Due uomini entrano in una caffetteria, si accomodano a un tavolo e aspettano una terza persona: si sono dati appuntamento lì per un incontro di lavoro. Decidono di aspettare a fare le loro ordinazioni e, nel frattempo, chiedono di poter utilizzare il bagno del locale. Davanti al rifiuto del barista succede qualcosa di poco chiaro: viene chiamata la polizia e i due uomini vengono arrestati e condotti in manette fuori dal locale davanti agli occhi stupefatti degli altri avventori. Uno di questi filma l’accaduto e mette il video su Twitter, che diventa virale.
Comincia così il brutto fine settimana di Starbucks, finita al centro della bufera per un episodio dai contorni ancora poco chiari avvenuto a Philadelphia. Tutto comincia nel pomeriggio del 12 aprile quando una certa Melissa DePino pubblica un video girato con il suo smartphone in una delle caffetterie Starbucks della sua città: nel video si vedono dei poliziotti che ammanettano due uomini e li portano via.
@Starbucks The police were called because these men hadn’t ordered anything. They were waiting for a friend to show up, who did as they were taken out in handcuffs for doing nothing. All the other white ppl are wondering why it’s never happened to us when we do the same thing. pic.twitter.com/0U4Pzs55Ci
— Melissa DePino (@missydepino) 12 aprile 2018
Melissa commenta così:
@Starbucks Hanno chiamato la polizia perché questi uomini non hanno ordinato niente. Stavano aspettando che arrivasse un loro amico, che è arrivato mentre venivano portati fuori in manette senza che abbiano fatto nulla. Tutti gli altri bianchi nel locale si chiedono come mai non sia successo a loro tutte le volte che hanno fatto la stessa cosa.
A quanto pare, dunque, alla base dell’accaduto ci sarebbe un “movente” razzista: l’esatta dinamica della faccenda non è stata ricostruita con chiarezza, ma pare che il responsabile della caffetteria abbia invitato i due uomini a ordinare qualcosa oppure ad andarsene, dopo aver rifiutato loro l’utilizzo del bagno del locale. La policy di Starbucks, infatti, prevede che l’utilizzo del bagno sia vincolato dalla consumazione, e che non si possa sostare nel locale senza ordinare qualcosa da mangiare o da bere. Tuttavia, stando al commento della DePino e a tanti altri dopo di lei, sembra che queste regole non siano poi così stringenti: in molti sembrano ammettere di passare del gran tempo a sostare sui divanetti di Starbucks senza necessariamente avere una tazza rovente in mano, e senza che nessuno abbia nulla da ridire. A patto di non essere di colore.
Il video di Melissa DePino diventa velocemente virale, attirando l’attenzione su Starbucks. Come per altri brand alle prese con l’accusa di comportarsi in modo razzista con i propri clienti, i commenti hanno toni piuttosto gravi:
How revealing that a @Starbucks employee, who works in a place where people spend hours sitting around using the wifi and tapping away on their laptops with or without coffee, gets alarmed enough to call the cops just because black men enter the space and don’t order right away. https://t.co/pdzXYfMc09
— Joy Reid (@JoyAnnReid) 14 aprile 2018
Waiting in a Starbucks while black is a crime? As many people as I see taking up space using their internet/bathroom w/o nary a cup? #NeverAgain @Starbucks https://t.co/lp41iIxrva
— T’Questlove (@questlove) 14 aprile 2018
Montgomery, Alabama in 1958
or
Philadelphia, Pennsylvania in 2018Hard to tell the difference, isn’t it?#BLM #BoycottStarbucks pic.twitter.com/gx84DXcdBS
— Kaz Weida (@kazweida) 14 aprile 2018
Si scoprirà poi, che i due uomini arrestati verranno rilasciati otto ore più tardi, ufficialmente per “mancanza di prove”, e che la polizia di Philadelphia avvierà una “indagine interna” per capire cosa sia successo in realtà.
A questo punto, però, è interessante studiare la reazione di Starbucks all’improvvista “fiammata” sui social: mentre nel giro di poche ore il video di Melissa DePino veniva visto da oltre due milioni di utenti in tutto il mondo, Starbucks temporeggiava restando in silenzio. Per poi pubblicare, 48 ore più tardi, una risposta in cui il colosso delle caffetterie di Seattle si dice “dispiaciuta per l’arresto dei due uomini” e dichiara di voler lavorare affinché simili fatti non si ripetano più:
We apologize to the two individuals and our customers for what took place at our Philadelphia store on Thursday. pic.twitter.com/suUsytXHks
— Starbucks Coffee (@Starbucks) 14 aprile 2018
Una risposta piuttosto evasiva e lacunosa, che non chiarisce in alcun modo cosa sia successo in realtà e come si sia arrivati a far arrestare due persone per aver chiesto di poter andare in bagno. Una risposta del genere sarebbe potuta andare bene come prima reazione da parte del brand, in attesa di definire i dettagli dell’accaduto, non dopo due giorni. E infatti c’è chi lo fa notare:
This is an example of saying a lot but saying nothing. Who called the cops, why did they call the cops, why were the black men targeted for minding their business. I have been to starbucks all over the country 50% of people there not doing nothing but chilling. Need better answer https://t.co/SdfDHSxK0C
— Robert Littal (@BSO) 14 aprile 2018
You’ll notice that nowhere in this “apology” was an admission of wrongdoing. Starbucks doesn’t think the employees were wrong to call the cops on those men, they’re just sorry the men got arrested over it. https://t.co/wcE6s20lwk
— EricaJoy (@EricaJoy) 14 aprile 2018
It took Starbucks two days to issue a paragraph.
— Mohamed Salih (@MohamedMOSalih) 14 aprile 2018
Bisognerà aspettare fino al 15 aprile, a tre giorni dal fatto, per leggere un lungo post del CEO di Starbucks Kevin Johnson, pubblicato sulla newsroom del sito ufficiale dell’azienda. Nel post Johnson rinnova pubblicamente le scuse di Starbucks ai due uomini arrestati e poi rilasciati, sottolineando anche di averli incontrati e di essersi scusato personalmente. Inoltre, sottolinea di voler lavorare sulla policy aziendale e sulla formazione del personale, in modo da sapere «quando è veramente necessario chiamare la polizia».
La risposta di Johnson può essere sì più esaustiva, ma arriva drammaticamente in ritardo: sul web tre giorni equivalgono a un’era geologica. In tre giorni la maggior parte del pubblico ha già consolidato un’opinione sull’accaduto, archiviando poi il fatto con una connotazione precisa. Difficile a questo punto far cambiare idea a otto milioni di persone che hanno visto un video o anche solo attirare l’attenzione quel tanto che basta per chiarire la propria posizione.
Certo, si può obiettare che, per un’azienda che ha filiali sparse in tutto il mondo, non è facile riuscire a sapere in modo tempestivo cosa sta succedendo in ognuno dei propri punti vendita e perché. Ma è questa la sfida della comunicazione online: sul web ogni angolo del mondo può diventare improvvisamente il centro del mondo. Ed è importante arrivarci subito per poter gestire la situazione, prima che sia troppo tardi.
Lesson Learned: Quando la percezione del tuo brand sta per essere messa in crisi da un evento su cui tu non hai avuto nessuna voce in capitolo parla subito e parla chiaro. Se aspetti troppo a lungo sarà difficile anche solo farti ascoltare. Figuriamoci riuscire a far passare un messaggio chiaro e univoco su un fatto già in parte archiviato.
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