Qual è il vantaggio (e il bello) delle opere pubblicate con licenza Creative Commons? Che puoi fare cose del genere: metterti a tradurre un libro senza chiedere il permesso né all’autore né alla casa editrice, pubblicare la traduzione, comunicare la notizia all’autore a giochi fatti, e sentirti rispondere “Bene! Bravo! Grazie!”.
Questo è ciò che di fatto è successo nei giorni scorsi quando via Twitter ho annunciato a Martin Weller (professore britannico che insegna Educational Technology presso la Open University) che mi stavo cimentando nella traduzione in lingua italiana del suo libro “The battle for open. How openness won and why it doesn’t feel like victory”.
Mi ricorda ciò che io stesso provai sulla mia pelle quando ricevetti via Twitter la “notifica” della pubblicazione di un mio libro in traduzione araba da parte del progetto Librebooks.org. Quella storia è la “carta jolly” che sfodero quando qualcuno mi chiede “ma chi te lo fa fare di rilasciare i tuoi libri con licenza open quando, mantenendoli sotto copyright proprietario, potresti avere maggiore controllo?”. Solitamente a quella domanda rispondo spiegando che, grazie alle libertà concesse attraverso la licenza CC che avevo scelto, mi sono trovato con un mio libro tradotto in una nelle lingue più parlate del mondo (circa 400 milioni di persone stimate), e facendo a mia volta una domanda: sarebbe andata così se invece avessi scelto un regime di copyright proprietario?
Ma parliamo del libro di Weller. “La battaglia per l’open. Come l’openness ha vinto e perché non sembra una vittoria” sono un titolo e un sottotitolo indubbiamente efficaci, di per sé già capaci di generare interessanti riflessioni. L’approccio open ha davvero vinto nel settore della didattica e della produzione di contenuti scientifici e accademici? E perché allora non si percepisce questa vittoria? Che cosa manca da fare ancora per rendere davvero compiuta questa battaglia? E inoltre: si tratta davvero di una battaglia, o è una naturale evoluzione? Tutti interrogativi che Weller si pone e ai quali cerca di fornire risposte, con argomentazioni chiare e ben calate nella realtà, una realtà che conosce bene un docente come lui, attivo nel settore, impegnato in prima linea fin dalla fondazione della Open University, e non mero teorico e osservatore.
L’opera risale al 2014, quindi presta il fianco a una leggere obsolescenza quando cita esempi legati a piattaforme e applicativi disponibili; inutile nascondere che in materie come queste strettamente legate alla tecnologia, sei anni possono diventare davvero molti. Eppure, da un punto di vista dell’impianto teorico, dell’efficacia semantica, del rigore metodologico con cui sono riportate le fonti e dell’onestà intellettuale con cui l’autore fa trasparire il suo modo di vedere, non credo si trovi ad oggi un libro migliore.
Ecco perché mi sono voluto cimentare lo stesso in questa traduzione, che verrà dapprima pubblicata paragrafo per paragrafo sul mio blog e sui miei canali social per poi diventare un ebook e forse anche un libro cartaceo, con la pubblicazione che proseguirà nei prossimi mesi con la cadenza di circa uno o due paragrafi a settimana.
Il tutto, possibile grazie a un copyleft.
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