Riciclare CO2 per produrre carburante. Questo solo uno dei tanti esempi di progetti di economia circolare realizzati da Eni, impegnata, con il progetto Energy Transition, a ridurre le emissioni di gas serra e a trasformarsi da Oil & Gas Company in Energy Company.
Come trasformare l’anidride carbonica in energia?
Utilizzare l’anidride carbonica attraverso una molteplicità di tecnologie e metodologie diverse, limitandone al contempo l’impatto sull’ambiente, è un obiettivo di fondamentale importanza. Questo perché carbone, petrolio e gas naturale che alimentano oggi il mix energetico per l’80% continueranno a essere le fonti energetiche principali nei prossimi anni, con conseguenti emissioni di anidride carbonica che potrebbe contribuire all’aumento della temperatura globale.
Al fine di contenere l’incremento della temperatura al di sotto dei 2°C, come deciso con l’accordo sul clima sottoscritto nel 2015 a Parigi dai 197 Paesi partecipanti alla COP 21, sono necessarie azioni di mitigazione quali lo stoccaggio e il riutilizzo dell’anidride carbonica.
Una delle tecnologie in fase di ricerca consente di catturare direttamente sul veicolo una parte della CO2 generata dal motore, che può essere eliminata attraverso un sistema che consenta di fissare permanentemente la CO2 facendola reagire con residui dell’industria mineraria; utilizzandola come reagente per la produzione di polimeri, in particolare policarbonato, con proprietà tecnologiche innovative rispetto al materiale già esistente; impiegandola per le tecnologie di stoccaggio dell’energia, per esempio convertendola in metanolo, un composto liquido e di facile gestione e trasporto che trova largo impiego sia come intermedio dell’industria chimica e sia direttamente come combustibile.
Riusare sostanze considerate scarti
Per utilizzare ulteriormente il gas naturale, Eni sta studiando la possibilità di lavorare alla separazione dell’acido solfidrico e dell’anidride carbonica presenti all’interno del gas per impiegarli come materie prime per prodotti di alta qualità. Dall’acido solfidrico, per esempio, possono derivare fertilizzanti agricoli per contrastare la desertificazione e sostanze specifiche per settori tecnologici avanzati, mentre dall’anidride carbonica si possono ricavare polimeri, prodotti chimici di vasto consumo e materiali inerti per le costruzioni.
Nuovi polimeri, e non solo, dallo zolfo
A livello mondiale si registra al momento attuale una sovrapproduzione di zolfo (circa 10 milioni di tonnellate l’anno) che ha portato a un abbassamento del suo prezzo, a fronte di uno stoccaggio che richiede molte cautele per ridurre al minimo l’impatto ambientale. Eni, in collaborazione con il CNR, sta studiando nuovi polimeri caratterizzati da una elevata componente di zolfo e realizzati grazie alla cosiddetta reazione di “vulcanizzazione inversa”.
Una delle sfide vinte è quella che vede la trasformazione di un gas acido, tossico e corrosivo, contenuto nel gas naturale, quale l’acido solfidrico (H2S), in zolfo elementare tramite il “processo Claus”.
Nuove soluzioni si stanno studiando nel campo dell’Energy Transition: la separazione di H2S e CO2 da gas acido, con grandi vantaggi in termini di riduzione dei costi e semplicità operativa; la conversione di H2S in zolfo (un esempio è il processo “Hydroclaus”, in grado di esaltare le proprietà fertilizzanti della particolare forma di zolfo ottenuta, impiegabile anche per il recupero di aree in via di desertificazione); la separazione e l’utilizzo alternativo dello zolfo, come per esempio per sintetizzare polimeri contenenti zolfo fino al 90%, destinati all’elettronica, alle batterie per stoccaggio energetico o alla sostituzione di materie plastiche di uso comune.
In collaborazione con Eni
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