Aiutare i migranti richiedenti asilo con una app: storia di HI HERE

Questa è la storia di un’app, HI HERE, disponibile gratuitamente da dicembre, che nasce da una ricerca condotta sul campo in sud Italia durante l’estate 2015 da Martina Manara e Caterina Pedo’ sui sistemi di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati. L’app si propone di tradurre la ricerca in azione e facilitare un’ulteriore raccolta dati dal basso per migliorare i servizi di protezione, permettendo ai rifugiati di connettersi, condividere la propria esperienza e raccogliere informazioni sul diritto di asilo e i servizi locali di accoglienza.

“Durante la ricerca – afferma Martina manara, cofondatrice di HI HERE – abbiamo osservato che i migranti combattono ogni giorno per supplire alla mancanza di contatti sociali, comunicazione con cittadini, istituzioni ed enti locali, informazione e voce. Infatti, la rete di ricezione dispersa necessariamente crea un distacco rispetto alla comunità dei migranti o comunque di persone con un’esperienza pregressa simile. Questo costituisce un problema soprattutto in quelle città e regioni nuove al fenomeno dell’accoglienza, dove le istituzioni tendono ad essere meno preparate e le comunità locali più ostili. Spesso barriere linguistiche e complessità del sistema burocratico ostacolano l’accesso all’informazione, anche quella di vitale importanza, riguardante il diritto di asilo e i servizi locali di accoglienza. In generale, abbiamo riscontrato una radicale mancanza di voce, nel senso che i migranti vivono in condizione di isolamento. HI HERE App fornisce strumenti per far fronte a ciascuna di queste mancanze. Benché questa polifunzionalità rappresenti la sua unicità, certamente la comunità tecnologica potrà fare ancora tanto per richiedenti asilo, rifugiati e migranti. Per esempio, strumenti per la traduzione estemporanea di terminologia legata al diritto d’asilo e tanto altro”.

Quali i dati più importanti emersi dalla ricerca sui sistemi di accoglienza dei richiedenti asilo?

La ricerca ha portato a osservare che la ricezione dispersa dei richiedenti asilo nella rete SPRAR risente fortemente delle condizioni territoriali locali. Da qualche anno UNHCR, l’Unione Europea e il Governo italiano tendono a superare la ricezione centralizzata a favore di un’accoglienza diffusa, privilegiando appartamenti e strutture di piccole dimensioni nelle aree urbane. Alla base di questa volontà politica risiede la convinzione che la città fornisca maggiori opportunità per il recupero, l’inclusione sociale e l’integrazione economica dei migranti. La ricerca mostra come in alcune aree d’Italia caratterizzate da deprivazione economica e sociale oppure senza una struttura di governance solida manchino le condizioni affinché il sistema SPRAR possa operare efficientemente; attraverso l’analisi dei fattori socio economici e politici che determinano esiti positivi di accoglienza, ci proponiamo anche di evidenziare i correttivi da apportare alla rete SPRAR su scala nazionale.

Come la app si integra con i social? Perché un rifugiato dovrebbe preferire questa app rispetto all’uso di un’altra piattaforma social?

I social non sono strumenti concepiti specificamente per le esigenze dei migranti. Tanto più che i dati trasmessi dai migranti non hanno un tornaconto economico diretto per i social stessi. Si direbbe che i social media siano progettati talvolta più per connettere individui stanziali a distanza, che non per avvicinare individui in effettivo movimento l’uno verso l’altro. Chi usa Facebook in inglese sa che la funzione “nearby friends” è quanto di più approssimativo ci possa essere al momento per capire se qualcuno dei propri amici si trova effettivamente nelle vicinanze. I social, inoltre, sono spazi di terzi, a loro volta suddivisi in spazi che rimangono comunque sotto il controllo di qualcuno. Non esistono, su Facebook, spazi neutri di discussione perché si è sempre alla mercé di qualcun altro che ci “Ospita” sulla sua pagina, nel suo gruppo, sul suo diario. Un migrante che volesse mettere in guardia gli altri della validità di un servizio di accoglienza potrebbe trovarsi nella situazione di non rendersi conto che il suo commento è diventato invisibile.

Sebbene Twitter non abbia spazi “recintati” come Facebook, sta vivendo in questo momento una grandissima crisi di popolarità, probabilmente dovuta alle sue difficoltà di costringere gli utenti ad assumere identità digitali verificate e stabili nel tempo. Su Twitter il migrante può trovare informazioni più immediate e di prima mano, ma avrà sempre il dubbio relativo alla fonte di queste ultime. Inoltre, i migranti spesso hanno bisogno di far perdere le proprie tracce, di apparire e scomparire a piacimento: certuni non possono pubblicare un tweet per ragioni di sicurezza, così come certe “Informazioni” su Twitter non possono rimanere a lungo. Infatti, ci sono entità sovranazionali che possono costringere la piattaforma a rimuoverle.

Snapchat potrebbe essere, data la sua natura ancora fluida e il suo ruolo di competitor di Facebook, più che altre app di messaggistica istantanea, un nuovo canale utile. Panorama di BBC ha trasmesso un intero documentario sui migranti attraverso Snapchat: soprattutto per chi usa questi strumenti per rimanere in contatto con i propri famigliari, e non vuole rischiare di essere “scoperto” da membri di organizzazioni come l’Isis, al controllo dei cellulari alla frontiera. Tuttavia, è evidente come Snapchat impedisca a priori lo stratificarsi di informazioni verificate e approfondite sui pericoli del viaggio oppure sulle esperienze di accoglienza.

In conclusione, HI Here nasce proprio con l’intento di fornire ai migranti uno spazio forse meno immediato di un social network ma più sicuro, per l’incolumità dei loro dati digitali, e maggiormente verificato, sia dal punto di vista delle informazioni date, sia degli interlocutori presenti. E’ un servizio esclusivo, se vogliamo, creato apposta per i migranti e che usa i dati raccolti unicamente a loro beneficio.

Chi anima e supporta HI HERE?

Attualmente una parte del nostro team sta raccogliendo contatti con associazioni e enti locali in tutta Italia per garantire una diffusione rapida della app una volta che il prodotto verrà lanciato. Secondo i dati che abbiamo a disposizione esiste già una comunità online di rifugiati, che si rivolge a internet in cerca di soluzioni alla propria condizione. Questa comunità è in cerca di un social come HI HERE, che sia concepito a sua misura. Nelle maggiori città italiane organizzeremo eventi indoor e opendoor per far conoscere la app, soprattutto in parchi e piazze con wi-fi dove i migranti si concentrano per accedere alla rete. Naturalmente, raggiungeremo anche i centri di accoglienza dove esiste una vera e propria comunità di richiedenti asilo e rifugiati.

Come si finanzia il progetto?

L’app viene fornita gratuitamente a richiedenti asilo e rifugiati per una scelta etica molto precisa su cui non intendiamo recedere, anche se naturalmente ci pone di fronte a sfide economiche consistenti. Lapis si finanzia tramite donazioni di privati e fondazioni, sponsorizzazioni e risposta a bandi. Nel periodo di Natale, in concomitanza con il lancio della app, verrà lanciata una campagna di raccolta fondi offline. Per questa occasione, abbiamo chiesto a un bambino rifugiato, un artista e un designer di rappresentare il fenomeno delle migrazioni forzate con una immagine. Le tre immagini costituiscono un pacchetto di cartoline che potranno essere utilizzate, per esempio, per gli auguri di Natale. Negozi, aziende, e individui potranno ordinarle contribuendo così a sostenere il progetto.

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