Agenda 2030 è sicuramente una guida da seguire di pensiero, atteggiamento e azioni pratiche. Leggendo i 17 obiettivi ce n’è uno, che più degli altri, mi suona dentro, forte, in questo periodo: il goal 8, “Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti”.
Tra le priorità dei diversi target ci sono:
- abbattere il divario retributivo tra i sessi e diminuire la disoccupazione giovanile
- porre fine a tutte le forme di lavoro infantile e ufficializzare l’economia sommersa
- attenzione a micro, piccole e medie imprese e a lavoratori migranti
- tutelare i diritti dei lavoratori e incentivare degli ambienti di lavoro sicuri.
In questo momento in cui il nostro Paese (ed il mondo intero) è messo a dura prova dalla pandemia, il tema del “lavoro” sta assumendo – ancora di più – una rilevanza strategica, sia come leva per la ripartenza economica, sia come abilitatore della “dignità”. Inutile dire che la pandemia ha messo ancora più in evidenza la delicatezza di questi punti.
Su un tema, in particolare, mi piacerebbe soffermarmi: l’impatto sulla fascia dei “giovani”. Partiamo dal rapporto delle Nazioni Unite pubblicato recentemente, a marzo 2020, “SHARED RESPONSIBILITY, GLOBAL SOLIDARITY: Responding to the socio-economic impacts of COVID-19”.
Giovani e lavoro può sembrare un ossimoro in questo momento, ma non lo è se pensiamo alla “imprenditorialità e micro, piccole e medie imprese” ovvero a tutte quelle micro-realtà gestite dalla voglia e dall’ingegno delle nuove generazioni, quelle che il lavoro – non trovandolo – se lo sono inventato. Se a questo accoppiamo il gender-gap facciamo presto a individuare uno scenario che sta pericolosamente scricchiolando. Senza tenere conto almeno di tre acceleratori, riportati nel rapporto:
“I giovani soffriranno molto per la recessione globale. Dopo la crisi del 2008, i tassi di disoccupazione giovanile nel Regno Unito hanno raggiunto il 21%; il 18% per gli Stati Uniti; ed in Italia, il record del 43 per cento nel 2014. L’espansione della “gig economy” sin dal 2008, ha ulteriormente aumentato la loro vulnerabilità”.
“I giovani rappresentano, inoltre, oltre il 30% dei migranti e rifugiati del mondo che soffriranno in maniera sproporzionata sia dalla pandemia che dalle sue conseguenze – a causa di movimento limitato, minori opportunità di lavoro, aumento della xenofobia ecc.”
“Raccogliere dati disaggregati per sesso per garantire che la crisi non gravi in modo sproporzionato sulle donne.”
Personalmente non riesco a trovare soluzioni, ma Agenda 2030 mi ha insegnato a ragionare nel piccolo, mettendo in evidenza che il cambiamento può essere teorizzato dall’alto ma deve essere applicato dal basso.
Ed in questa ottica, mi costringo a rivedere le attività quotidiane e le mie modalità di accesso ai servizi.
Immagino che questo periodo sospeso proseguirà a lungo con impatti che forse oggi non riusciamo nemmeno a teorizzare. Gli input che ci arrivano sono molti, i social la stanno facendo da padrone, a volte devastando l’informazione, trasfigurandola sino a renderla plausibile.
In questo vortice di paure, aspettative e disinformazione, rischiamo di perdere di vista quello che sta succedendo davvero, e se è vero (e lo è) che nessuno di noi è in grado di risolvere tutto, possiamo però fare la nostra piccola parte. In questo modo:
- stiamo attenti a dove compriamo on line, favorendo, quando possibile, start up di giovani o microimprese locali;
- modifichiamo – in un tempo allargato dalla permanenza a casa, ma soffocato dal triplice lavoro di “lavoratrice” e “mamma” e “donna di casa” – l’ecosistema che si è creato in alcune famiglie, richiamando ognuno al proprio ruolo e chiedendo a tutti di contribuire, in un equilibrio dettato dal rispetto e non dal genere
- sosteniamo gli amici, i conoscenti. La rete di contatti serve anche a far trovare lavoro. Facciamo in modo di dare lavoro (se possiamo) a chi ne ha bisogno
- sosteniamo le iniziative dei giovani: spesso un post corretto condiviso su una iniziativa di un’azienda aiuta.
- mettiamo a disposizione la nostra professionalità: in questo momento ci sono milioni di webinar gratuiti, ma troppo spesso sono legati all’acquisto di un prodotto. Sappiamo fare qualcosa? Insegniamola.
E poi? E poi non alimentiamo odio e frasi fatti. Più si è influenti nel proprio ecosistema di riferimento, più si fa danno divulgando informazioni non verificate o alimentando discussioni di odio. Facciamo la nostra parte. Tutti.
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