Italia pronta alla dematerializzazione della PA? Intervista a Michele Cutillo

Due anni fa circa veniva annunciato il completamento dell’acquisizione di Integra Document Management (IDM) da parte di Canon Italia, con l’obiettivo di diventare uno dei principali leader del mercato italiano dell’Information Management e dei processi di business in outsourcing. Il piano di allineamento e integrazione delle due aziende si è concluso con successo lo scorso anno e, grazie al contributo dato dal conferimento del ramo d’azienda Canon Business Service, oggi IDM vanta ben oltre mille risorse impegnate su tutto il territorio. Dematerializzazione e PA sono due parole ovviamente ricorrenti in azienda che Michele Cutillo, Amministratore Delegato di IDM e Direttore Business Services di Canon Italia, ha chiarito parlando proprio di PA digitale.

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Michele Cutillo Amministratore Delegato di IDM e Direttore Business Services di Canon Italia

Quanto la PA italiana è pronta oggi per la dematerializzazione?

La PA è pronta poiché il quadro normativo di riferimento è ben delineato e chiaro. Attualmente abbiamo tutte le regole per la gestione e conservazione del dato; l’Italia è tra le prime nazioni ad aver inserito e sopratutto standardizzato le regole tecniche per la gestione delle informazioni, compreso le complessità legate alla privacy.

Quali i limiti più evidenti e come superarli secondo la sua esperienza?

Il limite più evidente ed anche il più arduo da superare, a mio avviso, riguarda il change management poiché la resistenza al cambiamento non solo tecnologico ma anche di processi è molto elevata, particolarmente nel settore pubblico. Appare evidente che il cambiamento dei processi modifichi anche le attività lavorative e l’organizzazione del lavoro stesso. Questo cambiamento potremmo definirlo epocale poiché coinvolge non solo tutta la PA ma anche l’intero settore d’impresa. L’errore più comune commesso nel corso delle digitalizzazioni e dematerializzazioni è solitamente quello di trasformare in digitale il vecchio processo analogico e/o cartaceo invece che ridisegnare completamente il processo. Questo errore porta con sé una serie di chiusure e resistenze da parte dei lavoratori, che scontano anche il timore di una difficile ricollocazione su un mercato del lavoro sempre più tecnologico e che richiede personale sempre più specializzato. Nel settore pubblico questo timore è spesso accompagnato non solo alla poca maturità dell’organizzazione nel supportare il cambiamento ma sopratutto dalla difficoltà di intraprendere e sviluppare percorsi di formazione efficaci per mancanza di fondi. Oggi le tecnologie ci sono tutte e i prodotti sono in linea con le esigenze; manca invero la visione d’insieme di gestione del processo. In questo scenario la formazione assume un aspetto fondamentale sia per la preparazione nella gestione e governo dei nuovi processi digitali sia per la riqualificazione dei singoli lavoratori e quindi per ridare fiducia alle persone e supportarle nel cambiamento.

Quanto la dematerializzazione è legata a un fattore culturale più che tecnologico?

A livello normativo e tecnologico non c’è più alcun ostacolo. Oggi esiste tutto il necessario a costi contenuti: penso per esempio alla  firma biometrica e ai riconoscimenti delle retine oculari. Resta dunque la questione culturale che andrebbe sviluppata e sostenuta attraverso campagne informative e di sensibilizzazione verso tutti i cittadini per far comprendere che la digitalizzazione è un processo che non si ferma più, poiché non attiene solo la sfera lavorativa ma è pervasivo della sfera privata. L’esigenza prioritaria in questo momento, pertanto,  è comprenderlo e conoscerlo per non esserne travolti e imparare a governarlo. Infine per supportare il cambiamento bisognerebbe poter attivare dei percorsi di valorizzazione delle persone che favoriscano i processi di core business aziendale migliorando l’efficienza aziendale e organizzativa.

Cosa pensa delle ultime revisioni normative? Vanno nella direzione giusta o avrebbero bisogno di altro?

Le normative vanno bene e sono complesse ma sufficienti malgrado queste abbiano chiaramente una durata o forse potremmo meglio dire limite temporale. I riconoscimenti digitali delle immagini (come ad esempio gli sviluppi e le implementazioni di alcune soluzioni tecnologiche nel settore assicurativo) sono processi che ad oggi non sono ancora normati poiché non ritenuti validi ai fini di certificazioni, ma fra 5 anni, con l’evoluzione di questi strumenti, la legislazione dovrà aggiornarsi per essere al passo con i tempi e le esigenze del momento.

Una buona pratica internazionale o nazionale che può far capire che si potrebbe fare?

Non abbiamo in questo momento un modello da seguire diverso o più evoluto del nostro. Nel nostro Paese vi sono alcune eccellenze anche nel settore pubblico che non hanno nulla da invidiare alle esperienze estere anche considerando le difficoltà non da poco di una normativa nazionale, nel settore pubblico, decisamente complessa e poco flessibile rispetto ai sistemi extranazionali. Parlando di Pubblica Amministrazione un progetto che possiamo citare è quello dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Il servizio erogato in questo caso da IDM ha un duplice obiettivo: da un lato l’ottimizzazione del processo di incoming e la velocizzazione dell’attività di presa in carico dei documenti dall’altro un servizio di assistenza e consulenza in ambito legale e informatico. Nel primo caso è stato creato un team di risorse che quotidianamente riceve oltre 400 documenti attraverso diversi canali (posta, fax, mail, ecc) ed effettua la classificazione e la protocollazione, garantendone la gestione anche in caso di elevati volumi o in circostanze caratterizzate da notevoli flussi di lavoro. Nel secondo caso è stato formato un gruppo composto da 15 persone, con competenze specifiche in ambito legale e informatico, che gestisce oltre 300 richieste al giorno e offre consulenza e supporto a tutte le esigenze provenienti dalle Stazioni Appaltanti, dagli Operatori Economici, e da tutti coloro che hanno necessità di interagire con il portale ANAC.

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3 COMMENTS

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