Un Paese immobile e miope

Le polemiche sulla legge per la neutralità della rete e dei dispositivi sono l’emblema di un Paese che non è in grado di costruire e sviluppare una seria e articolata politica del digitale. Troppo spesso, infatti, alimentiamo dibattiti e polemiche su questioni di rilevanza marginale, o da discutere in sede internazionale, senza affrontare i nodi più critici che il Paese si trova a vivere.

Vediamo qualche esempio.

  • Da anni abbiamo una governance del digitale che non funziona. Se ne è parlato mille volte. Da un punto di vista strutturale, poco o nulla è cambiato, anche se tante persone (alcune di valore) si sono succedute. In realtà, è sempre mancato un impegno collettivo del Governo e della politica che sostenesse in modo convinto e corale una profonda e diffusa azione di innovazione. Non bastano un commissario o un digital champion per affrontare e risolvere i problemi complessi di un intero Paese.
  • Abbiamo speso innumerevoli parole sul consolidamento dei CED senza discutere di processi e software applicativi. Abbiamo fatto gare per miliardi di euro pensate e strutturate con idee e principi di dieci anni fa. Abbiamo immaginato che la promozione del digitale e della cultura potesse passare da una distribuzione a pioggia di bonus. Invece di accompagnare la transizione al digitale di settori cruciali per il Paese (come per esempio l’editoria), abbiamo inventato regole, strumenti e incentivi per proteggere il vecchio e rendere meno conveniente il nuovo.
  • Qualche anno fa è stato proposto un piano strategico, Crescita digitale, che come ho scritto e detto innumerevoli volte, era concettualmente e strutturalmente sbagliato. Metteva l’enfasi su front-end quando il problema sono i back-end e la trasformazione delle amministrazioni. Quanta fatica e quanto tempo perso per cercare di correggere quegli errori!
  • Il tema del procurement del digitale non solo non è stato affrontato in modo positivo, ma anzi le cose sono peggiorate in una spirale perversa nella quale i processi di acquisizione di prodotti e servizi IT sono soffocati da un lato da Consip e dall’altro da un codice degli appalti sempre più rigido e pensato per i ponti e le strade della Salerno-Reggio Calabria.
  • Abbiamo investito tempo, energie e sforzi significativi per sostenere e promuovere dichiarazioni e questioni di principio, carte dei diritti e altre azioni a metà tra l’inutile e il puramente simbolico. A queste si sono accompagnate leggi o proposte per censurare Internet e il web, introdurre improbabili e impraticabili tasse, controllare gli “influencers”, secondo una visione per la quale la rete è un problema e non uno strumento di sviluppo economico e sociale. Il risultato netto da un punto di vista pratico è sostanzialmente nullo, mentre da quello culturale, economico e sociale ci troviamo di fronte ad un Paese sempre più disorientato che, invece di essere sostenuto e aiutato nel suo percorso di maturazione digitale, viene bombardato di slogan e azioni a metà tra il velleitario, l’inutile, il dannoso e il culturalmente arretrato.
  • L’unico tema per il quale si vedono azioni positive e di sostanza è, nonostante tutto, quello della banda larga. Tutto è migliorabile e perfettibile, non mancano problemi e contrapposizioni tra operatori, ma almeno qualcosa di strutturale e concreto sta accadendo.

La legislatura si avvicina alla sua conclusione. Possiamo dire che non solo abbiamo sostanzialmente perso un’altra occasione, ma che mentre gli altri paesi investono e accelerano, noi siamo impantanati in un combinato disposto di disattenzione, velleitarismo, demagogia e ignoranza della materia.

Non ci resta che sperare in un radioso futuro. Altro non abbiamo.

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