La Sostenibilità e il Digitale, due mondi che devono incontrarsi: intervista a Susanna Galli

La sostenibilità dovrebbe avere un comitato specifico all’interno dei Consigli d’Amministrazione, e le aziende dovrebbero comprendere gli enormi vantaggi dati dal suo incrocio con l’innovazione digitale: un connubio in grado di aprire un mondo di opportunità

Susanna Galli, Sustainability & Intangibles Director di Diadora S.p.A

In questo nuovo appuntamento con Sustainability Talk, ad affrontare i temi della sostenibilità digitale è Susanna Galli, Sustainability & Intangibles Director di Diadora S.p.A: dirigente d’azienda nel campo della sostenibilità con una lunga esperienza di business nei settori moda-/, articoli sportivi e chimica verde, con focus sull’evoluzione dell’azienda e del suo brand, sulla supply chain e sulla sostenibilità dei prodotti. Laureata in Scienze Politiche, ha conseguito un MBA, un master per Consiglieri di CdA e Sindaci di Società pubbliche e private ed è ESG Analyst certificata dall’EFFAS (Federazione Europea delle Società di Analisti Finanziari). Con noi parla del rapporto tra sostenibilità e digitale e di come fare per renderlo realmente effettivo nelle aziende, a partire dai decision maker di alto livello.

Un comitato specifico e autonomo per la sostenibilità

Quello della sostenibilità è oramai un capitolo troppo importante, un tema verso il quale le aziende non possono che approcciarsi in maniera sistematica e strutturata: solo in questo modo, nel prossimo futuro, potranno rimanere realmente competitive. Per questo motivo, parlando di governance, credo sia importante che la sostenibilità abbia un comitato specifico e autonomo all’interno dei Consigli d’Amministrazione, che si dedichi solo a tale ambito. Un pensiero, quello di Susanna Galli, già evidenziato anche da Costanza Esclapon de Villeneuve nella sua intervista, che rende bene l’idea di come questo tema sia sempre più pervasivo e centrale, e di quanto debba avere il giusto spazio e la giusta attenzione all’interno dell’azienda, arrivando a ridefinirne il modello di business.

Più che chiedersi quanto la sostenibilità impatti sulla governance dell’impresa, nella definizione delle scelte strategiche e nelle relazioni con gli stakeholder, occorre chiedersi quanto dovrebbe impattare: enormemente – spiega Susanna Galli – Faccio fatica ad immaginare un modello di business che non tenga conto della sostenibilità. Tuttavia, quest’ultima non deve essere semplicemente ‘attaccata’ ad un piano industriale convenzionale, inserendo qua e là qualche attività e qualche progetto, ma deve essere parte integrante della mission e della vision dell’azienda, e presente a tutti i livelli, dal prodotto alla distribuzione, dal finance al legale, dalla comunicazione alle risorse umane.

Più che chiedersi quanto la sostenibilità impatti sulla governance dell’impresa, nella definizione delle scelte strategiche e nelle relazioni con gli stakeholder, occorre chiedersi quanto dovrebbe impattare: enormemente

In questo momento, escludendo il tema del greenwashing, credo non si possa ancora dire che le aziende in generale stiano gestendo un cambiamento del proprio modello di business, per trasformarlo in un business sostenibile sotto tutti i punti di vista. Molte volte, infatti, sento ancora parlare di Corporate Social Responsibility, quando invece si deve parlare di sostenibilità, in quelli che sono i suoi tre pilastri: economico, sociale e ambientale.

La sostenibilità digitale: dall’azienda fino al suo network

Per questo cambiamento, secondo Susanna Galli, è ormai fondamentale prendere in considerazione l’apporto che possono fornire tecnologia e innovazione digitale. Un concetto, questo, che però “non è ancora adeguatamente percepito: il mondo della sostenibilità, infatti, è ancora visto per lo più come separato da quello dell’innovazione digitale. Dal mio punto di vista, questi due mondi non possono essere considerati come slegati fra loro, perché insieme creano un connubio che genera una serie enorme di vantaggi, che andrebbero capiti, studiati e perseguiti. E questo connubio, in futuro, dovrebbe diventare sempre più stretto”.

Ma non solo: questa trasformazione dell’azienda nella direzione di una sostenibilità concreta, che vada al di là della CSR e che abbraccia in questo senso le potenzialità offerte dalle tecnologie, non può essere limitata entro i soli confini dell’azienda stessa. “Occorre avere una visione olistica, includendo in questo percorso tutti gli aspetti della gestione aziendale, dalla governance dell’azienda a tutti i collaboratori che la vivono quotidianamente, fino al suo network, coinvolgendo quindi in tutto ciò anche le filiere. È un discorso che può apparire ambizioso, ma è solo in questo modo che è possibile trarre i maggiori ritorni”.

Il mondo della sostenibilità e quello dell’innovazione digitale non possono essere considerati come slegati fra loro, perché insieme creano un connubio che genera una serie enorme di vantaggi, che andrebbero capiti, studiati e perseguiti

Per poter governare al meglio questo cambiamento, però, è fondamentale intraprendere “un cambiamento culturale: sia dell’azienda e della sua cultura, sia delle persone che vivono l’azienda e la mandano avanti tutti i giorni. E, ovviamente, serve formazione sulla sostenibilità, formazione sull’innovazione digitale e formazione su tutto ciò che può scaturire dall’unione di questi due mondi. Tutto ciò, come detto, va poi trasferito alle filiere, perché non può essere gestito soltanto internamente all’azienda come fosse un’entità a sé stante, ma deve essere condiviso con tutto il suo network, a monte e a valle”.

