Open Data per l’SDG 16: Pace, giustizia e istituzioni forti

Lo scopo dell'obiettivo 16 di Agenda 2030 è quello di promuovere società più inclusive e pacifiche: vediamo in che modo gli Open Data possono aiutarci a comprendere la situazione attuale, contribuendo al suo raggiungimento

Immagine distribuita da Pixabay

L’essenza dell’obiettivo 16 è quella di promuovere società pacifiche, che visto i venti di guerra, di cui poco si parla peraltro, sarebbe anche tema molto attuale e società inclusive, in grado di fornire l’accesso universale alla giustizia, garantendo istituzioni trasparenti, non corrotte, responsabili ed efficaci.

Secondo i fatti e le cifre riportate dall’agenda 2030, “Corruzione, concussione, furto ed evasione fiscale costano ai Paesi in via di sviluppo circa 1,26 mila miliardi di dollari l’anno” e sorprendentemente “tra le istituzioni più affette da corruzione, vi sono la magistratura e la polizia”.

A livello Europeo il Quality of Government Institute (QoG) svedese conduce indagini per misurare la percezione della qualità del governo. In particolare, l’istituto ha definito il cosiddetto European Quality of Government Index che raggruppa misurazioni relative a opinioni su temi quali la qualità dei servizi pubblici, l’imparzialità di questi servizi, e la presenza di fenomeni di corruzione. I dati, al meglio delle nostre conoscenze sono disponibili come dati aperti.

Recentemente, chi vi scrive è venuta a conoscenza di un’analisi interessante sui risultati ottenuti nel corso del 2021. L’indagine ha coinvolto oltre 129.000 intervistati su 208 regioni considerate nei 27 Paesi dell’Unione Europea. Per l’Italia sono state fatte quasi 13.000 interviste e i risultati ottenuti mostrano differenze tra regioni, soprattutto nelle valutazioni sui servizi pubblici nel contesto sanitario, in taluni casi negative anche per l’imparzialità. Per quanto riguarda la corruzione, sembra che per gli intervistati i fenomeni di corruzione siano limitati complessivamente anche se per alcune regioni il giudizio diventa particolarmente negativo. È il caso della Calabria dove si registrano episodi di corruzione per tutti i tipi di servizi pubblici considerati nell’indagine (istruzione, polizia, sanità).

In questo scenario, gli open data possono aiutarci a comprendere meglio tutti questi aspetti, aiutandoci a costruire società più inclusive e pacifiche?

Gli open data, soprattutto in Italia, sono stati raccontati per tanti anni solo come uno strumento fortissimo per promuovere trasparenza e quindi per combattere la corruzione, rendendo le istituzioni più inclusive e accountable. Questa narrativa purtroppo non ha sempre generato reale impatto; vi ricordate il caso di Open Expo con dati aperti sui contratti d’appalto dell’allora Expo, poi finito in un una serie di vicende giudiziarie di corruzione? Tuttavia, è indubbio che uno degli obiettivi degli open data è quello di rendere più trasparenti dati in possesso di istituzioni: quando ci sono dati aperti di qualità, accessibili e riutilizzabili in ugual modo da tutti, senza discriminazioni, più occhi possono analizzare e monitorare ciò che avviene nelle istituzioni, rendendo vita più difficile alla corruzione. Certo, si ripete come sempre, non è solo pubblicando dati online sul web riutilizzabili che la corruzione magicamente scompare, ma quando la mole di dati aperti di qualità è disponibile, possibilmente con dati tra loro collegati, elementi atipici possono essere più facilmente rilevati e conseguenti azioni possono essere intraprese per capirne l’origine.

Da questo ne deriva che lo strumento dei dati aperti è alla base di un obiettivo come quello trattato in questo articolo.

