Open Source Ecology e la democratizzazione del benessere

Henry Ford, fondatore della Ford Motor Company ed autentico innovatore, all’inizio del secolo scorso affermò che “c’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti“, concetto che fece proprio adeguando gli stipendi dei propri operai in modo che potessero permettersi di acquistare le automobili che essi stessi producevano e assemblavano. Oggi, a quasi un secolo di distanza, possiamo osservare come il fenomeno dell’Open Manufacturing cerchi di realizzare ed elevare il concetto espresso a suo tempo da Ford attraverso la democratizzazione delle tecnologie stesse, in modo da garantire a tutti non solo l’accesso ai vantaggi, ma anche la capacità di intervenire sugli svantaggi, aspetto che il progresso nel corso degli anni non ci ha certo risparmiato.

La massima espressione di questo ideale è rappresentata, a mio avviso, dal collettivo Open Source Ecology, un’organizzazione no-profit che raccoglie una numerosa e ben distribuita comunità di progettisti, ingegneri, agricoltori e costruttori impegnati nell’ambizioso progetto di sviluppare in maniera aperta e collaborativa il Global Village Construction Set (GVCS), un insieme di quelle che, secondo la stessa comunità, sono le macchine e le tecnologie fondamentali in grado di costruire da zero (e tenere in vita) una civiltà moderna.

La storia

Tutto nasce nel 2003 grazie all’iniziativa di Marcin Jakubowski, statunitense di origine polacca che, nonostante una laurea con lode presso la Princeton University e un dottorato di ricerca in fisica presso l’università del Wisconsin, si ritenne incapace di risolvere problemi complessi e si mise alla prova avviando una fattoria nel Missouri rurale. Qui si scontrò con la tecnologia dei macchinari agricoli, che avrebbe dovuto presentarsi come consolidata e ben collaudata, e invece gli pose di fronte continui problemi di rotture e improponibili costi di riparazione; sentì quindi l’esigenza di metterla in discussione e ripensare i macchinari agricoli e industriali al fine renderli semplici, modulari e in grado di scambiare componenti tra loro, una sorta di “costruzioni Lego in scala reale”. La grande intuizione, che si rivelò determinante per dare concretezza a questo suo proposito, fu la scelta del modello collaborativo Open Source: bisognava creare una piattaforma che potesse rivoluzionare l’industria e l’agricoltura allo stesso modo in cui Wikipedia aveva rivoluzionato l’accesso alla cultura e il Software Libero all’informatica. Il nome Open Source Ecology fu coniato proprio con l’intento di dare un più ampio respiro a questo progetto, reinventare la tecnologia avrebbe dato l’opportunità di ideare un’economia sostenibile in cui natura, società ed industria potessero coesistere armoniosamente.

La fattoria delle idee

Quel terreno di 30 acri in Missouri diventa “Factor e Farm” (dove “e” sta per numero di Eulero), una fattoria delle idee dove creare tecnologia, ecologia e comunicazione sul web, e i progetti iniziano a prendere forma. Nel 2007 viene realizzato il primo prototipo di pressa per mattoni, l’anno dopo viene coniato e presentato per la prima volta al pubblico, presso l’Università del Missouri, il “Global Village Construction Set” composto da 50 macchine, qualche mese più tardi arriva anche il primo prototipo di trattore Open Source e nei tre anni successivi vengono realizzati in tutto ben 8 prototipi. Il risultato è incoraggiante: i macchinari riprogettati costano mediamente 8 volte meno dei corrispondenti presenti nel mercato globale.

tabellaRiduzione costi OSE vs. standard industriale, 2011

La campagna di crowdfunding

Verso la fine del 2011 il collettivo tenta il salto di qualità, una campagna di crowdfunding su Kickstarter per finanziare la creazione di documentazione tecnica di alta qualità (modelli CAD 3D, disegni costruttivi 2D, video didattici, calcoli strutturali, diagrammi, manuali di uso e manutenzione, ecc.) e la costruzione, presso “Factor e Farm”, di un impianto produttivo di circa 1500 metri quadri e di 10 unità abitative. La campagna è un successo, su 40.000$ di traguardo ne vengono raccolti più di 63.000 e il collettivo conosce finalmente una fama globale, Open Source Ecology riceve diversi riconoscimenti e Marcin Jakubowski diventa membro della conferenza TED (Technology Entertainment Design) e della Shuttleworth Foundation.

La storia recente

Nel 2013 viene realizzata a scopo dimostrativo, mettendo a frutto tutti i macchinari fin qui disponibili e in una sola giornata di lavoro, la MicroHouse, un’unità abitativa modulare progettata per ricevere “add-on” ed essere costruita in parallelo.

Ad oggi lo stato di avanzamento lavori è arrivato a circa il 25% e coinvolge 37 macchine su 50.

