Footprint del settore ICT fermo all’1,4% delle emissioni globali

A quick guide to your digital carbon footprint è il report in cui vengono analizzate in modo scientifico le emissioni di carbonio del comparto ICT e sfatati alcuni falsi miti basati su teorie superate, che forniscono un’immagine distorta della realtà.

Si parla molto delle emissioni di carbonio generate da prodotti e soluzioni digitali: secondo alcuni, le emissioni di carbonio generate dal settore del gaming sono paragonabili a quelle prodotte da un volo aereo, altri invece condannano l’impatto climatico prodotto dallo streaming o dai social media. Spesso però, queste affermazioni si basano su dati non corretti o imprecisi, su informazioni obsolete o considerano solo il consumo di energia – e non l’intero ciclo di vita del prodotto.

Il report non si limita a considerare il semplice consumo di elettricità per l’utilizzo dei prodotti, ma prende in esame anche le emissioni di gas serra associate all’energia e ai materiali utilizzati durante il ciclo di vita di un prodotto. Infatti, la valutazione del ciclo di vita dei prodotti è importante perché tiene conto dell’impatto ambientale di un prodotto dalla creazione alla sua fine, come l’estrazione dei componenti in miniera fino allo smaltimento.

Ad esempio, l’impatto climatico dell’ICT viene misurato secondo tre livelli:

  1. le emissioni dirette di carbonio generate dalla produzione, dall’uso e dallo smaltimento dei prodotti ICT
  2. gli effetti indiretti positivi o negativi sulle emissioni derivanti dall’utilizzo della tecnologia (ad esempio, sostituire un viaggio di lavoro con una conference call)
  3. l’impatto su comportamenti e preferenze da parte degli utenti.

Quando si parla dell’impatto dei servizi di streaming o del confronto tra l’ICT e altri settori, di solito si esaminano le emissioni dirette di carbonio, trascurando altri effetti che hanno spesso un impatto molto più grande.

L’ICT è paragonabile all’aviazione in termini di emissioni di carbonio?

La carbon footprint del ciclo di vita totale del comparto ICT è pari a circa 730 milioni di tonnellate di CO2 (Mt CO2-eq), che corrispondono all’1,4% delle emissioni totali di gas serra. Nel 2015 le emissioni prodotte dalla combustione di carburante nell’aeronautica sono state di circa 800 milioni di tonnellate di CO2. Pertanto, in modo sbilanciato, l’ICT potrebbe essere paragonato all’aviazione, ma solo per il consumo di carburante (senza tener conto delle emissioni generate da altre attività, come la fabbricazione di aeroplani, il funzionamento degli aeroporti, lo smaltimento dei velivoli, e altro ancora). In realtà, le emissioni di carbonio di un viaggio transatlantico andata e ritorno sono pari a quelle generate dall’utilizzo di uno smartphone per oltre 50 anni.

Inoltre, si stima che prodotti e soluzioni ICT siano utilizzate dal 70% della popolazione, mentre solo il 10% si sposta in aereo ogni anno. Quindi, se anche la carbon footprint dei due settori fosse uguale, l’impatto sulla popolazione sarebbe diverso.

Maggiore il traffico dati, maggiore la carbon footprint?

La rapida digitalizzazione e il continuo aumento del traffico dati possono sollevare dubbi su come la carbon footprint dell’ICT potrebbe cambiare nel prossimo futuro, in particolare per via della costruzione di data center più grandi e del lancio di nuove reti di comunicazione.

Osservando lo sviluppo attuale si evince però che il consumo di elettricità e l’impronta di carbonio non stanno seguendo le stesse tendenze del traffico di dati. Dal 2010, il traffico dati totale è aumentato di circa dieci volte, mentre il consumo di elettricità per il settore ICT è rimasto costante. Guardando al futuro, è probabile che il traffico di dati aumenterà ulteriormente, ma che l’impronta di carbonio e il consumo di elettricità dell’ICT non aumenteranno, grazie all’incremento in termini di efficienza energetica e alla progressiva eliminazione delle tecnologie più vecchie.

Consuma più elettricità vedere un film in streaming o bollire un litro di acqua?

