Economia innovativa, generativa, e rispettosa: la parola alla Federazione per il Bene Comune in Italia

Il nostro attuale sistema economico sta funzionando al contrario. Il denaro è diventato un fine piuttosto che un mezzo per ciò che conta davvero: una buona vita per tutti”. Il co-fondatore del movimento per l’Economia del Bene Comune, Christian Felber, spiegava in questo modo la nascita del movimento internazionale, che propone un modello socio-economico etico, basato su 5 valori fondamentali orientati al bene comune: dignità umana, solidarietà e giustizia sociale, sostenibilità ecologica, trasparenza e condivisione democratica.

“Il movimento internazionale per l’Economia del Bene Comune – , spiega la presidente della Federazione italiana, Lidia Di Veceprende le mosse da alcune imprese pioniere in Austria che, grazie alla visione di Christian Felber, intrapresero il processo complesso dell’economia del bene Comune fin dal 2008, dando poi origine ad una contaminazione che dall’Austria si estese alla Germania al Nord Italia e alla Svizzera. L’Italia già in quegli anni, con alcune imprese del Sud Tirolo, aderì al movimento, ma è nel 2014 che si costituisce formalmente la Federazione Italiana. Al momento attuale l’adesione alla Federazione tra soci persone fisiche e aziende è di 80 unità, mentre sono circa una cinquantina le realtà imprenditoriali e organizzazioni che hanno redatto il loro Bilancio del Bene Comune”.

Cosa significa lavorare per il bene comune e per un futuro sostenibile?

Mettere al centro dell’attività economica il bene comune, vuole dire dare una diversa visione dell’economia che attraverso la lente dei valori più importanti per una comunità rappresenta il fine delle azioni di ciascuna impresa/organizzazione. L’accumulazione del profitto, del denaro non sono visioni sostenibili, ma il loro utilizzo come strumento/mezzo sì che dà la possibilità all’attività imprenditoriale di essere innovativa, generativa, trasformativa e al contempo rispettosa dell’ambiente. Non possiamo più permetterci una economia, e quindi delle imprese, che consumano risorse naturali eccedendo le capacità rigenerative degli ecosistemi. Sul piano sociale, poi, l’Economia del Bene Comune promuove un’educazione consapevole che guida le persone nello scegliere stili di vita sostenibili. Chiaramente per trasformare l’attuale modello economico serve l’impegno di tutti. Per questo ci rivolgiamo non solo alle imprese, ma anche agli enti pubblici, alle famiglie, alle scuole e alle organizzazioni, tanto da aver definito delle matrici del bene comune per i diversi soggetti, attraverso le quali è possibile fare il matching tra i valori fondamentali da rispettare e i diversi attori coinvolti delle imprese, delle organizzazioni, degli enti per comprendere come orientare i comportamenti verso il bene comune.

In cosa consiste il Bilancio del bene comune? Come questo diventa strumento di sostenibilità?

Imprese, organizzazioni, pubbliche amministrazioni tramite la pubblicazione del Bilancio del Bene Comune possono valutare il loro successo in base alla propria capacità di creare valore per tutti gli stakeholder sulla base dei 5 principi fondamentali individuati dal nostro movimento. Compilando il bilancio ci si rende conto di quanto la propria organizzazione stia contribuendo o meno alla creazione di valore condiviso basato su comportamenti cooperativi, solidali, ecologici, democratici e inclusivi. E questo lo si fa non solo a parole ma attraverso la redazione di un report che è narrativo e quindi qualitativo, ma anche quantitativo, assegnando all’impresa, all’organizzazione, all’ente un punteggio che rappresenta numericamente il posizionamento in una scala da -1000 a 1000 del proprio apporto al bene comune.

Quali sono, se ci sono, i vantaggi per le imprese attente al bene comune e alla sostenibilità?

Le organizzazioni hanno l’opportunità, tramite il nostro bilancio, di riflettere sul loro modo di fare impresa, di allineare visione e azione e soprattutto di supportare la diffusione di una cultura aziendale fondata sui valori. Il bilancio del bene comune è uno strumento unico per rendicontare la responsabilità sociale, abbandonando il così popolare storytelling intorno a questo tema per dimostrare con i fatti, risultati sperati e ottenuti e numeri la propria attenzione all’etica che trova giustificazione nella responsabilità sociale di impresa e nella sostenibilità.

Qual è il contributo del digitale al bene comune? Come la vostra Federazione promuovo l’uso del digitale come strumento di sostenibilità per le organizzazioni?

Le tecnologie digitali sono da considerarsi abilitanti anche per modelli di economia sostenibili, quali per esempio l’economia circolare e quella della condivisione. Il digitale ci mette a disposizione numerosi strumenti che dovrebbero “asservire” al benessere dei lavoratori e dell’impresa. Pensiamo per esempio allo smart working e a quanto questo, se organizzato nel modo corretto, possa cambiare in meglio la vita delle persone. Oppure pensiamo, al settore industriale, ed in particolare all’automazione. Se introdotta in modo studiato e gestito finalizzato non solo al raggiungimento di una maggior produzione e quindi solo un maggior profitto, ma al benessere dei lavoratori, anche nel rispetto del work life balance auspicato dall’OCSE, l’imprenditore potrà migliorare non solo la produzione, ma anche la propria reputazione. In Italia ci sono molte imprese che hanno successo perché valorizzano i lavoratori e lo raccontano. In termini di advocacy, poi, il digitale è uno strumento indispensabile ormai per comunicare in modo capillare il messaggio che tanto abbiamo a cuore, ovvero la necessità di salvaguardare il nostro Pianeta e costruire un futuro zero carbon partendo proprio dal cambiare il modo di fare impresa.

Facebook Comments

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here