“Credo che oggi tutti, almeno a livello teorico, abbiano compreso che il digitale e la sostenibilità rappresentano due fondamentali driver di cambiamento. Un discreto numero di persone, poi, comincia a capire anche la correlazione esistente tra questi due temi”. A sostenerlo, in apertura della sua intervista per Sustainability Talk, è Livio Livi, Direttore Risorse Umane, Sostenibilità e Relazioni Esterne di Q8 Italia: classe 1966, laureato in economia, è da più di 25 anni in Q8 dove ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità in diversi ambiti, dal commerciale al finanziario. Sostenibilità, innovazione ed inclusione sono i driver della strategia HR di cui si fa promotore dentro e fuori l’azienda, concretamente perseguiti attraverso i numerosi progetti interfunzionali di cui è leader, ma ponendo sempre le persone al centro.
Per la sostenibilità il “buon senso” non è sufficiente
Ma se, almeno a livello teorico, il valore “trasformativo” della sostenibilità sembra ormai essere chiaro anche al management delle imprese operanti nel nostro Paese, secondo Livi c’è ancora una “consapevolezza superficiale rispetto a questo concetto e ciò che realmente determina, non c’è una cultura diffusa. Basti pensare al fatto che, attualmente, la percezione della sostenibilità è ancora prevalentemente spostata sulla sola dimensione ambientale”.
Serve una struttura interna qualificata che accompagni l’azienda nella trasformazione sostenibile, perché le attività sono moltissime e differenziate, e bisogna saperle realizzare
Un tema importante, questo, considerando che affrontare un tema come quello della sostenibilità significa, innanzitutto, confrontarsi con la complessità che lo caratterizza, che non può essere “ridotta” alla sola – seppur fondamentale – dimensione ambientale. Una complessità che, per essere gestita dalle aziende, richiede “un deciso cambiamento a livello organizzativo. Ciò che serve, infatti, è una struttura interna qualificata che accompagni l’azienda in questa trasformazione sostenibile, perché le attività sono moltissime e differenziate, e bisogna saperle realizzare. In sostanza, questa non è una trasformazione realizzabile soltanto con il ‘buon senso’: serve una strutturazione molto precisa, ed è l’unica strada percorribile”.
Ma non solo. Affinché il percorso verso la sostenibilità per un’azienda possa realmente concretizzarsi e svilupparsi, occorre prendere in considerazione anche il livello generale di consapevolezza dell’intera popolazione aziendale. In questo senso, sostiene Livi, è quindi necessaria una fase di assessment, che coinvolga tutti e che sia in grado di restituire una “fotografia” complessiva del livello di attenzione non soltanto sui temi della sostenibilità, ma anche su quello “strumento” che la sostenibilità è in grado di abilitare: il digitale. “Per comprendere la consapevolezza delle persone dell’azienda rispetto all’importanza della sostenibilità digitale occorre, innanzitutto, capire il loro livello di cultura generale sui due diversi concetti. Questo è ciò che abbiamo voluto fare nella nostra azienda e, dai risultati dell’analisi, è emersa un’importante correlazione: le persone più ‘digitalmente’ preparate sono risultate essere anche quelle più sensibili ai temi della sostenibilità. C’è quindi una fusione tra questi due concetti, anzi, tra queste due culture: una fusione che, se è dimostrabile nella mia azienda, credo cominci a realizzarsi anche nella società in generale”.
Tra competenze e cultura digitale
Quello di cultura è, quindi, un concetto che assume un’importanza centrale, tanto per la sostenibilità, quanto per il digitale. Un’importanza che, nella visione di Livi, è in grado di rendere “secondario” lo sviluppo di competenze digitali, nel percorso di sviluppo della sostenibilità digitale. “Le competenze digitali di base è importante averle, è chiaro, ma non le considero una priorità, per il semplice fatto che sono in trasformazione per definizione. Quello che sai oggi potrebbe essere totalmente diverso tra due mesi. Per questo motivo, più che sulle competenze, è necessario concentrarsi sulla cultura, sull’attitudine ad affrontare il tema del digitale nel suo complesso: è in questo modo che si genera un senso di adattamento ad un contesto e a delle competenze digitali costantemente in divenire”.
Le competenze digitali di base è importante averle, ma sono in trasformazione per definizione. Per questo, più che sulle competenze, è necessario concentrarsi sulla cultura, sull’attitudine ad affrontare il tema del digitale nel suo complesso
Insomma: è importante sapersi muovere all’interno di un contesto in cui il digitale è sempre più pervasivo, senza “vincoli” rispetto a specifiche competenze, sviluppando quindi un’attitudine che consenta anche di adattare l’utilizzo dei diversi strumenti tecnologici a diverse situazioni. Un concetto, questo, che assume ancora più rilevanza in considerazione dell’utilità di questi stessi strumenti, e del loro impatto positivo, sulle diverse dimensioni della sostenibilità. Basti pensare ai processi produttivi, che “il digitale consente di gestire in maniera più razionale, più efficace, e quindi con un minore impatto ambientale: questo è possibile anche grazie agli enormi serbatoi di analytics che il mondo digitale sta generando e che, attraverso la loro analisi, consentono all’azienda di essere più efficiente non soltanto dal punto di vista ambientale, ma anche da quello economico.
L’interrelazione tra queste due trasformazioni, quella sostenibile e quella digitale, non genera però un impatto soltanto sull’ambiente, ma anche sulla società. Un esempio su tutti, lo smart working: nella nostra azienda, dopo il periodo di emergenza, ci siamo stabilizzati su un bilanciamento di tre giorni in presenza e due da remoto. Questa modalità rappresenta un grande valore per le persone, che guadagnano in flessibilità nella pianificazione della propria vita quotidiana, in livello di ingaggio e, non da ultimo, riducono la necessità di effettuare spostamenti casa-ufficio. In questo contesto, però, anche gli spazi fisici devono adattarsi a questa trasformazione digitale: l’ufficio tradizionale, infatti, inteso come luogo di lavoro sulla propria scrivania, non è più adatto a questo nuovo tipo di bilanciamento, e deve quindi rinnovarsi massimizzando i vantaggi derivanti dalla socializzazione e dalla relazione”.
Un quadro comune per la sostenibilità digitale
L’ambiente, le condizioni dei lavoratori e la produttività sono solo alcuni degli ambiti nei quali l’impatto della sostenibilità digitale può essere decisivo ma, come detto, sono raggiungibili soltanto attraverso un profondo percorso di trasformazione. Un percorso che richiede alle aziende importanti investimenti. Ed è proprio in questa direzione che, secondo Livi, dovrebbero lavorare le istituzioni: fornire, cioè, incentivi economici, che consentano anche alle imprese che non sono ancora pronte a sostenere queste spese la possibilità di intraprendere il percorso di rinnovamento.
Le istituzioni devono fornire un set di regole comuni che consenta a tutti di adeguarsi e prendere parte a questo processo, dalle imprese più grandi a quelle piccole e piccolissime
Ma se gli incentivi diretti sono importanti, lo è altrettanto il sostegno indiretto. “Questo è possibile, ad esempio, orientando il settore privato, e in particolare quello finanziario, ad agevolare e sostenere quelle imprese che sono attive nel processo di trasformazione: in questo modo, indirettamente, si aiuta l’intero sistema.
Al di là di questo, naturalmente, le istituzioni devono fornire anche un allineamento, un set di regole comuni che consenta a tutti di adeguarsi e prendere parte a questo processo, dalle imprese più grandi a quelle piccole e piccolissime. La sostenibilità digitale è una trasformazione che deve riguardare tutti, e dare una rotta condivisa è fondamentale”.
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