I traguardi dell’obiettivo

L’agenda ONU 2030 fissa una serie di traguardi. Ne riportiamo alcuni nel seguito per i quali analizzeremo successivamente come e quali open data possono contribuire al loro raggiungimento:

  • ridurre tutte le forme di violenza e il tasso di mortalità ad esse correlato;
  • porre fine all’abuso, allo sfruttamento, al traffico di bambini nonché altre forme di violenza e tortura nei loro confronti;
  • promuovere lo stato di diritto, garantendo un pari accesso alla giustizia per tutti;
  • ridurre il finanziamento illecito e il traffico di armi, potenziare il recupero e la restituzione dei beni rubati e combattere tutte le forme di crimine organizzato;
  • ridurre la corruzione e gli abusi di potere in tutte le loro forme, sviluppando a tutti livelli istituzioni che siano trasparenti, responsabili ed efficaci;
  • garantire un processo decisionale responsabile, aperto a tutti, partecipativo e rappresentativo a tutti i livelli, ossia la natura stessa del paradigma “open data”;
  • garantire un pubblico accesso all’informazione e proteggere le libertà fondamentali.

Stato di monitoraggio dell’obiettivo

Le nazioni unite, nel loro monitoraggio, affermano che siamo ancora lontani dal raggiungere società pacifiche e inclusive ed evidenzia come, ancora una volta, la pandemia COVID19 ha avuto un ruolo determinante, perché ha aiutato ad esacerbare le disuguaglianze e le discriminazioni, soprattutto nei confronti di soggetti fragili come i bambini. In particolare, si afferma che la crisi pandemica “ha messo alla prova, indebolito e a volte addirittura distrutto i sistemi di diritti e protezione dei paesi”.

A livello nazionale, ISTAT nella sintesi per il raggiungimento di questo obiettivo si concentra sugli omicidi, che sono sensibilmente diminuiti negli anni, sulle condizioni dei detenuti, segnalando che nel 2020, per via di alcune politiche di prevenzione della diffusione del COVID19, l’indice di affollamento degli istituti penitenziari per adulti è significativamente diminuito rispetto all’anno precedente, e sulla durata dei procedimenti civili la cui diminuzione sembra rallentata.

Quali dati aperti

Chi vi scrive ritiene comunque che diversi tipi di dati aperti possono contribuire a misurare il raggiungimento di questo obiettivo. Per esempio, facendo come sempre una lista non esaustiva di possibili dati:

  • sicuramente quelli sui crimini, georeferenziati, classificati anche rispetto alle vittime (e.g., bambini, donne, anziani, ecc.) aiutano a valutare le zone più pericolose delle città. Questo tipo di dato può facilitare il calcolo degli indicatori che ricadono sotto i traguardi 16.1 – Ridurre significativamente tutte le forme di violenza e i relativi tassi di mortalità ovunque e 16.2 – Porre fine all’abuso, allo sfruttamento, al traffico e a tutte le forme di violenza e tortura sui bambini;
  • quelli relativi alla giustizia, quali per esempio i dati sui tempi dei processi civili e penali, i dati sulle anagrafiche dei tribunali in Italia, i dati sui numeri di processi attivi suddivisi per territorio, per sesso, età, cittadinanza, i dati sui detenuti, per sesso, età, cittadinanza presenti nelle carceri, che svolgono prestazioni lavorative e percorsi di formazione. Questi possono facilitare il calcolo di indicatori quali 16.3.2 – Detenuti non condannati come percentuale della popolazione carceraria totale;
  • quelli relativi ai bilanci delle istituzioni pubbliche mettendo in evidenza il budget previsto e le spese realmente sostenute. Alcuni anni fa, l’open data barometer monitorava diversi paesi del mondo rispetto all’apertura di alcuni dati strategici; tra questi rientrava proprio il dettaglio del budget dello stato e l’elenco puntuale delle spese, entrambi utili per comprendere come i soldi pubblici sono utilizzati dalle istituzioni. Questa tipologia di dati può essere utile per il calcolo dell’indicatore 16.6.1 – Spese delle amministrazioni primarie come proporzione del bilancio originale approvato, per settore (o per codici di bilancio o simili);
  • quelli relativi all’approvvigionamento (procurement) di beni e servizi da parte delle istituzioni pubbliche e relativi ai contratti, come anche già menzionato per l’obiettivo 8. L’indicatore menzionato nel precedente punto è pertinente con questi tipi di dati;
  • l’elenco di tutti i beni posseduti dalle istituzioni pubbliche con le relative gestioni (e.g., aree del patrimonio immobiliare, fabbricati);
  • quelli relativi ai servizi pubblici offerti, utili anche per valutare successivamente il grado di soddisfazione degli utenti con apposite ricerche. Questo aiuterebbe nel calcolo dell’indicatore 16.6.2 – 16.2.2 – Percentuale di popolazione soddisfatta nell’esperienza d’uso dei servizi pubblici;
  • quelli relativi ai beni confiscati alla mafia;
  • quelli relativi ai redditi dei contribuenti magari suddivisi per sesso, età, cittadinanza, con un focus sui vari bonus e altri tipi di redditi percepiti (ad esempio, reddito di cittadinanza).

