#YouTelegram, Telegram-Utile-Per-Te: un Chatbot nel tuo Canale, meglio se con Intelligenza Artificiale

«Sogno o incubo?», ci chiedevamo l’ultima volta, parlando di #YouTelegram, Telegram-Utile-Per-Te, la nuova vision con cui approcciare l’app di messaggistica passata in poche settimane dall’indifferenza alla moda. L’idea cioè di «poter vendere un sogno via robot» che l’integrazione e interazione Telegram Channels-Chatbots parrebbe render realizzabile – strada tuttavia ancora quasi inesplorata nonostante la sua accessibilità – è davvero un sogno, il segreto del successo? È quel fattore X alla Brian Solis che garantisce la #CustomerExperience più memorabile? O questi Chatbots, questi «robottini virtuali» non meglio definiti, ci fanno ancora un po’ paura? Impossibile rispondere se non si è certi fino in fondo di sapere chi sono.

Che cos’è alla fine un bot, un Chatbot oggi?

Rimandare non si può più. Poche ore, infatti, e ti troverai sommerso di notizie, link, alert, tutti rinvianti a una cosa sola: l’F8 2016, l’annuale Facebook Developer Conference, che prende il via giusto oggi, all’insegna del motto «Code To Connect». Ormai ce lo aspettiamo tutti: sarà il battesimo ufficiale dei Chatbots su Facebook e Messenger che, stando alle previsioni, si aprirebbero definitivamente agli sviluppatori, «mettendo loro a disposizione gli strumenti API per creare Chatbots e plug-in per Live Chat via web». Obiettivo: venir incontro ancora meglio alle esigenze delle aziende e dei loro clienti – dice Zuckerberg. Fare cassa e monetizzare, diciamo noi: in questo modo, infatti, si offrono nativamente strumenti di assistenza ed e-commerce decisivi per il business oggi, eliminando la necessità di uscire dal social di Mark e ricorrere a piattaforme terze. Per questo e molto altro.

Sì, perché le novità mica finiscono qui.

Quanto a Messenger, l’attività dei Chatbots dovrebbe svilupparsi secondo Structured Messages, messaggi strutturati e predisposti «con titolo, immagine, descrizione, URL e call to action, quali l’invito a visitare un sito web, acquistare un prodotto, visualizzare lo stato di un ordine, prenotare un ristorante». Più elaborato ma simile il principio della Live Chat, nuova veste del «Contattaci», ove il brand – e dunque Facebook – potrà risparmiarsi la fatica del push sul cliente a scrivergli via email o chiamarlo, invitandolo piuttosto a chattare direttamente via Messenger e, ancora una volta, a restar così all’interno di Facebook. Ancora? I Messengers Codes e i Messenger Greetings, le novità di Username e Short Links: rispettivamente, come ben spiega anche Franz Russo sul suo blog, la versione Facebook-style dei QR-Codessimili a quelli di Snapchat – codici da scansionare per iniziare una conversazione con i brand via Facebook Pages, o i «saluti su Messenger», messaggi di saluto e benvenuto da un’azienda verso il suo interlocutore all’avvio di una conversazione, o ancora i «nomi utenti», già esistenti ma ora potenziati e resi visibile sulle Pagine Business, uguali alla vanity url per agevolarne reperimento e contatti, e infine i cosiddetti «link brevi», in stile « m.me/username», semplici da ricordare e cliccare per chattare subito col brand. Non basta? Ecco una novità davvero «bella»: l’introduzione di strumenti basati sulla Artificial Intelligence per aiutare i non vedenti a… vedere Facebook e dar loro – commenta The Verge – una «seconda vista», grazie a una più accurata descrizione audio delle immagini postate dagli amici. Per non star a ricordare l’annuncio dell’ecommerce in-store via Messenger: e quando si parla di #ConversationalCommerce, di soldi insomma, il piatto si fa ricco.