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Sebbene la maggior parte dei macchinari sia ancora contrassegnata come prototipo, ognuno di essi ha conosciuto diversi stadi evolutivi, per esempio il trattore ha raggiunto la sua sesta versione, estremamente più capace e complessa rispetto a quella iniziale. La roadmap tracciata sul Wiki del progetto prevede il completamento lavori, per quanto riguarda il GVCS, nel 2023.

La scelta di FreeCAD

Fin dalla nascita, questo progetto ha dimostrato sempre una grande coerenza tra “missione” e strumenti software utilizzati (e dunque proposti), con una lodevole propensione per quelli Open Source, o quantomeno gratuiti, in modo da favorire il più possibile l’accessibilità, e quindi i contributi, da parte della comunità. Per quanto riguarda i software di progettazione CAD, fondamentali per questo ambito, la scelta tuttavia è stata, almeno fino a pochi anni fa, piuttosto ardua, in quanto l’offerta di alternative libere era piuttosto scarsa o poco praticabile. Quest’anno però, in occasione della presentazione dei lavori di aggiornamento del Wiki, è arrivata un’interessantissima novità, la scelta di FreeCAD (potente piattaforma Open Source di modellazione 3D parametrica), giunto a un importante traguardo di sviluppo con la versione 0.16, come CAD di preferenza della comunità. Nel ultimi mesi, dallo stesso canale Youtube di Marcin Jakubowski, sono stati pubblicati numerosi video-tutorial per agevolare la migrazione di tutti i progettisti che contribuiscono al GVCS a questo potente strumento libero. Questo è un aspetto che mi preme sottolineare perché Open Source Ecology è il primo progetto di Open Manufacturing di rilevanza mondiale a compiere una scelta di questo tipo, dimostrando lungimiranza e una grande reattività rispetto alle novità del panorama Open.

Il modello di business

Pur avendo già realizzato piccole produzioni di macchinari, questo progetto non ha come fine ultimo la loro vendita, bensì la ricerca, la sperimentazione e l’ingegneria; il modello di sostentamento economico è quindi affidato principalmente a un programma di donazioni periodiche denominato True Fans, che è arrivato a garantire fino a 4000$ al mese. A queste si sono aggiunti nel tempo diversi contributi da parte di numerose fondazioni tra cui la Shuttleworth Foundation e la Ewing Marion Kauffman Foundation. Altri introiti infine sono garantiti dall’organizzazione, principalmente sul suolo americano, di interessantissimi workshop mirati sia all’acquisizione di competenze ingegneristiche e progettuali, che di abilità manuali di lavorazione ed assemblaggio di macchinari.

Ricadute sull’economia

Il modello Open Source Ecology è positivo, oltre che per sé stesso, anche per l’economia locale per almeno due aspetti:

  • Fabbricazione flessibile, la scelta di progettare le macchine in modo che possano essere costruite con macchinari e utensili generici, favorisce un modello (organizzato e coordinato) di fabbricazione decentralizzata e distribuita, favorendo i piccoli produttori locali
  • Economia distributiva, non avendo un focus sulle vendite, il collettivo incoraggia le imprese ad adottare la piattaforma OSE come base per lo sviluppo dei propri macchinari enterprise, limitando quindi i costi di investimento in ricerca e favorendo il time-to-market e la competitività.

Limiti

La “vision” di questo progetto è enorme, imponente e dirompente. Chris Anderson l’ha definita (in termini assolutamente positivi) “terrificante”, la roadmap che citavo prima mostra un percorso ambizioso, che di certo non sarà favorito dal mercato globale, che arriva, per ora, fino al 2035. Nonostante la comunità sia davvero numerosa, competente e prolifica, alcuni dei macchinari del GVCS rappresentano sfide oggettivamente ardue da vincere: turbine eoliche, forni fusori ad induzione, veicoli per la mobilità sostenibile e mezzi pesanti per il trasporto delle merci… Sono sicuramente ambiti diffusi e ben consolidati, ma sui quali l’industria “mainstream” ha faticato e lottato molto per affermarsi. I concetti generali son ben noti in ambito “accademico”, ma la loro applicazione pratica necessita ancora di know-how e competenze molto specialistiche e di alto livello. Realizzare questi traguardi necessiterà di un salto culturale del mondo delle imprese che in questo momento è difficile da scrutare all’orizzonte; il modello Open Source dovrà maturare e consolidare le sue dinamiche ancora molto.

Conclusioni

Open Source Ecology è una risorsa, una “Wikipedia della manifattura”, un progetto da una parte molto innovativo e dall’altro di conservazione del cosiddetto “saper fare”. Con la sua multi-disciplinarietà sarebbe il progetto ideale da portare nelle scuole, nelle università, nei corsi di formazione professionale, per ravvivare il nostro artigianato e la piccola impresa. Bisognerebbe mettersi in gioco e imparare, provando sulla propria pelle, che collaborare, come si è fatto ad esempio qui in Friuli dopo il terremoto del ‘76, fa bene alle persone prima ancora che all’economia.

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