Pay what you want: modello sostenibile per le app Open Source?

Circa 7 anni fa Matthew Paul Thomas, designer presso Canonical, tenendo un talk sullo sviluppo dell’ecosistema di app per Ubuntu, ci ricordava i 4 requisiti fondamentali per il successo di un sistema operativo rivolto al mercato globale:

  • Utile: il sistema operativo deve essere in grado di fare tutto ciò che le persone si aspettano di poter fare con un computer
  • Desiderabile: deve fare tutto questo nella migliore maniera possibile
  • Alla portata: deve essere facile da reperire e facile da installare
  • Affidabile: deve essere utilizzabile quotidianamente per mesi o per anni senza dare problemi.

In pratica un buon sistema operativo è un ambiente gradevole ma discreto, che non disturba, anzi agevola, migliora, rende più appaganti le attività con le nostre applicazioni preferite.

La piattaforma ideale sarebbe dunque quella in grado di costruire e popolare un proprio ecosistema di applicazioni native, perfettamente integrate e ben performanti, ma come attirare gli sviluppatori fuori dal recinto dei principali player mainstream?

Il fallimento può spesso rappresentare un’opportunità e il mondo delle app negli scorsi anni ha clamorosamente fallito nel dare un convincente sostegno economico ai propri sviluppatori. Assistiamo piuttosto a una degenerazione per cui abbiamo scelleratamente educato l’utenza a pretendere la gratuità a prescindere, incoraggiando modelli di business spregiudicati, poco conciliabili con la tutela della sicurezza e la riservatezza delle informazioni sensibili.

È troppo tardi per un’inversione di tendenza? Il team a capo del progetto elementary OS pensa di no.

Un progetto comunitario ambizioso e professionale

Elementary nasce nel 2007 grazie al talentuoso designer statunitense Daniel Foré che, partendo “banalmente” da un apprezzatissimo set di icone (poi evoluto in tema) rivolto ai desktop Linux, è riuscito pian piano a coinvolgere e consolidare attorno a sé una prolifica comunità di appassionati di UI (interfaccia utente) e UX (esperienza utente) design e con la quale, a partire dal 2011, ha dato vita ad una delle distribuzioni Linux più apprezzate e caratteristiche.

Elementary rappresenta un ottimo caso di studio in quanto, pur essendo tutto sommato un piccolo progetto comunitario, è stato portato avanti fin dai primi passi con grande ambizione, concretezza e professionalità, arrivando a rilasciare fino ad oggi ben 4 versioni stabili, tutte basate sulla solida release LTS (Long Term Support) di Ubuntu. A sostegno di questo sforzo, anno dopo anno è stato costruito un efficace modello di business (beninteso che parliamo di nicchie, di microeconomie) basato su partenariato (Patreon), ricompense “crowdfunded” per il bug-fixing (Bountysource), libere donazioni, vendita di gadget e campagne di crowdfunding a progetto. Un traguardo reso possibile da ottime capacità di gestione della community e una narrazione (quella sana) sempre puntuale e trasparente.

Il modello “Pay what you want”

Il modello “Pay what you want” non è certo una novità, ma negli ultimi anni ha conosciuto picchi di notorietà grazie a interessanti casi di successo che ne hanno affinato le dinamiche. Uno dei più noti e virali è sicuramente quello dell’Humble Bundle, un’iniziativa ideata dalla Wolfire Games per promuovere raccolte di giochi, musica e libri prodotti da autori indipendenti, che dal 2010 al 2015 ha raccolto più di 100 milioni di dollari secondo Wikipedia.

Quali sono i fattori che ne hanno determinato il successo?

  • I contenuti o il software sono fruibili attraverso qualsiasi piattaforma (Windows, Mac, Linux, ecc.), quindi massima inclusività
  • Assenza di DRM (Digital rights management, sistemi che controllano e limitano la fruizione di software e contenuti digitali), quindi massima fiducia nei propri utenti
  • Parte dell’offerta devoluta a iniziative benefiche per enfatizzare quanto il mercato indipendente si distingua per valori ed etica
  • L’acquirente è libero di decidere quanto della propria offerta ripartire tra sviluppatori, iniziative benefiche e piattaforma di distribuzione.