Ti piaccia o no, perciò, da oggi i Chatbots saranno il tuo pane quotidiano. Lo sa bene The Economist, che giusto un paio di giorni fa vi ha dedicato un dossier, ove i commenti dei lettori valgono tanto quanto il pezzo: a dimostrazione dell’interesse per questa «Nuova Frontiera», la «Prossima Frontiera» della software economy, oggi «all’alba di un nuovo giorno» che cresce sempre più rapidamente e promette guadagni milionari. «The Biggest Thing since the iPhone», scrive Business Insider: rilanciando i Chatbots come «i sostituti di tutte le App che hai scaricato sinora sul tuo smartphone». «No Apps. No Search Box», scrivono lapidari. «Per sapere che tempo fa, non serve aprire l’App del Meteo: basta chiedere al bot».

Definizioni e frasi ogni giorno più a effetto si rincorrono d’altronde vorticose tra addetti ai lavori, osservatori e grande pubblico. «Bots Are The New Apps»,«Forget Apps, Now The Bots Take Over», o «Botageddon», «Bot Gold Rush», «Great Bot Rush», la nuova «Corsa all’Oro dei Bot» – giusto per ricordarne alcune. I Chatbots hanno anche ormai il loro «BOTIFESTO», steso a più mani da esperti e per molti destinato a segnare un’epoca, nonché la loro netiquette con tanto di mission: il Bot Rulebook di Amir Schevat, Head of Developer Relations per Slack (a sua volta una «droga che crea dipendenza» per i team aziendali, con 200 milioni di dollari di finanziamento appena ottenuti e un valore stimato di 3,8 miliardi). Un «Elenco di Regole», quello della Schevat, ove lo scopo dei Chatbots è chiaro: «To make human life better, to provide a helping hand, and to do so proficiently and courteously». «2016 will be the year of conversational commerce», ha d’altra parte più volte sentenziato sul suo blog Chris Messina, già inventore dell’hashtag.

Di Chatbots è pieno il mondo. Che cosa sono davvero, però?

Le prime risposte abbiamo provato a darle nelle ultime settimane: chiarendo, auspico, che non sono… innamorata dei bot. «Fuochino», ho specificato, mentre ci si interrogava su quale fosse il «luogo» della #CustomerExperience Revolution. Tantomeno sono «innamorata» di Telegram come tale: di cui oggi, anzi, inizio a temere un possibile rapido imbarbarimento per l’abuso, l’utilizzo non strategico e sconsiderato che troppi ne stanno facendo. Chatbots, Telegram e le altre piattaforme sono solo ingredienti di un processo: che il piatto risulti buono, a fine cottura, dipende solo da come li mixeremo, da come useremo questi strumenti.

Perciò ho rinviato, e tuttora rinvio, alla «ricetta» Telegram Channels+Chatbots come luogo ad oggi del fattore X: per la Inline Mode Revolution, annunciata il 4 gennaio, coi suoi Inline Bots, «Bot onnipresenti, utilizzabili in chat, Gruppi o Canali», pronti a «aiutarti a svolgere dozzine di attività», qui dunque almeno al momento sul terreno più fertile per generare i frutti migliori, nel miglior rapporto qualità/prezzo per l’abbattimento delle barriere all’ingresso e la possibilità per le aziende di realizzare il servizio migliore e più veloce per il cliente, esterno o interno, garantendone la Customer Satisfaction finale.

#YouTelegram sì, dunque, rievocando con ciò la Youtility, la utilità-per-te di Jay Baer: un’app in grado forse, se ben usata come indicato, di «fornire un sogno via robot, tanto splendido che tu, cliente, non potrai non volere comprarlo da me». La Chatbot Revolution in generale, però, l’Intelligenza Artificiale, sono ormai alle porte. Vuoi l’ultima, a proposito? Iscriviti alla lista di attesa di Amy (o Andrew per le femminucce), virtual assistant ideato da x.ai per organizzare meeting e tenere in ordine la tua agenda. Reduce da un finanziamento da 23 milioni di dollari per un valore stimato di 100, persino la CNN l’ha definita «personal assistant da sogno: professionale, pronta e ricettiva alle critiche». Un’impiegata modello: il sogno di ogni datore di lavoro.

Che cosa s’intende oggi per Chatbots?

