Seduti su una miniera di dati: intervista a Francesco Bonfiglio

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“Siamo seduti su una miniera di dati”. Così Francesco Bonfiglio, Amministratore Delegato di Engineering D.HUB, descrive il valore dell’investimento in un data center. Valore che non è riferibile soltanto alla grande quantità di dati che possiamo conservare, ma anche alla possibilità di trasformare la miniera in una fabbrica di nuovi servizi digitali che crescono in un ecosistema fatto di dati, appunto, ma anche di competenze e conoscenze interne ed esterne.

“Molto si è parlato e si parla di cloud pubblico – afferma Bonfiglio – ma è ormai chiaro che non può essere solo questa la strada da praticare per le aziende, che hanno bisogno di un approccio ibrido e multicloud, con più fornitori, più sorgenti cloud e la possibilità dunque di conservare alcune applicazioni e dati in un data center privato. I motivi sono molteplici e vanno da riservatezza e proprietà intellettuale di alcuni dati, alla non convenienza o impossibilità tecnologica di trasferire in cloud pubblico alcune applicazioni critiche per il business e , non ultimo, l’enorme impatto che la way-out da un singolo public cloud provider provocherebbe in caso di lock-in“. L’invito di Bonfiglio, dunque, è a non abbandonare il timone della propria barca.

Cosa significa gestire un Data Center oggi?

“Gestire un data center oggi  significa non solo avere capacità di conservazione in sicurezza che possa mettere le informazioni al riparo dai tantissimi attacchi informatici che quotidianamente si registrano, ma vuol dire integrare questa attività tradizionale con nuove competenze e servizi che permettano di ibridare il data center, al fine di trasformarlo in una piattaforma di servizi digitali, ovvero, in un vero e proprio abilitatore alla traformazione digitale delle aziende. Questo l’obiettivo del green data center Engineering di Pont-Saint-Martin, in Valle d’Aosta. Green perché con un PUE (Power Usage Efficiency) inferiore a 1,5, ovvero un rapporto tra la potenza complessiva consumata dal data center e quella effettivamente utilizzata dai calcolatori. Pont-Saint-Martin fa parte di una rete di 4 data center di proprietà del Gruppo Engineering,  per un totale di quasi 6.000 metri quadrati di superficie, che ospitano 10 Petabyte di dati e 21.000 server di 400 clienti. A Pont abbiamo 5 livelli di sicurezza su 24 bunker in cui sono ospitati server e storage dei clienti che, con elasticità e flessibilità, possono far crescere il loro spazio a seconda delle esigenze”.

Se si dovessero riassumere in 4 parole chiave le caratteristiche del data canter di Pont-Saint-Martin?

“Solidità, dimostrata nei fatti grazie alla gestione senza soluzione di continuità dei dati dei nostri clienti, molti dei quali si affidano da decenni al full-outsourcing; flessibilità, data dalla possibilità di integrare servizi e tecnologie secondo le esigenze specifiche di ogni cliente e senza vincoli di specie; indipendenza, caratteristica peculiare della nostra azienda, data dalla capacità di scegliere le soluzioni migliori selezionando e lavorando in modo paritetico con i migliori partner tecnologici di mercato; innovazione, che garantiamo grazie al connubio tra visione ed esperienza su centinaia di clienti di ogni segmento”.

Perché a data center si associa la parola D.HUB?

“La missione di Engineering D.HUB, società controllata del Gruppo Engineering, è essere piattaforma di servizi digitali per il Gruppo, per il cliente e per i partner. Non più dunque,  come dicevamo in apertura, gestire dati e computer per conto di altri, ma aiutare i clienti a passare da piattaforme di tecnologie (applicazioni, infrastrutture) a piattaforme di servizi per focalizzarsi sempre più sulla capacità di creare rapidamente soluzioni di business aggregando servizi. D.HUB, crasi di Digital Hub (piattaforma digitale), unisce un’offerta di servizi tradizionali di data center outsourcing a un portfolio di servizi su tematiche Cloud, DevOps, Automation, Cyber Security, Robotic Process Automation, IoT, Chatbot e AI.

L’insieme di queste discipline incarna la visione di una evoluzione delle piattaforme digitali verso la totale automazione delle operazioni, il controllo in linguaggio naturale, la sensoristica, i motori cognitivi e la crescita esponenziale di dati e potenza di calcolo. In questo senso D.HUB diventa fucina di idee e approcci per fornire al contempo gli strumenti di mantenimento del AsIs (IT di modo 1) e di trasformazione al ToBe (IT di modo 2). La crescente consapevolezza da parte dei clienti della necessità di questa bimodalità dà nuova luce al business dei data center e dell’outsourcer di nuova generazione: un ruolo chiave per guidare una trasformazione digitale più rapida e sostenibile”.

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