Una varietà di tattiche e strumenti sono disponibili per perseguire gli obiettivi di digital marketing, ognuna con sue finalità specifiche e i suoi punti di forza. Nel contesto dinamico del Web 2.0, dove nuove applicazioni e piattaforme nascono ogni settimana, dove i comportamenti e i bisogni degli utenti/clienti mutano nel tempo, anche tali tattiche e strumenti devono essere variegati, dinamici, flessibili e agili.
In ogni caso, ci deve essere trasmissione di contenuti verso l’utente/cliente che devono promuovere valore da condividere, mediare, arricchire e sviluppare in maniera partecipativa e congiunta. Ma quali sono le worst practices di digital marketing?
Partiamo da quello che, secondo Gigaom Research, è lo strumento di digital marketing più usato: l’email marketing.
Secondo il report di Clickpoint, relativo all’utenza registrata tra settembre 2015 e maggio 2016, gli utenti che si registrano di più sono di sesso maschile, tra i 30 e i 50 anni, con un picco tra 38-43 anni. I giorni infrasettimanali (tra mercoledì e venerdì) risultano, secondo lo stesso rapporto, come i migliori per l’invio di Dem.
Estremamente economica e personalizzabile, l’email consente di raggiungere segmenti specifici di utenza e la sua efficacia può essere facilmente misurata. Si basa sul raggiungimento di un vasto numero massimo di persone dalle quali poter ricevere attenzione e feedback ma che non devono percepire l’attività come una fastidiosa azione di spam. L’email marketing è sicuramente uno strumento adatto alla creazione di valore e alla costruzione di relazioni, con clienti esistenti e potenziali, ma meglio evitare alcune specifiche worst practices:
- Inviare email senza avere preventivamente acquisito il consenso dei destinatari (opt-in), attraverso una qualche azione esplicita e informata, per esempio una registrazione in un sito web (peraltro è una violazione della legge)
- Utilizzare liste di indirizzi email predisposte da altri, per esempio recuperate su internet in modo fraudolento o acquistate, anche se dichiarate opt-in
- Non prevedere un meccanismo esplicito di disdetta del servizio di mailing che sia semplice e immediato
- Non inserire l’informativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali
- Essere assillanti, inviare email troppo frequenti
- Fare solo (o troppo frequentemente) pubblicità e proposte commerciali
- Non fornire informazioni utili, rilevanti, chiare, che siano di valore per i destinatari
- Scrivere male, con errori grammaticali, con sintassi povera o troppo complessa, che possa rendere difficile la comprensione del testo
- Omettere i riferimenti chiari e completi del mittente
- Non personalizzare il messaggio
- Omettere o non rendere chiaro e facilmente comprensibile l’oggetto della email, che spesso è prerequisito affinché il destinatario proceda alla lettura del testo
- Allegare file, specialmente se grandi, a meno che non esplicitamente richiesti
- Eccedere con le immagini nella email.
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