«Per Bot o Chatbot oggi, intendiamo un qualsiasi software, un qualsiasi programma di dialogo in linguaggio naturale, con interfaccia uomo-macchina o macchina-macchina, di tipo testuale o, in un prossimo futuro, vocale», spiega Giorgio Robino, Conversational Computing Evangelist & Software Engineer, che non esita a parlare di «Rivoluzione dei #Chatbot» e, proprio in queste settimane, si sta dedicando al lancio del «primo evento italiano sui sistemi di dialogo in linguaggio naturale», con tanto di hashtag ormai di tendenza #convcomp2016. Un esperto di quelli veri, Robino: tecnico, nerd abbastanza per aprirti abissi di righe di codice ed esser già autore di progetti innovativi, sul piano del Conversational Commerce e dell’Online Customer Care via Chatbots, come i già citati Rosposhop o Conversator, ma altrettanto «visionario e filosofo» da dar forma a concetti complicati scolpendoli in definizioni nette e chiare. Le sue, specifica sempre per correttezza: comprensibili però persino a me (dopo infiniti scambi di email, sia chiaro, conversazioni su social e il mio studio «matto e disperatissimo» degli articoli sul suo blog).

«Si tratta di un concetto generale», spiega, «adatto a un Chatbot semplice come @grocerylistBot, che su Telegram che tiene la lista della spesa, così come a Mitsuku, dotata invece di una personalità pseudo-umana». Più volte infatti, anche in questa rubrica, abbiamo distinto con cura attori e campi da gioco di questa nuova partita: da un lato i bot, dall’altro le varie piattaforme d’implementazione degli stessi – App o SMS, Messenger o Slack, Telegram o chissà quant’altre.

Altra distinzione fondamentale è quella tra Chatbots e #AI, Artificial Intelligence

«Per Chatbot s’intende un ampio spettro di software, con o senza intelligenza artificiale». Un Chatbot, insomma, non deve essere per forza «intelligente» per definirsi tale: né per funzionare e fornire servizi anche molto innovativi. Paradossalmente, anzi, proprio (anche) su questi tipi di Chatbots privi di #AI c’è in gioco di più attualmente. «Per fare un semplice e-commerce, come il mio Rosposhop ad esempio, un bot senza #AI va più che bene».

E se vuoi proprio, a questo punto, una definizione da accademia, ecco a te il DNA dei Chatbots. La loro mappa genetica, verrebbe da dire, scansionata secondo 3 generazioni, le 3 tipologie di Chatbots presenti a oggi:

  1. «Command-based»;
  2. «Conversation-Based, Conversazionali»;
  3. «AI-Based, dotati di personalità propria, conoscenza dell’utente, in grado di generare inferenze», di arrivar a conclusioni logiche con una forma di «ragionamento».

Che cosa s’intende? Più semplice di quanto tu creda:

  1. Command-based Chatbots: «È il livello medio attuale dei bot. Si muovono tramite comandi fissi, spesso verbi preceduti dal segno “/”, lo slash». Esempi? «“/esegui X” “/fai Y” ecc. Sono robottini, minuscole macchine che eseguono poche semplici azioni a comando». Non meno decisivi, però, appunto. Proprio questo è il fronte caldo del #ConvComm, del «Conversational Commerce» di cui già oltre un anno fa parlava Chris Messina e su cui tutti stanno puntando – Robino compreso con Rosposhop, appunto. «In questa prima categoria rientrano infatti anche i Bot transazionali, chiamati ad eseguire transazioni di pagamento o altri workflow tipici dell’e-commerce. Esempio: “Ricerca è Metti in carrello è Scegli indirizzo è Scegli momento di consegna è Concludi l’ordine”». La centralità di questi Chatbots, su Telegram in generale, si commenta da sé.
  2. Conversation-Based, Chatbots Conversazionali: «Sono i bot con cui puoi fare conversazione come con un interlocutore umano: un’amica, il commesso di un negozio», spiega. «Il bot è pronto a interpretare domande su uno spettro ampio di argomenti. Sono gli agenti virtuali, di tipo assistant o concierge». Esempi illustri, con le applicazioni e implicazioni lato business che ne derivano? Mitsoku su Telegram, creata da Steve Worswick, e Angela», «gatto parlante» dal grande successo. «Semplici giochi, entità virtuali d’intrattenimento». Sì, ma c’è forse qualcuno che abbia dubbi oggi sulle potenzialità di entertainment e gamification in termini di business per Chatbots simili – in generale e in quanto opportunamente implementati in Telegram?
  3. AI-Based Chatbots: «Si tratta di bot conversazionali evoluti, modellabili a misura dell’interlocutore», spiega, «con personalità diversa a seconda che abbiano dinanzi una signora, un ragazzino o uno studente d’ingegneria». E soprattutto cognitive, in grado di far ragionamenti. Con innumerevoli potenziali ritorni, lato business, già accennati parlando sopra di Amy e ay o, in precedenza, degli avanzamenti nel settore a opera dei Big Players. Come Microsoft, già da tempo al successo in Cina con la sua Xiaoice e per cui si prevedono trionfi ancora maggiori coi progetti #AI annunciati al Build 2016; ma anche Google, con la sua tanto attesa nuova Chat e il progetto AlphaGo, Intelligenza Artificiale Deep-Mind-Based, o ancora IBM Watson col centro «Watson Health» per lo sviluppo di soluzioni cognitive applicate all’health science e in futuro alla PA. Per non parlare di esempi più che noti: come Amazon Echo con Alexa, Apple con Siri, o la più giovane Viv, ideata proprio dal creatore di Siri, nata per… assisterti in tutta la tua vita, tutta la vita. Viv prende infatti il suo nome da «Live» e, nei suoi uffici, splendono i numeri «6» e «5»: in latino rappresentati appunto come «VI» e «V».