Promozione dopo promozione è stato possibile registrare un dato piuttosto curioso, pur essendo numericamente in minoranza, gli utenti Linux hanno sempre fatto registrare l’offerta media più elevata rispetto a quelli delle piattaforme “mainstream”, e questo ci fornisce un riscontro importante sull’economia Open Source in ambito consumer: quello degli utenti Linux è un mercato che ha ottime potenzialità, in cui non si insegue affatto la gratuità a tutti costi, piuttosto si premia l’offerta che sa coniugare la soddisfazione di una domanda di mercato (ad esempio la carenza di videogame fruibili da piattaforme Linux) con la coerenza rispetto ai valori che caratterizzano questa comunità (etica, equità, sostenibilità, ecc.). Non compro solo il tuo prodotto, compro il perché e il come lo fai.

Nell’ambito delle distribuzioni Linux, Ubuntu ha introdotto per prima il modello “Pay what you want” nel 2012, con una “contribution page” in cui poter effettuare una donazione mirata e composita prima del download, una scelta che è stata oggetto di critiche tutto sommato prevedibili, perché questo modello richiede una condotta specchiata, in contrasto con scelte di compromesso e qualche scivolone (giudicato) di troppo di cui Canonical si è resa protagonista nel corso della sua storia.

Diverso effetto, qualche anno dopo, nel caso di elementary OS: pochi malumori (fisiologici quando si va comunque a mettere un piccolo “ostacolo” al download diretto) presto digeriti proprio grazie a coerenza granitica e trasparenza. Il risultato in pochi anni, congiuntamente alle altre fonti di revenue, è stato quello di poter permettersi due sviluppatori full-time, più uno part-time, che per un progetto di questa taglia non è poca cosa.

AppCenter, il tentativo di sostenere gli sviluppatori indipendenti

Dopo aver consolidato il modello su di sé, il team elementary a febbraio di quest’anno ha presentato una campagna di crowdfunding attraverso la piattaforma Indiegogo per sostenere la realizzazione di un Centro Applicazioni appositamente studiato per supportare la donazione libera per ogni singola applicazione nativa ospitata e darle la massima visibilità e promozione. La campagna si è conclusa con un abbondante successo (128% di goal) ottenuto grazie al contributo di oltre 400 sostenitori. Dalla chiusura della campagna a marzo ad oggi sono state create ed ospitate ben 40 nuove applicazioni native e coerenti, e l’obiettivo adesso è creare le condizioni affinché si raggiungano presto le centinaia e poi le migliaia.

Opportunità e criticità

L’opportunità offerta da questa iniziativa è quella di fungere da laboratorio per far compiere un auspicabile, importante salto culturale alla comunità di utenti Linux: il riconoscimento, nel rispetto delle possibilità economiche di ognuno, ma in modo assolutamente immediato e tangibile, del valore del codice Open Source, uno scenario fortemente auspicato dallo stesso padre della cultura Free Software, Richard Stallman.

Le criticità di questo modello sono soprattutto riconducibili al ruolo di garante svolto dal team elementary, che spende (e dunque mette in gioco) la propria reputazione nella promozione di applicazioni nate da sviluppatori indipendenti: sarà probabilmente facile operare un controllo fino a che le applicazioni saranno nell’ordine delle decine, ma diventerà complesso nel caso di una (auspicabile) forte crescita. Ovviamente ad una crescita del parco applicazioni dovrebbe corrispondere una crescita di pari passo anche della rilevanza della piattaforma, e quindi delle risorse a disposizione per poter gestire la complessità.

Conclusioni

Pur ribadendo il fatto che parliamo di una nicchia della nicchia (lo share market del totale delle piattaforme Linux pare tocchi attualmente un modesto 3,37%), è interessante seguire queste sperimentazioni per il notevole expertise che viene messo in gioco per quanto riguarda la gestione della comunità e i suoi delicati equilibri, e la narrazione (di nuovo), quella sana che genera viralità e rafforza il brand.

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