Tecnologie digitali più sostenibilità nelle infrastrutture del futuro: intervista a Lorenzo Orsenigo

Le infrastrutture, di qualunque tipo esse siano, sono un elemento cardine per lo sviluppo dell’economia e, visto che attraggono investimenti importanti, è fondamentale che siano associate, specialmente in questo ultimo periodo, alla parola sostenibilità. Il cosa significhi davvero infrastruttura sostenibile in pochi lo sanno ed è su questo che occorre lavorare e impegnarsi”. Lorenzo Orsenigo, presidente di ICMQ Spa e della neonata associazione italiana per la sostenibilità nelle infrastrutture, evidenzia il problema di comprensione del senso delle parole che usiamo (e che a volte abusiamo) come, appunto, la sostenibilità. “Non può esserci sostenibilità se non c’è misurazione degli impatti di una infrastruttura e se non ci sono criteri ben definiti di progettazione e realizzazione” – continua Orsenigo. “La nostra associazione nasce proprio con lo scopo di aiutare imprenditori, grandi committenze, progettisti, imprese di costruzione, banche, società di servizi e produttrici di prodotti innovativi a scegliere strumenti in grado di dare concretezza alla parola sostenibilità, presente nel piano Colao, nel Recovery Plan, nei discorsi di tanti e che non può però soltanto restare vuota di significato”.

Come si pensa, progetta e realizza una infrastruttura sostenibile?

Diversi sono gli strumenti che abbiamo a disposizione: metodologie di progettazione, misurazione di criteri di sostenibilità e certificazioni dei materiali. Oltre queste, le tecnologie digitali hanno un ruolo centrale. E non parlo solo di BIM, e di digitalizzazione dei processi soltanto ovviamente. Abbiamo per esempio la possibilità di ricorrere a Digital Twin, ovvero a copie in digitale dell’infrastruttura su cui fare monitoraggio, simulazioni e anche training ad altri operatori. Tramite il digitale possiamo valutare anche la sostenibilità sociale di una infrastruttura, valutandone meglio gli impatti prima della sua costruzione. Se guardiamo, poi alla digitalizzazione dei processi, ovviamente non parliamo solo di maggiore efficienza nella gestione, ma anche di garanzia di trasparenza, senza la quale non può esserci sostenibilità.

Quali i progetti messi in campo dall’Associazione?

L’Associazione ha carattere tecnico-scientifico e il suo ambito di azione riguarda tutte le tipologie di infrastrutture, con particolare riferimento al settore dei trasporti, dell’acqua, dell’energia, dell’ICT e dei rifiuti. Abbiamo costituito un comitato tecnico e stiamo lavorando attraverso la costituzione di gruppi di lavoro che siano di interesse dei soci, tramite i quali confrontarci su temi specifici per arrivare alla pubblicazione di position paper che sappiano evidenziare opportunità e criticità e proporre soluzioni, in un quadro di sostenibilità, a problematiche comuni. Siamo consapevoli del fatto che per raggiungere gli obiettivi di un armonico sviluppo infrastrutturale del Paese, rispondente pienamente alle esigenze oggi fondamentali di un basso impatto ambientale e di un forte coinvolgimento delle comunità territoriali, sia essenziale una crescita culturale di tutta la filiera, fondata su scambi di esperienze, buone prassi e una sempre maggiore diffusione della digitalizzazione. L’associazione vuole anche proporre modelli, protocolli e modalità basate sulla condivisione e il rigore scientifico, così da contribuire a una pianificazione e a decisioni coerenti con gli obiettivi fissati dai 17 Goals definiti dall’ONU e dall’European Green Deal, mettendo a valore competenze ed esperienze del sistema economico italiano. In questo modo si intende dare un contributo concreto per raggiungere l’obiettivo di utilizzare al meglio le rilevanti opportunità offerte dal Recovery Fund e le risorse straordinarie messe a disposizione dalla Commissione Europea, nel cui ambito il potenziamento delle infrastrutture è strettamente correlato a un salto progettuale e realizzativo nel segno della sostenibilità.

Quali, se ci sono, le esperienze italiane da guardare con attenzione nella progettazione di infrastrutture sostenibili?

Esperienze significative ci sono e la maggior parte di queste sono anche certificate. Per esempio nella progettazione della linea ferroviaria Napoli-Bari, si è fatto un grande lavoro di valutazione di impatto sociale e di apertura alla partecipazione dei cittadini, partendo proprio dallo studio degli impatti sociali dell’infrastruttura. E quando si fa capire alla popolazione cosa si sta facendo e quali possono essere i benefici, come in questo caso, di un nuovo modo di spostarsi, solitamente si arriva a soluzioni migliori, che ben si armonizzano con i territori. Diciamo che l’avere un modello digitale dell’infrastruttura in generale consente non solo di valutare meglio gli impatti ambientali, ma anche di simulare la vita nei territori e capire come si incide sulle abitudini e sulle vite delle persone. Si possono misurare vibrazioni, rumori, resilienza e come l’infrastruttura sopravvive a cambiamenti sociali e climatici. Si possono testare, prima del loro acquisto e utilizzo, materiali certificati e capire come questi cambiano le caratteristiche di sostenibilità di una infrastruttura. Esperienze, insomma, anche da riprendere ed esportare ne abbiamo molte. Basta comunicarle, farle conoscere e metterle a fattor comune.

Ottimismo o pessimismo sul raggiungimento degli obiettivi di Agenda 2030?

Io sono un ottimista incorreggibile, pertanto credo che anche la pandemia possa lasciarci in eredità qualcosa di positivo. Abbiamo dato, per esempio, una spinta alla digitalizzazione; abbiamo cambiato il nostro modo di lavorare introducendo lo smart working, accorgendoci che porta grandi vantaggi in azienda; ci siamo trovati costretti a ripensare al modo in cui costruiamo i nostri prodotti e servizi, innovandoli. E dove c’è innovazione io mi sento di essere ottimista. Dove si costruiscono buone prassi e si mettono a disposizione di altri io sono ottimista. Rispetto alla sostenibilità, mi viene da pensare: ma si può oggi non pensarci?

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