Il digitale per la sostenibilità e la sostenibilità del digitale

Quali vantaggi possono quindi derivare dall’unione delle due dimensioni, sempre più importanti, della sostenibilità e del digitale? “Può aprirsi realmente un mondo di opportunità, con alcune applicazioni delle tecnologie in favore della sostenibilità che sono esportabili nei più diversi settori, da quello del fashion in senso ampio, nel quale opero, fino a quello agricolo, passando per quello meccanico e manifatturiero – spiega Susanna Galli – le tecnologie digitali, infatti, permettono la gestione e l’interpretazione di dati complessi, la realizzazione di misurazioni, che consentono il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità altrimenti difficilmente identificabili e perseguibili. In generale, la digitalizzazione può aiutare a ridurre e a gestire, in un’ottica continua e migliorativa, l’impronta dell’azienda: basti pensare alla produzione, che attraverso la prototipazione digitale e la gestione digitalizzata delle fabbriche consente un enorme risparmio di tempi e di risorse”.

Un aspetto, quest’ultimo, strettamente collegato al tema dell’economia circolare, un modello verso il quale la digitalizzazione può costituire un vero e proprio elemento abilitante, tanto nel momento di “fine vita” del prodotto, quanto nella sua concezione. “Il digitale consente, ad esempio, di avere quelle informazioni utili per la migliore gestione possibile del flusso di lavorazioni che iniziano nel momento in cui un prodotto – alla fine della sua vita utile – rientra in un diverso ciclo produttivo per essere trasformato in nuove materie prime dette “seconde”. Allo stesso modo, nel momento della concezione del prodotto, il digitale permette, ad esempio in termini di Design for Disassembly, di elaborare una serie di modelli in grado di aiutare, prima ancora di avere il prodotto fisico in mano, a definire i passaggi necessari per agevolare poi lo smembramento del prodotto, per inviarli ai vari percorsi di riciclo delle materie di cui è composto. La digitalizzazione è quindi uno strumento che può potenziare enormemente la sostenibilità.

In generale, la digitalizzazione può aiutare a ridurre e a gestire, in un’ottica continua e migliorativa, l’impronta dell’azienda

Per non parlare, inoltre, delle potenzialità che l’innovazione digitale è in grado di sbloccare sul fronte sociale: “alcune di queste le abbiamo sperimentate nel periodo più severo del lockdown, come il lavoro da remoto: si sono potuti evitare o ridurre i rischi per la salute e quelli legati agli spostamenti, pur mantenendo, o forse in qualche caso anche aumentando la produttività. Per fare un altro esempio, pensiamo all’inserimento di sistemi digitali nei prodotti che indossiamo e che consentono non solo di monitorare lo stato di salute di chi li indossa, ma anche di rilevare potenziali rischi in un’area di lavoro, andando ad aumentare la sicurezza per il lavoratore”.

Insomma, le possibilità derivanti dagli incroci tra la sostenibilità ed il digitale sono innumerevoli. Tuttavia, secondo Susanna Galli, anche in questo caso occorre adottare un diverso tipo di approccio, perché “quando si parla di innovazione digitale, bisogna pensare anche alla sostenibilità degli stessi strumenti che si vanno ad acquistare. Normalmente si considera il costo economico legato all’acquisto di un bene digitale, quando bisognerebbe invece passare al Total Cost of Ownership: considerare quindi, oltre al costo d’acquisto, il costo di manutenzione, gestione, ambientale, sociale e via dicendo. È in questo modo che si riesce a gestire la digitalizzazione e la sostenibilità in un’ottica diversa, e con risultati molto più rilevanti”.

La comunicazione a partire dall’azione

Quella verso la sostenibilità digitale è quindi una trasformazione in grado di dare alle aziende importanti opportunità, ma che richiede di affrontare un percorso non semplice, e di certo non immediato: per questo, “sarà importante per le aziende ottenere dei benefici che devono essere pensati in modo più lungimirante e strutturato.

E in questo contesto, chiaramente, le aziende dovranno svolgere il proprio importante ruolo. “Dovrebbero, innanzitutto, abbandonare la modalità greenwashing. In questo momento, in particolare dall’inizio della pandemia, l’attenzione verso la sostenibilità ha avuto un incremento, soprattutto in termini di comunicazione, quindi la sua percezione sta aumentando. Però la governance e l’implementazione appartengono ad un altro livello. Le aziende dovrebbero quindi lavorare in modo più trasversale, portando avanti nel complesso il business in modo sostenibile. Certo, non si potrà fare tutto subito, perché il percorso richiede anni e investimenti, ma occorre che si cominci a lavorare ad un cambiamento culturale e formativo, individuando una chiara strategia, definendo bene ruoli e responsabilità all’interno dell’organizzazione, obiettivi, sistemi di monitoraggio e misurazione, includendo in tutto ciò, come detto, la value chain. Ed è su questa base, trasversale e strutturata, che si può e si deve fare attività di comunicazione. Il resto rischia davvero di essere greenwashing..

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