Purtroppo non tutti questi dati sono bene comune in quanto ancora non tutti sono disponibili come dati di tipo aperto.

È il caso del Ministero della Giustizia che presenta una sezione molto interessante di statistiche. Queste statistiche sono, il più delle volte, rappresentate in tabelline nelle pagine HTML o sotto forma di documenti PDF, con un copyright a esse associato.

Sorprende ogni giorno di più come tanti siti web delle pubbliche amministrazioni italiane siano coperti da copyright, nell’era del governo aperto e inclusivo, come si dice anche in questo obiettivo, con normative italiane ed europee che indicano il riutilizzo di un insieme di dati pubblici come la via chiave per abilitare trasparenza e sviluppo economico.

Ancora, i dati sui crimini sono forniti dal Ministero dell’Interno che fortunatamente ha deciso di non inserire un copyright sui contenuti del suo sito web istituzionale ma usa invece una licenza aperta e internazionalmente riconosciuta; tuttavia, fornisce i dati sotto forma di rapporti in formato PDF. Siamo ben lontani quindi da iniziative come quelle della città di Chicago che mette a disposizione una mappa e i dati aperti puntuali dei crimini nella città.

I dati sui beni confiscati alla mafia sono invece dati aperti. In particolare, dal sito web istituzionale dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, si trovano due iniziative: Open Regio con statistiche sull’attività dell’Agenzia, e l’open data sulle aziende confiscate.

I dati sul bilancio e le spese sono anch’essi dati aperti grazie all’iniziativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze sull’apertura dei dati della Banca dati amministrazioni pubbliche (BDAP), così come sono aperti i dati sul procurement sia da parte di Consip che di ANAC, i dati sulle aree del patrimonio immobiliare e dei fabbricati attraverso Open Demanio e i dati delle dichiarazioni dei redditi da parte del Dipartimento delle Finanze con l’iniziativa Open Dichiarazioni.

Un capitolo a parte andrebbe dedicato invece ai dati sulla trasparenza amministrativa, di cui si ricorda esiste anche un tentativo di modellazione degli obblighi attraverso il paradigma dei Linked Open Data, con vocabolari controllati predisposti seguendo la relativa normativa (D.Lgs 33/2013 e s.m.i.). La normativa indica la pubblicazione dei dati della trasparenza, che comunque sono resi pubblici per un certo limite temporale, secondo un formato aperto e nei termini di una licenza aperta. Tutti noi, però, conosciamo bene cosa ha prodotto negli anni quella normativa, con portali istituzionali tutti sì uniformi in termini di “alberatura” web sotto la voce “Amministrazione trasparente”, ma con dati spesso assenti, non aggiornati, a volte non proprio open data e in taluni casi anche di difficile scoperta, in antitesi con il loro ruolo di rendere più trasparente l’operato delle istituzioni.

Su questo fronte, parte essenziale di questo obiettivo, ci sarebbe da rivoluzionare completamente il modo di concepire la trasparenza amministrativa, andando proprio nella direzione da un lato della pubblicazione di dati machine-readable, associati a una licenza aperta, disaggregati, aggiornati e in generale di qualità su tutte le componenti delle attività delle istituzioni pubbliche, e dall’altro della messa a disposizione nei portali istituzionali di visualizzazioni su quei dati che rendano più facile la consultazione da parte della collettività. Su quest’ultimo punto, un esempio di quanto stiamo scrivendo l’ha fatto la Fondazione Bruno Kessler con il suo explorer. Questo ci dice che si può e che si dovrebbe fare, se vogliamo veramente raggiungere gli alti traguardi di un obiettivo di sostenibilità come quello di cui abbiamo parlato.

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