È credenza comune ritenere che lo streaming di video e il download di musica consumino enormi quantità di elettricità. In realtà, il consumo dello streaming dipende dal dispositivo, dallo smartphone, dal tablet, dal computer o dallo schermo che viene utilizzato.

In un confronto approssimativo, lo streaming di 400 film di due ore su un laptop collegato a uno schermo esterno consumerebbe la stessa quantità di elettricità di un moderno frigorifero in un anno. Se la fruizione fosse su smartphone, si potrebbero riprodurre in streaming 2.900 film utilizzando la stessa quantità di elettricità.

Confrontando lo streaming con altre attività quotidiane, risulta che l’elettricità necessaria per la guida di un’auto elettrica per 1 km è di circa 0,15kWh (per un’automobile a benzina il valore sale a 0,7kWh), per portare a ebollizione un litro di acqua in un bollitore elettrico servono 0,1kWh, mentre l’elettricità necessaria per lo streaming di un video di 2 ore su uno smartphone è di 0,04kWh (rete e data center inclusi).

L’esempio della canzone “Despacito”

Nella primavera del 2018, diversi media hanno riferito che i circa 5 miliardi di download della famosa canzone “Despacito” avevano consumato un quantitativo di elettricità paragonabile al consumo annuale di Ciad, Guinea-Bissau, Somalia, Sierra Leone e Repubblica Centrafricana messi insieme.

Il report sviluppato dal Consumer and IndustryLab Ericsson ha esaminato più da vicino questo esempio e ha scoperto che i 5 miliardi di download di “Despacito” su uno smartphone richiederebbero circa 0,005TWh (un dato 200 volte più piccolo di quanto stimato, che include anche le componenti di reti e data center). In genere, il download di un brano richiede 0,001 kWh. In confronto, il consumo di elettricità dei suddetti paesi è stato di circa 1TWh nel 2017 (1TWh = 1 miliardo di kWh).

Il ruolo del 5G

In passato ogni nuova generazione di reti mobili ha aumentato il consumo di energia e le emissioni di carbonio. Dal punto di vista energetico, il 5G è lo standard più efficiente mai sviluppato e contribuirà a spezzare questa tendenza nel settore della telefonia mobile. Le tecnologie emergenti – abilitate dal 5G – saranno fondamentali per consentire a industrie, città e Paesi di ridurre la loro carbon footprint in modo esponenziale e quindi metterci sulla buona strada per un futuro a 1,5 °C.

Recentemente il progetto “Logistics of the future in Sustainable Smart Ports”, che vede tra i protagonisti Fondazione Eni Enrico Mattei, Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, Consorzio Nazionale Interuniversitario delle Telecomunicazioni (CNIT), Ericsson Italia e TIM ha definito un modello innovativo per la valutazione dell’introduzione di nuove tecnologie, in particolare il 5G, nei processi portuali.

In particolare, è stato dimostrato che la connettività 5G è in grado di generare una molteplicità di benefici diretti ed indiretti per il sistema portuale promuovendo l’aumento di competitività e di sicurezza per il personale (Obiettivo n.8 dell’Agenda ONU), la crescita sostenibile della città portuale (Obiettivo n.11), la gestione del business responsabile nella logistica (Obiettivo n.12) e un impatto ambientale positivo che si stima in un risparmio di CO2 dell’8,2% annui, pari a quasi 148.000 kg di CO2 (Obiettivo n.13).

 

Copia & Incolla: perché questo titolo? Perché i contenuti di questa categoria sono stati pubblicati SENZA ALCUN INTERVENTO DELLA REDAZIONE. Sono comunicati stampa che abbiamo ritenuto in qualche modo interessanti, ma che NON SONO PASSATI PER ALCUNA ATTIVITÀ REDAZIONALE e per la pubblicazione dei quali Tech Economy 2030 NON RICEVE ALCUN COMPENSO. Qualche giornale li avrebbe pubblicati tra gli articoli senza dire nulla, ma noi riteniamo che non sia corretto, perché fare informazione è un’altra cosa, e li copiamo ed incolliamo (appunto) qui per voi.

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