La domanda più giusta da porsi non è se il mobile payment sarà o non sarà il futuro, la domanda semmai è quando ciò accadrà: quando, cioè, il valore del transato dei pagamenti in mobilità arriverà a una soglia tanto significativa da decretarne l’entrata a pieno titolo nelle abitudini delle persone e dei commercianti. In Italia il quadro è lungi dall’essere completo, ma segnali incoraggianti ci sono, come rilevato di recente dal Polimi.
Quello che è emerso con forza è che certamente il contante resta una grande passione degli italiani ma i pagamenti digitali nel complesso stanno crescendo, trainati dalla quota parte rappresentata dalla componente dei New Digital Payment ovvero dal mobile.
“Il mobile payment– ci spiega Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Polimi – sta trainando l’intero comparto potendo offrire una user experience attrattiva caratterizzata da velocità e immediatezza”. Guardando al transato, però, non possiamo parlare di boom, almeno non ancora. “Se ci focalizziamo sulla componente new dei digital payment siamo a circa 21 miliardi di euro di transato totale di cui la parte mobile, che per ora è sviluppata purtroppo solo nella componente remote payment ovvero i pagamenti a distanza attraverso smartphone, è ferma a 2,8 miliari di euro”. Una cifra ancora bassa ma che nasconde possibilità di crescita notevoli anche del 50% anno su anno.
Il Polimi prevede che nei prossimi tre anni si possa passare da questa cifra incoraggiante ma non ancora sufficiente, a quella ben più consistente di 6 miliardi di euro. “Sono dati significativi che mostrano due cose: non solo che cresce l’uso delle nuove modalità di pagamento ma che anche l’offerta degli attori dell’ecosistema, ad esempio quella delle banche, stia crescendo molto.” Gli italiani, in sostanza, si trovano sempre più nella condizione di poter scegliere tra più opzioni e soluzioni di mobile payment.
Ed è proprio l’attivismo delle banche uno dei fattori che trainerà in futuro i “grandi assenti” dell’ecosistema New digital, ovvero i pagamenti NFC di cui tanto si parla: “ci aspettiamo davvero un grosso boost nei prossimi anni per effetto, come detto, della crescita dell’offerta.” Le banche sono attive da tempo sul fronte NFC: all’inizio hanno puntato su soluzioni SIM–based in accordo con le principali telco ma hanno incontrato grosse difficoltà nella gestione del modello che si rifletteva su una non ottimale user experience. Gli alti livelli di sicurezza dell’NFC SIM-based implicava, lato utente, l’assolvimento di molti “passaggi” tecnici prima di poter attivare il pagamento. “Oggi le banche sono al lavoro su soluzioni più autonome grazie all’HCE, Host Card emulation, che sposta in sostanza il fattore sicurezza dalla SIM al cloud.” Chi adotta tale soluzione, nel nostro esempio le banche, è di fatto “svincolato” dalle telco e può gestire il servizio NFC offerto al cliente a 360°.
Il grande lavoro fatto sull’infrastruttura e sulla “sperimentazione” di soluzioni rappresenta, secondo Portale, un grande valore aggiunto: “il mobile payment in chiave NFC non è diverso da qualunque innovazione e sappiamo che le innovazioni in generale hanno bisogno di un certo lasso di tempo per potersi sviluppare. Il lavoro fatto sin qui dalle banche è stato fondamentale: solo ora dopo 5 anni dal lancio abbiamo visto il primo valore del transato, anche se basso, e crediamo che esploderà completamente tra altri tre anni. Certo, se si guardasse solo al conto economico anno su anno sul proximity payment non si partirebbe mai, ma è chiaro che si debba investire oggi per avere ritorni domani”.
Il terreno di gioco è caldo, con il 2015 che ha visto la discesa nell’arena dei mobile payment di colossi tech come Apple, che ha lanciato il suo sistema Apple Pay basato su NFC, Microsoft con l’annunciato Tap to Pay e, infine, Samsung con Samsung Pay. L’aggressività e la pervasività delle OTT evidenziano ancora di più quel bivio a cui le banche italiane si trovano: premesso che non avere soluzioni di mobile proximity payment non è più pensabile, resta da capire che ruolo avere. Elaborare un wallet proprietario, con caratteristiche precise e tarate sulle esigenze dei propri clienti, come ha fatto ad esempio Banca Mediolanum, o appoggiarsi a wallet di altri operatori? In sostanza, essere “gregari” o “leader” di innovazione?
La soluzione, spiega Portale, è nel mezzo e anche in questo caso è una questione di tempo. Le OTT, Apple e Samsung, arriveranno in Italia e questo è un dato di fatto, anche se non si conoscono ancora bene le date dello sbarco. “Questo determinerà ricadute sul sistema: l’importante è che le banche ragionino in ottica di sinergia per partire subito con una soluzione proprietaria con cui fidelizzare i clienti per poi un approccio sinergico con le OTT.”
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