«Oggi ci troviamo in una fase iniziale», sintetizza Robino, «con Chatbots tipici della Generazione I. Ci sono già però tutte le competenze e gli strumenti tecnici necessari per arrivare, entro qualche anno, a uno sviluppo compiuto dei Chatbots di Generazione III». Ecco perché si parla tanto di «corsa all’oro». La fretta c’è, e se ne capisce il motivo, ad arrivar per primi a piantar la bandierina.

«Il problema sta nel cervello del bot, non nella bocca con cui potrà esprimersi». In altre parole, anche un Chatbot sofisticato, di terza generazione, potrebbe essere implementato in Telegram (così come virtualmente, appunto, in ogni piattaforma). Se però riconsideri i tanti già elencati vantaggi lato #CustomerExperience e #EmployeeEngagement sviluppabili dalla «nostra ricetta» Telegram Channels+Chatbots, possiamo immaginare gli scenari pronti ad aprirsi integrando proprio Chatbots dotati di #AI entro i Canali Telegram.

Non solo, insomma, Telegram Channels+Chatbots: ma Telegram Channels + #AI-Chatbots è  #CustomerExperience Revolution! Questa sì che sarebbe #YouTelegram, Telegram-Utile-Per-Te.

Una formuletta magica senza pretese, ma con potenzialità oggettive.

Perché? Ripensa in conclusione alla quantità e qualità, per importanza strategica e potenzialità di business, dei livelli d’applicazione possibili dei Chatbots – implementabili su piattaforma X, Y, Z… o anche in Telegram:

  • Conversational Commerce;
  • E-Payment, Mobile Payment, Home-Banking;
  • Customer Care Automation;
  • Concierge Journalism;
  • Entertainment, Gamification;
  • Health-Care;
  • E-Learning;
  • Automotive;
  • Smart Home;
  • Internet Of Things.

Si sveglino insomma brand e testate, aziende e influencer – chiunque voglia far business. Anche perché un esempio d’eccellenza, di qualcuno che la «bandierina n. 1» l’ha piantata davvero a tempo record nel proprio settore, già lo abbiamo, tutto italiano. È PostPickr, primo social media tool al mondo a integrare la gestione dei Canali Telegram. Occhio però: per farlo, devi avere un Bot, che inserirai come amministratore nel Canale! Se non ce l’hai, provvedi subito: tanto qui il team di PostPickr ti spiega anche come fare (e su Telegram li trovi qui). Tutto perfetto insomma, tutto coerente con la nostra «filosofia di successo».

E menzione d’onore va anche a Eni: primo brand, ci risulta, a sbarcare su Telegram col Canale Eniday e a farlo, soprattutto, con una comunicazione viva e vivace, che promette scintille. Le soluzioni ci sono, dunque: basta volerle vedere e realizzare. Non sarà ora di aprire gli occhi?

(foto Juxi su Wikipedia, CC-BY-SA 3.0)

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