranno messe in campo per garantire un’assistenza post vendita che garantisca una soluzione in tempi accettabili dei disservizi, un numero verde che consenta di parlare con un operatore in tempi meno biblici, evitando lo slalom snervante tra una serie infinita di opzioni strutturate a gioco dell’oca?

E soprattutto, caro management, vogliamo trovare una soluzione più creativa e civile per illustrare le offerte commerciali di Tim; una soluzione che non sia quella dello stalking commerciale telefonico continuo e recidivo? Forza signori: “più ispirati, più umani” dice il vostro grande mentore inglese! Più creativi e meno invasivi dico io, a nome, credo e scusate la presunzione, di una gran parte di quei 42 milioni di clienti italiani dei quali dichiarate di essere orgogliosi.

Grande giornata – ripeto- il 13 gennaio; il team di Carlotta Ventura ha fatto il suo. Adesso sta a tutto il management garantire la reputazione del nuovo Tim sul fronte più difficile: l’ordinaria quotidianità. Ci vogliono “problem solving e case management” per dirla come sir Tim Berners-Lee. “A Patuà, mò… tocca esse coerenti!” per dirla come Nando.

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