Quant’è vero Qwant?

Il motore del 2000 sarà bello e lucente,
sarà veloce e silenzioso, sarà un motore delicato,
avrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina.
Lo potrà respirare un bambino o una bambina.

(L. Dalla, Il motore del 2000, 1992)

Qwant è un motore di ricerca di contenuti sul web. Come Google (monopolista di fatto), Bing (il motore di ricerca di Microsoft), Baidu (il più importante in lingua cinese) e una manciata di altri suoi concorrenti. Nasce in Francia nel 2013 con in mente la tutela della privacy dell’utente, declinata sulla base di due principi: nessun tracciamento dell’utente e nessuna personalizzazione dei risultati delle ricerche in base al comportamento dell’utente. In parole molto semplici significa che quelli di Qwant (come altri prima di loro, ad esempio DuckDuckGo) non terranno a mente cosa avete cercato e quando, per poi ricordarlo in futuro a voi o – peggio – ad altri che lo volessero sapere dietro compenso; inoltre i risultati delle vostre ricerche attuali non saranno influenzati da cose che avete cercato in precedenza, né dai siti che frequentate né – si spera – da quelli che pagano per comparire ai per primi tra i risultati delle ricerche). Se questi principi vi sembrano di ovvia e scontata applicazione, evidentemente non vi siete mai chiesti seriamente come funzioni Google e da dove provengano i suoi 90 miliardi di dollari annui di fatturato nonostante sia sostanzialmente “gratuito”.

Oltre all’attenzione alla privacy, Qwant si pone l’obiettivo di arricchire l’esperienza utente con un’interfaccia grafica accattivante, una avanzata organizzazione dei risultati e una serie di funzioni aggiuntive accessibili dopo registrazione.

L’alternativa perfetta ai motori di ricerca “commerciali”, dunque? Forse. Indubbiamente l’impegno nella creazione di un motore di ricerca (operazione di per sé non banale) alternativo ai leader del settore è grande e le intenzioni dichiarate sono ottime, come pure il risultato grafico e l’usabilità. Altrettanto indubbiamente l’attenzione e il rispetto per l’utente è messa al centro delle caratteristiche del prodotto, con una grande cura posta a spiegare, nelle pagine di approfondimento, come funziona l’indicizzazione dei contenuti, quali informazioni dell’utente vengono trattate e che tipo di servizio possiamo aspettarci.

Tra le cose che vengono spiegate troviamo anche che alcune parti del Web non sono ancora perfettamente indicizzate. Nel frattempo, il nostro accordo con Microsoft Bing ci permette di complementare (sic, ndr) i nostri risultati con quelli di Microsoft Bing per offrire i migliori risultati possibili in tutto il Web”. Quello che non viene spiegato, però, è che tipo di accordo esista con Microsoft Bing e il grado di interazione del motore di ricerca americano con l’utente di Qwant. Per essere più chiari: con quale moneta Qwant paga il servizio che compra da Bing? Dollari (suoi) o informazioni (nostre)? Se l’utente di Qwant (che evidentemente lo ha scelto proprio come alternativa) si trovasse alla fine ad interagire più o meno indirettamente con Bing, che ne è dei tanto decantati principi sopra elencati? Se Qwant è un “utente” di Bing (che i suoi utenti li traccia eccome), come può l’utente finale di Qwant avere la certezza che la sua privacy sia effettivamente rispettata come promesso?

E la qualità dei risultati delle ricerche? Se Qwant è un “utente” di Bing (che personalizza eccome i risultati delle ricerche), come può l’utente finale di Qwant avere la certezza che quello che trova è effettivamente quello che cerca e non, per esempio, quello che Bing vuole fargli trovare o – peggio – NON fargli trovare (mica vorrai veramente aiutare un tuo concorrente a fare bella figura, no?)?

Per avere maggiore chiarezza gli utenti di Qwant avrebbero bisogno di risposte. Senza doverle cercare sul web.

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